A PROCESSO PER STALKING ai danni della ex moglie, assolto un militare dell’Arma dei carabinieri. Tutto accade in piccolo paese in provincia di Lecce. Un carabiniere era stato rinviato a giudizio con l’accusa di stalking ai danni della ex moglie (aggravato: perché il fatto contestato rientrava nell’ipotesi: “ commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa”), per il quale Pubblico Ministero aveva infine richiesto una condanna a due anni di reclusione. Ma il giudice è stato di diverso avviso. Infatti, la sentenza ha sancito che l’imputato, un carabiniere 57enne, è innocente. E’ stato assolto per non aver commesso il fatto dal giudice della prima sezione penale Elena Coppola del Tribunale di Lecce, proprio il 25 novembre cioè, il giorno della giornata mondiale contro la violenza sulle donne ed a giudicarlo è stata una donna. Secondo l’ipotesi accusatoria – che non ha trovato conferma nell’istruttoria dibattimentale – nel 2016, l’uomo si sarebbe appostato sul luogo di lavoro della presunta vittima dalla quale si stava separando, e nella palestra da lei frequentata. In un’occasione l’imputato si sarebbe avvicinato all’ex moglie, mentre correva e l’ avrebbe minacciato l’uomo che era insieme a lei: “Si vai, vai altrimenti ti faccio stare male io sottoterra”. La difesa dell’imputato ha sostenuto che i pedinamenti fossero finalizzati a sorprendere la moglie con l’amante e che la paventata ed esternata paura di questa non fosse dovuta alle condotte violente del marito ma, di essere scoperta. Come scrive il 25 novembre – giornata mondiale contro la violenza sulle donne – l’avv. Katia Vetere sul suo profilo facebook “Nel rispetto delle donne violentate e distrutte, DAVVERO, approfittate oggi per riflettere. Avvocati, clienti. MAI PIÙ DENUNCE DI FALSE VIOLENZE O MALTRATTAMENTI MAI SUBITI. Istituiamo la giornata della verità, della onestà, della correttezza”.
“Commette il delitto di “atti persecutori” (c.d. stalking) “chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita” (art. 612-bis c.p.)”.
ART. 612 bis del CP.: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumita’ propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”.
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