CONSENSO INFORMATO E RESPONSABILITA’ MEDICA di Lucia BRANCIFORTE

La storia del paziente correttamente informato parte dall’epoca di Norimberga fino ai giorni nostri, si richiedeva di riportare la sperimentazione all’interno dei limiti plausibili contro gli abusi che si erano consumati nei campi di sterminio. Vi erano due correnti di sperimentazioni: una diretta alla sperimentazione non nettamente terapeutica, ovvero capace di provocare una lesione fisica o psicofisica del soggetto, l’altra diretta invece alla cura tradizionale volta ad individuare la malattia e curarla tramite una tecnica medica più o meno sicura, con lo scopo benevolo di indirizzare l’individuo sulla strada della guarigione. Fu solo l’attività della sperimentazione ad essere messa sotto processo, mentre l’attività medica fu giustificata come stato di necessità reale del privilegio terapeutico e delle leggi dell’arte affinché si potesse curare lo stato di malattia degli individui. In questo modo la volontà del paziente sfuggì alla garanzia legittimatrice dell’attività medica e venne subordinata per non delegittimare l’operato dei sanitari.Il codice elaborato a Norimberga elaborato nel 1946 contiene un principio generale secondo cui “Il  consenso volontario dell’essere umano è essenziale”. Dagli inizi degli anni ’90, la visione inizia a cambiare nel campo della biomedica e diventa centrale la volontà dell’individuo al trattamento sanitario mettendo così in risalto i diritti del paziente, in questo modo il principio del consenso avvalora il rapporto medico/paziente e dunque appare chiara l’esclusiva competenza del medico nel processo informativo della sua attività. Il consenso è inteso come tutela dell’attività medica e come espressione del paziente ad esercitare la sua volontà all’autodeterminazione, ovvero esclusiva libertà di accedere o meno alle cure terapeutiche e diagnostiche. Anticipati codesti cenni storici passiamo alla legge n.219 del 2017 per chiarire i fondamenti giuridici di detta legge la quale disciplina il biotestamento ma ci fornisce anche gli strumenti per comprendere più a fondo il  rapporto medico/paziente in generale, e nello specifico all’interno di una struttura sanitaria. I beni giuridici tutelati sono il diritto all’autodeterminazione del soggetto a cui viene destinato il trattamento sanitario e il processo che rende lecito l’operato sia del medico che della struttura sanitaria. Le informazioni del consenso sono obbligo preciso della struttura sanitaria (comma 9), devono essere comprese dal paziente e devono riguardare le cure, le diagnosi, le prognosi, i benefici , i rischi del trattamento ed infine le conseguenze dell’eventuale rifiuto o rinuncia. Le fonti dell’obbligo informativo sono: gli art. 2, 13, 32 Cost., la Corte dei diritti fondamentali dell’uomo dell’UE ed il Codice Deontologico del 1995 che all’art.30 comma 1 stabilisce: “ Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi e prognosi e le eventuali alternative terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate”. Inoltre una importante fonte risulta essere poi la Convenzione di Oviedo del 1997 che sancisce il primato dell’essere umano e la sua dignità, integrità, identità, che si sostanziano dell’accesso equo alle cure sanitarie e nell’adempimento degli obblighi sanitari professionali e di condotta del personale medico sanitario. Il medico titolare della diagnosi deve far presente al paziente una informazione chiara ed adeguata sugli scopi del trattamento, cosicchè il soggetto interessato possa essere a conoscenza sulle conseguenze e sui rischi dello stesso. La persona che acconsente deve essere libera ed informata e priva di qualsiasi condizionamento esterno che possa influenzare la sua scelta in un senso o nell’altro. Principi analoghi sono stati recepiti dalla legge 219 che è composta da 8 articoli , i primi 5 si occupano del diritto di ogni paziente a conoscere le proprie condizioni di salute acconsentendo o rifiutando con consapevolezza i trattamenti sanitari, il diritto del soggetto si traduce in un diritto ad essere informato, ad acconsentire alle cure o di poterle rifiutare con piena coscienza, si tratta di un vero e proprio diritto alla persona, principio fondamentale in materia di tutela alla salute. Principio riaffermato anche dalla giurisprudenza che ne ha enunciato la base del rapporto medico/paziente, intesa come norma di legittimazione del trattamento sanitario, illegittimo in assenza dello stesso. Nella legge in esame sono normati tutti gli aspetti procedurali del consenso informato ed indicati i soggetti di tale processo che sono: il paziente ed i suoi famigliari, l’equipe medica e la struttura sanitaria. Il consenso informato medico è il processo con cui il paziente decide in libertà ed autonomia, dopo che gli sono state fornite specifiche informazioni, circa il trattamento sanitario previsto dal medico o dall’equipe medica, rese a lui comprensibili; questo processo è atto a rendere lecito l’operato sia del medico che della struttura sanitaria. Il consenso informato deve essere acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni della persona interessata, il rifiuto o la revoca devono essere documentati in forma scritta, in caso in cui il paziente si trovasse impossibilitato sono ammesse videoregistrazioni o dispositivi atti a comunicare queste informazioni, le quali poi verranno inserite nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico. Dalla norma, rispondendo ai principi costituzionali, non è il paziente a dover giustificare le proprie scelte sulle cure, che devono avvenire in modo libero e prive di ogni influenza, ma è l’opera del medico che deve avere una adeguata giustificazione giuridica, nel rispetto dei limiti del paziente e della sua libertà personale alle cure. Ogni struttura pubblica o privata è tenuta a garantire, con le proprie modalità organizzative, la piena e corretta attuazione della legge in esame, assicurando poi l’adeguata formazione del personale sanitario, oltre le necessarie informazioni ai pazienti; per