ARTICOLO 276, COMMA 1 TER CPP: QUANDO SI APPLICA? di Clelia COMITO

 

L’art. 276comma 1tercodprocpen. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizione degli arresti domiciliari concernenti il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, il giudice dispone la revoca della misura e la sua sostituzione con la custodia cautelare in carcere, salvo che il fatto sia di lieve entità”.

Il comma 1 ter  concerne l’ipotesi in cui la condotta violativa riguardi il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora. In tal caso, una volta accertata la violazione, intesa come atto volontario di inosservanza delle prescrizioni, il giudice deve disporre la revoca della misura domiciliare e la sua sostituzione con la custodia carceraria, senza ulteriori margini di discrezionalità (salvo che il fatto non sia di lieve entità).

Il Tribunale del riesame di Lecce rigettava un appello cautelare proposto un’ordinanza della Corte di Appello che, a sua volta, aveva sostituito la misura cautelare degli arresti domiciliari in atto nei confronti dell’imputato, in ordine ai reati di ricettazione e detenzione di arma clandestina (reati per i quali era stato condannato in primo grado alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione), con la misura della custodia cautelare in carcere. In particolare, l’aggravamento della misura era avvenuto ai sensi dell’art. 276, comma 1-ter cod. proc. pen., in quanto l’imputato, nel corso di un controllo operato dalla P.G. presso la sua abitazione, ripetutamente non rispondeva alle chiamate effettuate a mezzo del campanello e alle bussate a mano, venendo poi reperito in casa della stessa giornata all’atto di un successivo controllo. Avverso il provvedimento del Tribunale del riesame l’imputato a mezzo del suo difensore proponeva ricorso per Cassazione.

SIOLUZIONE della CORTE di CASSAZIONE

La  Corte di Cassazione riteneva il ricorso proposto inammissibile atteso che, a suo avviso, il Tribunale del riesame non era incorso in alcun vizio motivazionale. In particolare, i giudici della Cassazione  – dopo avere fatto presente che le modifiche introdotte dall’art. 5 della I. 16 aprile 2015, n. 47 hanno temperato il rigido automatismo previsto nell’art. 276, comma 1 -ter cod. proc. pen., che imponeva inderogabilmente il ripristino della custodia cautelare in carcere nel caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da ogni altro luogo di privata dimora, con l’aggiunta della locuzione “salvo che il fatto sia di lieve entità”, avendo il legislatore così dato valore normativo ai principi statuiti dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost. 6 marzo 2002, n. 40), che pur ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di detta norma, aveva evidenziato il dato fondante della ragionevolezza riconosciuta alla scelta legislativa: «una volta che alla nozione di allontanamento dalla propria abitazione si riconosca […] valenza rivelatrice in ordine alla sopravvenuta inadeguatezza degli arresti domiciliari, non è escluso che il fatto idoneo a giustificare la sostituzione della misura tipizzato dal legislatore nella anzidetta formula normativa, possa essere apprezzato dal giudice in tutte le sue connotazioni strutturali e finalistiche, per verificare se la condotta di trasgressione in concreto realizzata presenti quei caratteri di effettiva lesività alla cui stregua ritenere integrata la violazione che la norma assume a presupposto della sostituzione» – osservavano inoltre come la giurisprudenza di legittimità abbia, altresì, specificato l’ambito applicativo dell’art. 276, comma 1-ter cod. proc. pen., riferibile alle ipotesi in cui l’allontanamento dall’abitazione sia avvenuto senza autorizzazione o in orario o per ragioni diverse da quelle previste nel provvedimento del giudice (Sez. 3, n. 42847 del 22/10/2009), facendo rientrare nel disposto dell’art. 276, comma 1, cod. proc. pen. le ipotesi in cui, pur verificandosi l’allontanamento nel rispetto dei limiti orari e per le finalità previste dal provvedimento giudiziale, vengano violate altre specifiche prescrizioni (Sez. 1, n. 46093 del 7/10/2014). Oltre a ciò, i giudici di piazza Cavour evidenziavano come sia stato, quindi, chiarito che, in tema di violazione degli arresti domiciliari, il fatto di lieve entità di cui all’art. 276, comma 1-ter, cod. proc. pen. si riferisce a violazioni di modesto rilievo ovvero a quelle che non sono in grado di smentire la precedente valutazione di idoneità della misura degli arresti domiciliari a tutelare le esigenze cautelari (Sez. 4, n. 13348 del 09/02/2018: nella fattispecie questa Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva rigettato l’appello avverso il provvedimento che aveva disposto la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere, ai sensi dell’art. 276, comma 1-ter, cod. proc. pen. nei confronti di imputato che si era allontanato dal luogo di detenzione domiciliare recandosi nella contigua abitazione dei genitori sita nel medesimo pianerottolo, per sottoporsi ad una visita medica non autorizzata). Tali essendo le coordinate ermeneutiche, l’ordinanza in esame risultava, ad avviso della Corte di legittimità, congruamente motivare sulla non sussumibilità della concreta condotta addebitata al ricorrente nel fatto di lieve entità di cui al suddetto disposto normativo e, di conseguenza, come esposto in precedenza, il ricorso era dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. (Fonte: www.diritto.it)

5,0 / 5
Grazie per aver votato!

Redazione

BLOG fondatto e curato da Angelo RUBERTO, Avvocato Penalista del Foro di Bologna, Presidente dell’Associazione “Rete Nazionale Forense”. Il fondatore del sito, al momento non ha intenzione di registrare questa testata giornalistica online poiché tale registrazione è necessaria solo per coloro che intendono ottenere contributi statali, secondo quanto previsto dall’articolo 7, comma 3, decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70. ©2018-2024 Tutti i Diritti Riservati