DIFFAMAZIONE MILITARE: La norma di riferimento è l’art. 227 c.p.m.p. : Il militare, che, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende la reputazione di altro militare, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione militare fino a sei mesi. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, o è recata per mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione militare da sei mesi a tre anni. Se l’offesa è recata a un corpo militare, ovvero a un ente amministrativo o giudiziario militare, le pene sono aumentate . Importante è anche l’art. 228 c.p.m.p. (Ritorsione. Provocazione) : Nei casi preveduti dall’articolo 226, se le offese sono reciproche, il giudice può dichiarare non punibili uno o entrambi gli offensori. Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 226 e 227 nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso. Bene giuridico tutelato dalla norma: è l’onore della persona offesa quale valore costituzionalmente tutelato in quanto espressione della personalità dell’individuo. Condizioni di procedibilità: Il reato è procedibile solo su istanza del Comandante di Corpo, così come prevede l’art. 260 del c.p.m.p. comma 2°: “I reati, per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi, e quello preveduto dal numero 2° dell’articolo 171 sono puniti a richiesta del comandante del corpo o di altro ente superiore, da cui dipende il militare colpevole, o, se piu’ sono i colpevoli e appartengono a corpi diversi o a forze armate diverse, dal comandante del corpo dal quale dipende il militare piu’ elevato in grado, o, a parita’ di grado, il superiore in comando o il piu’ anziano”. La richiesta deve essere fatta secondo le seguenti modalità: FORMULA : “Avvalendomi della facoltà prevista dall’art. 260 c.p.m.p., chiedo (o non chiedo) che si proceda penalmente a carico di… per il reato di… e per tutti i reati militari ravvisabili nel fatto e perseguibili a richiesta”. La richiesta del Comandante del corpo è ispirata ad una logica “istituzionalistica” cioè, di prevalenza dell’immagine della caserma sui diritti della persona e nel rispetto dei principi costituzionali di cui all’art. 22 e 3 della costituzione. La Corte Costituzionale infatti, ha precisato come nei reati militari sia sempre insita un ‘offesa alla disciplina ed al servizio, una lesione ad un interesse preminentemente pubblico, che non può tollerare la subordinazione alla querela che, viceversa, tutela un interesse prevalentemente privato, senza che ciò comprometta, lo spirito democratico della repubblica cui fa riferimento l’art. 52 della costituzione, palesandosi la richiesta del comandante del corpo nelle ipotesi di lieve entità, come uno strumento idoneo ad adeguare al caso concreto la risposta dell’ordinamento militare”. In caso di particolare gravità del fatto il reato è procedibile d’ufficio, es. la diffamazione aggravata. AZIONE CIVILE: per il risarcimento dei danni, la persona offesa può sempre rivolgersi, nei termini di legge, al giudice ordinario. Pena prevista: Il reato di diffamazione è punito con la reclusione militare fino a 6 mesi; Nel caso invece in cui l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato o è attuata per mezzo stampa o altro mezzo pubblicitario o in atto pubblico, la pena va da 6 mesi a 3 anni; Le pene sono aumentate nel caso in cui l’offesa è rivolta ad un corpo militare o a un ente amministrativo, giudiziario o militare.
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