PATROCINIO INFEDELE SENTENZA TRIBUNALE DI FROSINONE

Tribunale di Frosinone – Sezione penale – Sentenza 21 settembre 2019,  n. 1098. Giudice: Avv. Daniela POSSENTI

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Frosinone, Sezione Penale, in composizione monocratica, in persona del Giudice Onorario Avv. Daniela Possenti, alla pubblica udienza del giorno 11 settembre 2019 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo e delle contestuali motivazioni, la seguente

SENTENZA

nel processo penale nei confronti di:(…), nata a R., il (…), domiciliato ex art. 161 c.p.p. in (…), Viale (…) D. n. 8, libera non comparsa, difesa di fiducia dall’Avv. An. di. del Foro di Cassino; Imputato del reato p. e p. dall’art. 380 c.p., poiché, nella sua qualità di avvocato esercente la professione forense, nominata procuratrice da (…) per il procedimento di esecuzione (immobiliare) della sentenza del Tribunale di Napoli n. 893/11, 9 sez. Civ., del 17.11.2010 da promuovere nei confronti di (…); (…) e (…), dopo aver accettato il mandato conferitole ed aver ricevuto la somma di Euro 500,00 (quale fondo spese per l’instaurando giudizio),  si rendeva infedele ai doveri (di cui all’art. 40 Codice Deontologico Forense) connessi all’accettazione dell’incarico astenendosi dal compiere la doverosa attività professionale ed, in particolare, omettendo di provvedere (nei termini di cui all’art. 497 c.p.c.) al deposito dell’istanza di vendita del compendio pignorato (con conseguente declaratoria di inefficacia del pignoramento notificato e cancellazione dal ruolo della procedura esecutiva n. 19/2012 Trib. Frosinone, in data 20.05.2012) e rassicurando, al contempo il proprio assistito circa la del giudizio, con conseguente nocumento per la parte da lei rappresentata.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con decreto del 12.01.2016, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Frosinone, disponeva la citazione diretta a giudizio dell’imputata, dinanzi a questo Tribunale in composizione monocratica, per rispondere del reato di cui in rubrica. Constatata la regolare citazione delle parti, in mancanza di eccezioni preliminari o richiesta di riti alternativi, si dichiarava aperta l’istruttoria dibattimentale, venivano ammessi i mezzi di prova richiesti dalle parti, acquisita copiosa documentazione ed escussi i testi addotti dal PM (…) (p.o.), Avv. (…) e Avv. (…).L’imputata si sottoponeva a esame dopo gli avvertimenti di rito. Venivano, altresì, escussi i testi addotti dalla difesa Avv. (…) e Avv. (…), dopo gli ammonimenti di rito, essendo il marito dell’imputata.
La difesa rinunciava all’escussione dell’ulteriore teste indicato in lista e, nulla opponendo il PM, il giudice revocava l’ordinanza ammissiva. All’odierna udienza esaurita l’istruzione dibattimentale, dichiarata l’utilizzabilità degli atti allegati al fascicolo per il dibattimento dal Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 553 c.p.p. e di quelli successivamente acquisiti nel corso del giudizio, si dichiarava chiusa l’istruttoria e si invitavano le parti a concludere, come da verbale di udienza. Veniva, quindi, pronunciata sentenza, pubblicata mediante lettura del dispositivo e delle contestuali motivazioni. L’istruttoria dibattimentale ha dimostrato la infondatezza dell’ipotesi accusatoria in relazione al reato contestato, l’imputata, pertanto, deve essere assolta dal reato ascrittole. Preliminarmente, questo giudice ritiene doveroso fare chiarezza in ordine all’art. 380 c.p. per cui si procede. Per giurisprudenza costante, tra le recenti Cass. Sez. II penale, Sentenza 20 marzo 2019 n. 12361:”Il delitto di cui all’art. 380 c.p. è un reato che richiede per il suo perfezionamento, in primo luogo, una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doversi professionali stabiliti per fini di giustizia a tutela della parte assistita ed, in secondo luogo, un evento che implichi un nocumento agli interessi di quest’ultimo, inteso questo non necessariamente in senso civilistico di danno patrimoniale, ma anche nel senso di mancato conseguimento dei beni giuridici o dei benefici di ordine anche solo morale che alla stessa parte sarebbero potuti derivare dal corretto e leale esercizio del patrocinio legale.”Elementi necessari perché si possa parlare del reato di patrocinio infedele:-ci deve essere un incarico professionale;-ci deve essere un’attività svolta davanti a un giudice. Elemento costitutivo del reato è dunque la pendenza di un procedimento davanti all’autorità giudiziaria nell’ambito del quale deve realizzarsi la violazione degli obblighi assunti dal professionista con mandato. Non ci può essere reato, ad