Art. 131 Bis C.P. : RETROATTIVO in PRESENZA di CONDOTTE RIPARATORIE

➡️ In seguito alla riforma del processo penale, si può applicare retroattivamente la causa di non punibilità per  particolare tenuità del fatto se l’imputato, dopo il reato, pone in essere condotte riparatorie. Lo sancisce la ⚖️  Corte di Cassazione – Sezione 3 Penale – con la Sentenza 2 maggio 2023 n. 18029 👇

✅  CONDOTTE RIPARATORIE:  l’imputato ripara interamente […] il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato».

RITENUTO IN FATTO: 1. Con la sentenza impugnata, il Tribunale di Prato condannava (OMISSIS) alla pena di 2.000 Euro di ammenda perche’ ritenuto responsabile della contravvenzione di cui all’articolo 64, comma 1, lettera a), in combinato disposto con l’articolo 63, comma 1, e con l’Allegato IV, paragrafo 1.11.2.4, in relazione all’articolo 68, comma 1, lettera b), Decreto Legislativo n. 81 del 2000. 2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, tramite il ministero del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, con cui deduce: – la violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera b), c.p.p. in relazione all’articolo 131-bis c.p., avendo il Tribunale erroneamente valutato, come elementi ostativi, il mancato pagamento dell’oblazione, che avrebbe determinato l’estinzione del reato, trattandosi di una condotta post delictum, estranea alla sfera operativa dell’articolo 131-bis c.p., e la natura non formale delle violazioni. – il vizio di motivazione in ordine ai presupposti di operativita’ dell’articolo 131-bis c.p., in quanto il Tribunale non avrebbe valutato tutti gli elementi presenti nel caso concreto, quale il concorso di colpa ascrivibile ai lavoratori, ai fini della valutazione dell’offesa in termini di particolare tenuita’. CONSIDERATO IN DIRITTO: 1. I motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente essendo evidentemente collegati, sono fondati. 2. Il Tribunale ha negato il riconoscimento della causa di non punibilita’ prevista dall’articolo 131-bis c.p. facendo leva su un duplice ordine di argomenti: da un lato, pur dando atto dell’eliminazione, da parte dell’imputato, della violazione rilevata nel corso dell’accesso ispettivo, il Tribunale ha individuato, quale elemento ostativo, il mancato pagamento dell’oblazione, peraltro per ragioni che l’imputato non ha chiarito; dall’altro, il Tribunale ha appurato che, nel caso in esame, il fatto di reato aveva effettivamente leso o messo in pericolo l’incolumita’ dei lavoratori. 3. Si tratta di una motivazione manifestamente illogica. Si osserva, quanto al primo profilo, che l’avvenuto pagamento dell’oblazione avrebbe addirittura determinato l’estinzione del reato e, quindi, e’ un elemento del tutto inconferente ai fini della valutazione della gravita’ dell’offesa, e, quanto al secondo, che la lesione o la messa in pericolo del bene tutelato e’ conditio sine qua non per la sussistenza di qualsivoglia illecito penale: non vi e’ reato senza offesa (o messa in pericolo) di un bene giuridico. Del resto, la causa di non punibilita’ in esame postula l’esistenza di un fatto tipico, antigiuridico e colpevole, che il legislatore ritiene non meritevole di sanzione penale proprio in ragione, in primo luogo, dell’esiguita’ dell’offesa. 4. Vi e’ da aggiungere che, nelle more del giudizio, l’articolo 131-bis c.p. e’ stato novellato dall’articolo 1, comma 1, lettera c), n. 2), Decreto Legislativo n. 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 99-bis, comma 1, del medesimo D. L.gs., aggiunto dall’articolo 6, comma 1, d.-l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199. Le novita’ introdotte nell’articolo 131-bis c.p. si colgono in una triplice direzione, ossia: 1) la generale estensione dell’ambito di applicabilita’ dell’istituto ai reati per i quali e’ prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni di reclusione e, quindi, indipendentemente dal massimo edittale, come previsto dalla previgente formulazione; 2) la rilevanza, ai fini della valutazione del carattere di particolare tenuita’ dell’offesa, anche alla condotta susseguente al reato; 3) l‘esclusione del carattere di particolare tenuita’ dell’offesa in relazione ai reati riconducibili alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011, e ad ulteriori reati di ritenuti di particolare gravita’. Orbene, non vi e’ dubbio che, in applicazione dell’articolo 2, comma 3, c.p., la nuova formulazione  dell’articolo 131-bis c.p., nella parte in cui amplia la portata dalla causa di non punibilita’ (e quindi in relazione alle modifiche di cui ai punti 1 e 2), sia applicabile retroattivamente, e quindi anche ai reati commessi prima del 30 dicembre 2022. 