VIAGGIO NEL SISTEMA SANITARIO di Giulia De FRANCESCO

Viaggio nel Sistema Sanitario Nazionale, tra Pubbliche Amministrazione smart e burocrazia hi-tech ai tempi del Covid.

Oggi più che in passato ci rendiamo conto di come sia utile il nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN) e comprendiamo anche quanto valore abbia. L’emergenza COVID ha messo in luce però anche quelle zone grigie del nostro SSN, come la burocrazia. Il sistema burocratico italiano è stato letteralmente sventrato per via dell’emergenza. Vi sono stati numerosi progressi. Un esempio: oggi ci si può recare in farmacia e semplicemente esibendo il proprio tesserino sanitario si riceve il farmaco prescritto in maniera dematerializzata (in Emilia-Romagna). La burocrazia si è articolata negli anni, ma oggi si è stati costretti a semplificarla. Come sanitari siamo da sempre obbligati a certificare ogni azione che compiamo. Questo da un lato ci tutela ma dall’altro ci espone ad un rischio: quello di dimenticare ciò che stiamo davvero facendo ovvero prenderci cura delle persone. Spesso impieghiamo molto tempo a firmare e validare schede in cui è indicato ciò che viene effettuato. Questo può sembrare una mera perdita di tempo strappato all’assistenza, mentre questa prassi si configura come una tutela. Bisogna ricordare come dicono tutti i coordinatori, manager e senior manager facendo eco ai latini che: verba volant, scripta manet. Questo banale pensiero riassume in sé una miriade di significati. In particolare per noi infermieri scrivere e dare tracciabilità del nostro operato serve sempre più per aiutare a definire una professione che sino a poco tempo fa era bistrattata e tuttora rimane poco conosciuta. Dall’altro questo obbligo di scrivere ci espone ad un tranello: la prevenzione quaternaria. Tutti noi conosciamo il significato di prevenzione primaria, secondaria e terziaria. Negli ultimi anni a seguito di ricorsi per cause sia civili sia penali nei confronti degli operatori del settore sanitario, è aumentato il timore di essere chiamati a giudizio per il proprio operato. Inizialmente i più attaccati sono stati i medici che sino ad allora –parliamo degli ultimi vent’anni- erano fermi nel loro operare con consenso della persona. Ebbene oggi le persone che si rivolgono al curante hanno una conoscenza delle tecnologie che li avrà già portati a “googleare” la patologia di cui sono affetti leggendo qualsiasi informazione sia essa veritiera oppure no. L’aumentata consapevolezza e il maggiore interesse per la cura di sé ha portato le persone ad informarsi –spesso attraverso i canali sbagliati- su ciò che accade al proprio corpo. Noi sanitari sappiamo bene che ciò che accade internamente od esternamente all’essere umano ha una valenza anche sulla psiche. Le persone pretendono sempre più di conoscere la propria condizione e di rendersi partecipi del processo di cura. Tutto questo cambiamento, dovuto in parte anche alla cronicizzazione delle malattie, ha portato ad una maggiore paura e timore nell’operare. Gli operatori non si sentono più liberi come prima di eseguire e effettuare prestazioni, questo perché le persone vogliono dal canto loro essere più partecipi. Questo maggiore interesse da parte del curato verso tutto il percorso terapeutico ha conseguentemente creato una maggiore consapevolezza negli operatori durante il processo di assistenza. Qui si torna a verba volant, scripta manent come un mantra. Qualsiasi operatore dovrebbe sapere che tutto ciò che non è tracciato e dunque non dimostrabile è impugnabile. Diviene dovere quindi di ogni operatore farsi carico di dar evidenza delle proprie azioni. Nella prassi infermieristica spesso si tende a certificare e annotare prestazioni di carattere clinico e medico (faccio un esempio “ore 18 rilevati parametri vitali all’assistito”). Si rende sempre più necessario dare evidenza di quanto l’infermiere fa in termini umani, per esempio un colloquio. Tutto questo, il dialogo e l’ascolto, sono parte della cura e come tali vanno evidenziati. La burocrazia si è in termini figurativi snellita. Sono stati agevolati gli accessi informatizzati alla propria documentazione clinica. Si pensi al fascicolo sanitario elettronico (FSE) che è diventato disponibile per tutti i cittadini (in Emilia-Romagna). Sino ad oggi per attivare il proprio FSE era necessaria un’identificazione fisica presso un presidio ospedaliero. Oggi questa procedura di attivazione è effettuabile da casa. Inoltre si sono scoperte –per meglio dire riscoperte- modalità alternative di lavoro come lo smartworking. Sino a pochi mesi fa questa parola per molti aveva un significato oscuro. Questa rivoluzione copernicana all’interno della sanità non si è tradotta in un aumento delle tecnologie in uso ai sanitari. Infatti ad oggi le cartelle cliniche elettroniche (CCE) si distinguono da un’azienda sanitaria ad un’altra. Questa distinzione non è solo formale, ma nel concreto ci si scontra con un’incompatibilità tra i programmi e una mancata comunicazione su più livelli. Per esempio la cartella in dotazione ai medici di medicina generale, dove è annotata tutta la storia clinica della persona è inaccessibile ai sanitari che lavorano in ospedale. Questo enorme gap comunicativo si traduce in una minore continuità nell’assistenza. Quanto sarebbe facile infatti conoscere già la storia clinica della persona semplicemente leggendola si sistemi informatici. Un campo poco sviluppato è quello dell’Health Tecnology Assessment (HTA), l’approccio multidisciplinare e multidimensionale delle tecnologie all’ambito sanitario. Sono da ritenersi tecnologie anche le cartelle informatizzare e tutti i sistemi che agevolano l’operare come il braccialetto elettronico identificativo. Questi sistemi che al loro interno necessiterebbero di un continuo aggiornamento sono al contempo molto costosi e questo spesso costringe ad usare versioni base dei programmi. Tanto si potrebbe fare in termini di agevolazione delle tecnologie. Quanto sarebbe veloce identificare una persona grazie al braccialetto elettronico e certificare la somministrazione di avvenuta terapia grazie a sistemi tecnologici ed immediati come una fotocellula. Oggi pensiamo all’emergenza che abbiamo dinnanzi, ma non scordiamoci che questa macchina –la nostra Sanità- non si fermerà finito tutto e avremo bisogno ancora di svilupparci. L’emergenza COVID ha agevolato lo sviluppo delle tecnologie, questo sarà un punto di partenza per rivolgerci verso un orizzonte che è stato appena illuminato. L’implementazione di tecnologie avanzate per semplificare il lavoro porterebbe ad un aumento del tempo a disposizione per poter assistere umanamente le persone, che è il fine ultimo dell’assistenza. 

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Direttore: Avv. Angelo RUBERTO

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