esempio, nell’ambito di una procedura stragiudiziale come quella conciliativa di lavoro; ci deve essere un danno per il cliente. Costituisce presupposto del reato di patrocinio o consulenza infedele l’esistenza di un incarico professionale (fiduciario o ufficioso, indifferentemente retribuito o gratuito), in forza del quale l’agente è tenuto a difendere, assistere o rappresentare la parte. Ai fini della configurabilità della fattispecie tipica, è inoltre necessaria la pendenza di un procedimento dinanzi all’autorità giudiziaria, quale elemento costitutivo del reato. La disposizione in esame configura un’ipotesi di reato plurioffensivo, in quanto diretta a tutelare sia il buon funzionamento della giustizia, sotto il profilo della garanzia di un leale svolgimento delle
funzioni di difesa e assistenza delle parti, sia l’interesse particolare della persona assistita, in quanto lesa dalla condotta infedele. Il delitto di patrocinio o consulenza infedele rientra nel novero dei reato propri, atteso che la condotta punibile può essere commessa unicamente dal “patrocinatore”; ove la nozione di patrocinatore ricomprende tutti coloro abilitati a difendere, rappresentare o assistere davanti all’autorità giudiziaria. L’art. 380 c.p., pertanto, richiede per il suo perfezionamento:a)una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doveri professionali stabiliti per fini di giustizia a tutela della parte assistita;b) un evento che implichi un nocumento agli interessi della parte assistita, quale conseguenza della violazione dei doveri professionali, il quale “rappresenta dunque l’evento del reato, che non deve essere inteso soltanto come un vero e proprio danno patrimoniale, ma deve essere posto in relazione anche al mancato conseguimento di benefici di natura morale che la parte avrebbe tratto qualora il patrocinatore si fosse comportato lealmente” (cfr. Cass. n. 25700/2012).E’ un reato a forma Libera che si consuma attraverso qualsiasi azione od omissione idonea a produrre nocumento agli interessi della parte rappresentata, assistita e difesa e che costituisca per il soggetto che la compie, una infedeltà ai doveri professionali; infedeltà che va dedotta dai codici di rito e dalle norme deontologiche dell’ordinamento professionale di riferimento. Per quanto concerne l’elemento soggettivo, è sufficiente il dolo generico, ossia la volontà consapevole della insolvenza dei doveri professionali di diligenza, lealtà e correttezza. Ora. all’esito dell’istruttoria dibattimentale è emerso incontrovertibilmente che l’imputata ha svolto funzioni di semplice “domiciliatario” dell’Avv. (…), che non è mai stata il procuratore della parte offesa, che pertanto, il (…) non è mai stato l’assistito dell’Avv. (…) la quale, conseguentemente, non ha potuto causare alcun danno alla p.o. Ne discende che, la ipotesi di reato per cui si procede avrebbe dovuto essere contestata ad altro soggetto. La p.o. riferiva di aver sporto querela nei confronti dell’imputata in quanto la stessa non aveva eseguito quanto chiesto dall’Avv. (…). Riferiva di aver conosciuto l’imputata tramite altro avvocato e di averla incaricata di notificare atti per un risarcimento danni. Riferiva di aver conferito mandato all’Avv. (…) per recuperare le somme riconosciutegli dalla sentenza indicata nel capo di imputazione. Riferiva che l’imputata si era resa irreperibile e che la stessa aveva percepito Euro 500,00 tramite bonifico effettuato dal proprio padre. Precisava che si trattava di un assegno dato dal proprio padre all’Avv. (…) il quale avrebbe dovuto effettuare il bonifico. Precisava di non aver mai parlato con l’imputata, con la quale aveva contatti solo l’Avv. (…); Riferiva che doveva essere iniziata, sempre dall’Avv. Postone, una procedura esecutiva immobiliare presso il Tribunale di Frosinone. Riferiva che la procedura esecutiva non era stata coltivata e che, successivamente, aveva conferito mandato all’Avv. (…) per recuperare il credito.