5. In particolare, nella vicenda in esame, assume particolare rilevanza la considerazione, ai fini della valutazione della gravita’ dell’offesa, anche della condotta susseguente al reato, elemento che la giurisprudenza di questa Corte, con riferimento alla previgente formulazione della norma, escludeva dal novero degli elementi da apprezzare proprio perche’ non espressamente previsto, e dovendosi percio’ valutare la misura dell’offesa nel momento di consumazione del reato (cfr., ad esempio, Sez. 5, n. 660 del 02/12/2019, dep. 10/01/2020, P., Rv. 278555). Per effetto dell’indicata modifica, invece, la condotta post factum e’ uno – ma non certamente l’unico, ne’ il principale – degli elementi che il giudice e’ chiamato ad apprezzare ai fini del giudizio avente ad oggetto l’offesa. Peraltro, come si desume dalla Relazione illustrativa all’indicato D. L.gs., il legislatore delegato ha volutamente utilizzato un’espressione ampia e scarsamente selettiva – quale, appunto, “condotta susseguente al reato” – allo scopo di “non limitare la discrezionalita’ del giudice che, nel valorizzare le condotte post delictum, potra’ (…) fare affidamento su una locuzione elastica ben nota alla prassi giurisprudenziale, figurando tra i criteri di commisurazione della pena di cui all’articolo 133, comma 2, n. 3 c.p. “. Il giudice potra’ percio’ valutare una vasta gamma di condotte definite solo dal punto di vista cronologico-temporale, dovendo essere “susseguenti” al reato, ed evidentemente in grado di incidere sulla misura dell’offesa. Cio’ vale non solo nel caso in cui le condotte susseguenti riducano il grado dell’offesa – quali le restituzioni, il risarcimento del danno, le condotte riparatorie, le condotte di ripristino dello stato dei luoghi, l’accesso a programmi di giustizia riparativa, o, come nel caso in esame, l’intervenuta eliminazione delle violazioni accertate dagli organi ispettivi – ma anche, e specularmente, quando delle condotte aggravino la lesione – inizialmente “tenue” – del bene protetto. 6. Va precisato, infine, come pure emerge dalla Relazione illustrativa (p. 346), che la condotta susseguente al reato acquista rilievo, nella disciplina dell’articolo 131-bis c.p., non come esclusivo e autosufficiente indice-requisito di tenuita’ dell’offesa, bensi’ come ulteriore criterio, accanto a tutti quelli contemplati dall’articolo 133, comma 1, c.p., ossia la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalita’ dell’azione; la gravita’ del danno o del pericolo; l’intensita’ del dolo o della colpa: elementi tutti che, nell’ambito di un giudizio complessivo e unitario, il giudice e’ chiamato a valutare per apprezzare il grado dell’offesa. Cio’ significa che le condotte post delictum non potranno di per se’ sole rendere di particolare tenuita’ un’offesa che tale non era al momento della commissione del fatto – dando cosi’ luogo a una sorte di esiguita’ sopravvenuta di un’offesa in precedenza non tenue – ma, come detto, potranno essere valorizzate nel complessivo giudizio sulla misura dell’offesa, giudizio in cui rimane centrale, come primo termine di relazione, il momento della commissione del fatto, e, quindi, la valutazione del danno o del pericolo verificatisi in conseguenza della condotta. 7. In considerazione della manifesta illogicita’ della motivazione e stante la mancata valutazione  dell’accertata estinzione delle violazione quale condotta susseguente al reato, la sentenza dovrebbe essere annullata limitatamente all’applicabilita’ dell’articolo 131-bis c.p., con rinvio, sul punto, al Tribunale di Prato. Nondimeno, essendo nel frattempo maturata la prescrizione del reato, va richiamata la uniforme giurisprudenza di legittimita’ secondo cui, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimita’ vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275), cosicche’ la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione. Deve rilevarsi, infatti, che la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale sulla esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto di cui all’articolo 131-bis c.p., in quanto essa, estinguendo il reato, rappresenta un esito piu’ favorevole per l’imputato, mentre la seconda lascia inalterato l’illecito penale nella sua materialita’ storica e giuridica (Sez. 6, n. 11040 del 27/01/2016 – dep. 16/03/2016, Calabrese, Rv. 266505; Sez. 3, n. 27055 del 26/05/2015 – dep. 26/06/2015, P.C. in proc. Sorbara, Rv. 263885). 8. Per i motivi indicati, la sentenza impugnata deve percio’ essere annullata senza rinvio essendo il reato estinto per prescrizione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.  (@arubert)

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