determinati trattamenti sanitari sono applicabili al consenso informato norme speciali. Per quanto riguarda i minori, nel nostro ordinamento non in tutti i casi spetta ai genitori la decisione dei trattamenti sanitari, il minore deve essere sempre informato e deve partecipare al processo decisionale che lo coinvolge, essendo soggetto di diritto. Il consenso presuppone che il medico fornisca una informazione chiara, esauriente ed adeguata all’età del paziente, magari in presenza di uno psicologo, è di quest’ultimo e del medico capire se il minore sia in grado di recepire le informazioni e se può esprimere in modo autonomo la sua volontà in quel momento. Nel caso di persona inabilitate, le figure del tutore e dell’amministratore di sostegno sono quelle a cui sono affidate la tutela delle persone inferme o disabili, sarà affidato a loro comunicare la volontà del paziente in cui fosse inabilitato a farlo, sostenerlo nella scelta della cura interpretando la sua volontà presunta se non ha avuto modo di farlo antecedentemente. In caso di contrasto tra il medico e il rappresentante del paziente sarà il giudice competente per territorio ad essere interessato. L’omessa informazione ha una plurima offensività, capace di ledere sia il diritto alla salute sia il diritto all’autodeterminazione, entrambi suscettibili di risarcimento laddove sia data prova della lesione. Posto che, il consenso risulta essere espressione di autentico accordo tra medico e paziente, in ambito civile la sua violazione costituisce responsabilità autonoma, ovvero potendosi ipotizzare un cumulo o un concorso  di responsabilità, ciò implicherebbe la lesione di diritti inviolabili. Il dovere di informare è vigente anche in assenza di vincolo contrattuale, il medico deve informare il paziente anche se il rapporto professionale non ha natura contrattuale ed anche se il trattamento è basato in adempimento di un dovere pubblicistico o in negotiorum gestio. E’ pacifico che l’obbligo del consenso informato legittima il trattamento sanitario e nel caso in cui viene a mancare quel trattamento diviene illecito e conseguentemente rileva autonomia risarcitoria. In tema di onere probatorio, La Corte ritiene che spetti al paziente dimostrare l’inadempimento del medico ed il nesso causale del danno, si deve provare che il rifiuto è stato opposto all’informazione doverosa, tale prova può essere eseguita con ogni mezzo: fatto notorio, massime di esperienza, presunzioni gravi, dirette e concordanti. A tal proposito la sentenza n. 18283 del 2021 la Corte di Cassazione civile III specifica che il consenso informato rende legittimo il trattamento sanitario e si sostanzia nell’obbligo in capo al medico di fornire al paziente tutte le informazioni che prevedono le conseguenze, negative e non, che possono scaturite ed il fine è quello di mettere il paziente in condizioni di decidere consapevolmente. Affinchè ciò avvenga, l’informazione del medico deve avere ad oggetto i rischi di un esito negativo ed anche la sua possibile inutilità, ovvero non portare alcun miglioramento, adottare poi un linguaggio comprensibile dal paziente considerate le sue specifiche conoscenze in merito. Il paziente deve valutare autonomamente i rischi connessi al trattamento dopo che abbia ricevuto una esaustiva informazione, in modo esplicito, circa lo stesso. Sempre la Corte di Cassazione Civile  III con la sentenza n. 23328 del 2019 statuisce che il consenso informato deve basarsi su informazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell’intervento medico chirurgico, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, non essendo all’uopo idonea sottoscrizione, da parte del paziente, di un modulo del tutto generico, né rilevando ai fini della completezza ed effettività del consenso, la qualità del paziente, che incide unicamente sulle modalità dell’informazione. Nella specie la S.C. ha ritenuto non adeguata l’informazione fornita ad una paziente dapprima mediante consegna di un modulo prestampato dal contenuto generico in occasione del primo intervento, e poi senza indicazione degli esatti termini della patologia determinatasi a causa di questo, delle concrete prospettive di superamento della medesima attraverso una serie di interventi successivi. Ancora, con la sentenza n.27112 del 2021 la Cassazione Civile  III stabilisce che il consenso informato va acquisito anche qualora la probabilità di verificazione dell’evento sia cosi scarsa da essere prossima al fortuito o, al contrario, sia cosi alta da rendere certo il suo accadimento, poiché la valutazione dei rischi appartiene al titolare del diritto esposto e il professionista o la struttura sanitaria non possono omettere di fornirgli tutte le dovute informazioni. Concludendo, si può affermare che l’attuale previsione legislativa contenuta nella legge 219/2017 cristallizza in modo chiaro e conforme con i principi sia costituzionali sia con i principi contenuti nella Convenzione di Oviedo, che di fatto vincolano l’operato dei sanitari italiani. Il paziente, prima di essere considerato tale, è portatore di diritti fondamentali, con un ruolo attivo e partecipe durante tutta la terapia, dunque è auspicabile, soprattutto in questo momento storico, una piena e fervida applicazione di detta legge, ricordando al personale sanitario che quello del consenso informato è terreno assai scivoloso, in cui convergono diritti e libertà individuali di massima importanza e che il diritto alla salute resta uno dei diritti più importanti in ogni ordinamento statale.

/ 5
Grazie per aver votato!

Redazione

BLOG fondatto e curato da Angelo RUBERTO, Avvocato Penalista del Foro di Bologna, Presidente dell’Associazione “Rete Nazionale Forense”. Il fondatore del sito, al momento non ha intenzione di registrare questa testata giornalistica online poiché tale registrazione è necessaria solo per coloro che intendono ottenere contributi statali, secondo quanto previsto dall’articolo 7, comma 3, decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70. ©2018-2024 Tutti i Diritti Riservati