SINDROME da ALIENAZIONE PARENTALE di Francesca Pia De VITO

L’esperienza del nostro lavoro di avvocato ci insegna come spesso la stragrande maggioranza delle separazioni e dei divorzi sia caratterizzata da conflittualità, con inevitabili ripercussioni non solo sul rapporto coniugale in sé ma soprattutto sulle dinamiche genitori-figli. Una delle “patologie” da separazione più grave, sebbene ancora oggi se ne parli poco, è la Sindrome da Alienazione Parentale, definibile come un disturbo psicologico spesso frequente nelle controversie per la custodia dei figli. Figura di derivazione anglosassone (meglio nota come PAS, Parental Alienation Syndrome ), l’alienazione parentale è oggetto di studio in ambito tanto scientifico che psicologico da oltre 20 anni, inizialmente definito in letteratura nel 1985 come “quella situazione in cui un genitore – detto genitore alienante – attiva un programma di denigrazione contro l’altro genitore – detto genitore alienato – utilizzando e manipolando il figlio, costruendo una realtà virtuale di terrore che genera nei figli profondi sentimenti di diffidenza, odio o paura verso il genitore alienato”.* A titolo esemplificativo, pensiamo al caso in cui un genitore faccia giudicare al minore i comportamenti dell’altro genitore usandolo come una “spia”, bolli in termini negativi la relazione tra figli ed ex partner o boicotti sistematicamente i loro incontri, ridicolizzi il comportamento dell’altro/a denigrandolo/a di fronte alla prole, discuta con i minori su temi tipicamente da adulti o ponga in essere una vera e propria campagna denigratoria verso l’ex. E’ indubbio come tali comportamenti arrechino seri pregiudizi ai minori, vittime di una vera e propria manipolazione psicologica, ostaggi inconsapevoli di faide familiari. Sarà inevitabile che questi ultimi svilupperanno una posizione aderente a quella dell’alienante finendo per disprezzare l’altro genitore, ingiustamente relegato ad assumere un ruolo parentale sempre più passivo e marginale. PAS E DIRITTO, cosa c’è da sapere: nonostante la sindrome da alienazione parentali non goda di un riconoscimento giurisprudenziale uniforme, ad oggi il nostro ordinamento sembra invece aver preso coscienza di questa problematica, mettendo finalmente a disposizione una serie di istituti giuridici volti a contenere questi contegni lesivi della integrità psico-fisica del minore. PAS e Principio di bigenitorialità: Caposaldo del nostro diritto è senza dubbio il principio della bigenitorialità il quale, così come sancito in maniera ufficiale nella Convenzione sui Diritti del Bambino del 1989, nonché codificato nel nostro ordinamento dalla  legge 54 del 2006, viene definito come il diritto del bambino a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche in caso di separazione o divorzio. Coerentemente con quanto appena asserito, l’ articolo 337 ter del Codice Civile recita che “il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale“. Infine la stessa Corte Costituzionale, sottolineando l’importanza del principio della bigenitorialità, da intendersi quale “interesse del figlio minore a vivere e a crescere nell’ambito della propria famiglia, mantenendo un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori”, ha espressamente dichiarato la condotta del genitore collocatario o affidatario che allontani materialmente o moralmente il figlio dall’altro genitore, e che dunque mantenga un comportamento alienante volto all’emarginazione e alla neutralizzazione dell’altro genitore, senza dubbio incostituzionale. (Corte Cost. 23.02.2012, n. 31). Orbene, in termini prettamente giuridici, il genitore che crea una condizione di alienazione parentale potrebbe subire delle conseguenze tanto di tipo civile che penale. Conseguenze civili: Il Tribunale di Milano sezione IX civile decreto 9-11 marzo 2017 ha asserito che il genitore che pone in atto comportamenti alienanti nei confronti dell’altro genitore, è sanzionabile ai sensi dell’ex art. 96 del codice di procedura civile. In altri termini quando un genitore, agisce con mala fede o colpa grave, l’altro genitore può rivolgersi al giudice per ottenere il ripristino della situazione e anche il risarcimento dei danni causati. E’ quindi possibile per il genitore alienato richiedere ed ottenere un ammonimento del genitore alienante che viola le modalità di affidamento condiviso, sanzioni, risarcimento del danno ed inversione del collocamento fino a giungere, nei casi più gravi, all’affidamento esclusivo del minore. Conseguenze Penali: Nel nostro Codice Penale non vi è una norma incriminatrice ad hoc per la fattispecie in esame, ma le condotte possono assumere rilevanza penale in riferimento alla tutela del diritto alla bigenitorialità dei minori. Pertanto il genitore alienato potrà sporgere denuncia-querela per il reato di cui all’art. 388 comma 2 c.p.p. (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del Giudice) ogni qual volta si ravvisi la volontà del genitore di disobbedire e/o trasgredire un determinato provvedimento civile oppure quando ponga in essere una condotta non collaborativa ed omissiva. La giurisprudenza ha riconosciuto la sussistenza del reato di cui all’art. 572 c.p. (maltrattamenti in famiglia) ogni volta vi sia coscienza e volontà di sottoporre un familiare ad una serie di sofferenze, in modo continuativo ed abituale. Infine, occorre evidenziare che la Riforma Cartabia attraverso l’articolo 473 bis 6 c.p.c. ha cercato di intervenire sulla tematica oggetto di odierna discussione: capita spesso che il minore si rifiuti di avere contatti con uno o con entrambi i genitori, oppure un genitore ostacoli il rapporto continuativo tra il figlio e l’altro genitore, contegni questi che ben si incarnano nel più ampio schema di “Alienazione Parentale”. La norma prevede che, quando il minore rifiuta di incontrare uno o entrambi i genitori, il giudice debba procedere al suo ascolto senza ritardo, assumere sommarie informazioni sulle cause del rifiuto, anche disponendo l’abbreviazione dei termini processuali. Allo stesso modo il giudice deve procedere quando sono segnalate condotte di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo tra il minore e l’altro genitore o la conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Detto provvedimento considera pertanto fondamentale la tempestività degli interventi, non solo di indagine e valutazione, ma anche di sostegno e supporto del minore.  *(GARDNER, R.A. (1985). Recent trends in divorce and custody litigation).

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Redazione

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