SEPARAZIONE e DIVORZIO: UNICA DOMANDA di Monica ASCIONE

Una delle più importanti novità previste dalla Riforma Cartabia, è la facoltà di presentare contestualmente la domanda di separazione e quella di divorzio. Ecco il principio di diritto cristallizzato dal Collegio con l’ordinanza n. 28727/23: “In tema di crisi familiare, nell’ambito del procedimento di cui all’art. 473-bis.51 c.p.c., è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio”. E’ stato il Giudice di merito del Tribunale di Treviso che ha investito la Suprema Corte di Cassazione della questione di rito relativa all’ammissibilità del cumulo oggettivo delle domande congiunte di separazione e divorzio, attivando così un altro istituto previsto dalla riforma: il rinvio pregiudiziale alla Corte di legittimità da parte del Giudice di merito, sussistendo, nel caso di specie, tutti i presupposti richiesti dalla norma di nuovo conio. Secondo la Corte, il riferimento letterale ” procedimenti” e non “procedimento” di cui all’art.473-bis.47 c.p.c. disvela l’intenzione del legislatore di permettere il cumulo anche nei casi di domanda congiunta, evidenziando altresì che il cumulo di domanda ritrova la sua ratio nel permettere un risparmio di energie processuali, come confermato anche dalla deroga ai criteri di competenza territoriale e dal richiamo all’istituto della riunione, art. 473-bis.49 c.p.c.. La Corte afferma altresì, che dal punto di vista sostanziale, il cumulo si porrebbe in contrasto con il divieto di patti prematrimoniali, giacchè le parti, con un unico ricorso disporrebbero di entrambi gli status. E se uno dei coniugi volesse revocare il consenso prestato nel ricorso? La Cassazione, nel contempo, ha chiarito che la revoca del consenso rispetto alle condizioni concordate nel ricorso introduttivo non può essere ammessa in quanto, secondo il disposto dell’art. 473-bis.51, comma 3, c.p.c., all’udienza di comparizione i coniugi non sono tenuti a rinnovare il loro consenso su dette condizioni. Trova difatti applicazione, anche in questo caso (come per il 473-bis.49) l’art. 473-bis.19, comma 2, c.p.c., che legittima ciascuna parte a formulare domande nuove in presenza di fatti nuovi. All’udienza di comparizione fissata per il divorzio, trascorsi 6 mesi dalla sentenza di separazione, la parte potrà modificare le proprie conclusioni (e quindi revocare il consenso rispetto alla domanda congiunta di divorzio) solo allegando la sussistenza di circostanze nuove. In tal caso, non potendo il Tribunale effettuare un’istruttoria su quanto dedotto, la domanda di divorzio dovrà essere rigettata, mancando il requisito dell’accordo sulle questioni accessorie, requisito necessario perché la procedura ex art. 473-bis.51 c.p.c. sia seguita, come prevede espressamente il comma 2. (Corte di Cass. Civile, Prima Sezione civile, ordinanza n. 28727 del 16 ottobre 2023)

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Redazione

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