A domanda della difesa la p.o. confermava di aver avuto contatti solo con l’Avv. (…) il quale redigeva gli atti, che il proprio padre aveva dato soldi all’Avv. (…) il quale era il legale di fiducia. A domanda del giudice, il (…) precisava che non era per i 500,00 che si stava lamentando bensì per il ritardo nel recuperare le somme spettantigli. Il teste (…) riferiva di essere stato contattato fine 2013 o inizio 2014 dall’Avv. (…) di Napoli, il quale gli aveva chiesto di controllare presso la cancelleria delle esecuzioni immobiliari del Tribunale di Frosinone la procedura n. 19/2012, creditore procedente (…), debitori esecutati(…), (…) e (…). Precisava che detta procedura era stata dichiarata inefficace per mancato deposito dell’istanza di vendita del compendio pignorato. Riferiva di aver avuto rapporti solo con l’Avv. (…).A domanda della difesa, il teste precisava che tutti gli atti erano redatti dall’Avv. (…), che era il “dominus” mentre lui era semplice domiciliatario ed esecutore degli incarichi chiesti dal (…). Riferiva che nell’anno 2017 era stato contattato dalla p.o. la quale gli aveva conferito mandato di recuperare le somme di cui all’indicata Sentenza del Tribunale di Napoli.Il teste (…) riferiva di essere l’avvocato del (…) e di aver avuto il nominativo dell’imputata, tramite l’Avv. (…). Riferiva di aver inviato i 500,00 Euro all’Avv. (…). Riferiva di aver avuto problemi a contattare l’imputata la quale gli aveva riferito di che la notifica del precetto era andata buon fine solo nei confronti di due debitori. Precisava che l’imputata avrebbe dovuto notificare il pignoramento immobiliare, atto da lui predisposto e che la p.o. gli aveva riferito di aste andate deserte mentre a seguito di controlli era emerso che la procedura era stata dichiarata estinta. Precisava che l’Avv. (…) non gli aveva mai chiesto di integrare il fondo spese. A domande della difesa, l’Avv. (…) riferiva di aver redatto tutti gli atti e che l’Avv. (…) avrebbe dovuto attenersi alle disposizione date da lui. Precisava che sino al pignoramento solo lui aveva avuto contatti con il padre del (…) e che successivamente era la p.o. ad avere contatti con l’imputata. L’imputata confermava che gli atti erano stati redatti dall’Avv. (…) del quale doveva seguire le istruzioni in quanto lui era “il dominus”. Riferiva che un primo precetto era scaduto e che successivamente l’Avv. (…)le aveva inviato un assegno per 500,00 Euro per notificare nuovo atto di precetto. A seguito della notifica effettuata, ritualmente comunicata all’Avv. (…), questi le aveva inviato l’atto di pignoramento immobiliare. Precisava che un debitore non era stato notificato detto atto in quanto non residente in Fiuggi. Riferiva di aver versato 200,00 Euro all’Avv. (…) per ottenere una copia uso trascrizione dell’atto di pignoramento ma di non aver potuto trascrivere il pignoramento a causa della notifica negativa a uno dei debitori. Riferiva di aver fatto ricerche anagrafiche, di aver sempre relazionato l’Avv. (…) sui vari passaggi effettuati .Precisava che l’iscrizione a ruolo della procedura esecutiva immobiliare veniva effettuata direttamente dalla cancelleria delle esecuzioni alla quale veniva trasmessa dall’Ufficiale Giudiziario procedente. Riferiva di essere stata contattata due volte dalla p.o. e che l’Avv. (…) si era risentito del fatto che aveva parlato con il suo cliente, ritenendola una scorrettezza. Riferiva, infine, di non aver ricevuto alcuna PEC dalla cancelleria esecuzioni in ordine all’estinzione della procedura.
Il teste (…) confermava di aver ricevuto incarico e fondo spese dall’Avv. (…) per la trascrizione del pignoramento immobiliare per cui è processo ma che non ,era stato possibile effettuarla in quanto la notifica a uno dei debitori non era andata a buon fine. Riferiva di aver anche effettuato una visura presso la Conservatoria RR.II. per verificare le proprietà immobiliari dei debitori esecutati e l’eventuale presenza di pregiudizi. L’Avv. (…), marito dell’imputata e collega di studio, riferiva che nell’aprile 2011 l’Avv. (…) aveva chiesto all’imputata di potersi domiciliare presso lo studio della stessa. Precisava che l’imputata aveva notificato gli atti redatti e inviatigli dall’Avv. (…). Precisava di aver ricevuto una telefonata da un certo (…) il quale voleva parlare con l’Avv. (…) in quanto non riusciva a sapere dall’Avv. (…) a che punto fosse la procedura. Confermava quanto detto dall’imputata e dal teste (…).All’esito dell’istruttoria dibattimentale è emersa la non attribuibilità all’imputata del reato per cui si procede per la assoluta carenza dei presupposti richiesti. E’ emerso, altresì, che (…) ha presentato una querela nei confronti dell’odierna imputata ben consapevole della estraneità della stessa ai fatti e, pertanto, sapendola innocente. Sul comportamento dell’Avv. (…), quale “dominus” e quale teste, questo giudicante ritiene di dover stendere il velo dell’oblio.

P.Q.M.

Visto l’art. 530 c.p.p.,assolve (…) dal reato ascrittole per non aver commesso il fatto. Invia gli atti alla Procura della Repubblica di Frosinone in ordine alla valutazione dell’ipotesi di reato p. e p. ex art. 368 c.p. a carico di(…).Motivazioni contestuali. Così deciso in Frosinone il 21 settembre 2019.

Depositata in Cancelleria il 21 settembre 2019

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