Cosa fare se la Pubblica Amministrazione non paga (o ritarda a pagare) il proprio debito? Secondo il D. Lgs n. 192/2012, il quale recepisce la direttiva comunitaria 2011/7/UE, la Pubblica Amministrazione deve ottemperare al pagamento dei propri creditori, per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, nel termine di 30 giorni, mentre gli enti legati al servizio sanitario nazionale entro 60 giorni, pena la sanzione degli interessi di mora, oltre il tasso BCE, con decorrenza dal primo giorno successivo alla scadenza prevista.
Per cui una volta inviata la fattura elettronica, attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) l’ente pubblico, ha 15 giorni a disposizione, dalla ricevuta di consegna, per trasmettere al creditore la notifica di accettazione o di rifiuto della fattura. Tali notifiche però, non sono obbligatorie per le PA, per cui il loro mancato invio non comporta particolari conseguenze (è opportuno quindi verificare lo stato – accettate o respinte – delle fatture, sulla piattaforma di certificazione dei crediti. In ogni caso, il termine di pagamento della fattura PA parte dalla data riportata dalla ricevuta di consegna rilasciata dal SdI. Ciò significa che se la PA non paga entro 30 giorni (o 60 in caso di debiti relativi al SSN), contro la stessa sarà possibile promuovere delle azioni giudiziali, con riconoscimento anche degli interessi di mora.
Secondo un’indagine condotta dall’ANCE, infatti, nei primi 6 mesi del 2017, circa il 79% delle imprese di costruzioni, ha registrato dei ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione ed a causa dei detti ritardi, metà di queste imprese, si è trovata costretta a ridurre i propri investimenti, 1/3 ha dovuto effettuare dei significanti licenziamenti e, non in ultimo, circa 20.000 hanno fallito.
COSA SI PUO’ FARE SE LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE NON PAGA IL PROPRIO DEBITO?
1. RICHIEDERE LA CERTIFICAZIONE DEL CREDITO:
I professionisti e le imprese che vantano un credito commerciale nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni possono richiedere la certificazione del credito. Una volta certificato il credito è possibile:
- attendere il pagamento della somma da parte della PA entro la data indicata nella certificazione;
- effettuarne la cessione (anche parziale) o chiederne un’anticipazione presso banche o intermediari finanziari abilitati ad un determinato tasso di sconto;
- compensare la somma (anche parzialmente) presso l’Agenzia delle Entrate;
- adire il giudice civile al fine di ottenere un titolo esecutivo (decreto ingiuntivo) sulla base del quale agire esecutivamente o mediante il giudizio di ottemperanza.
2. ADIRE IL GIUDICE AL FINE DI EMETTERE UN TITOLO ESECUTIVO:
Non sussistono differenze dovute alla qualità pubblica o privata del soggetto debitore al fine della formazione del titolo esecutivo. Infatti, è possibile, con l’assistenza di un avvocato, richiedere al giudice la condanna della PA al pagamento di quanto dovuto, oltre gli interessi di mora, mediante l’emissione di un decreto ingiuntivo o, quando non sussistono i presupposti, di una sentenza.
3. ESEGUIRE IL TITOLO ESECUTIVO MEDIANTE PIGNORAMENTO:
Sin dal 1979 le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato il principio che, a seguito di sentenza di condanna al pagamento della PA da parte del giudice amministrativo o del giudice ordinario, il pagamento del debito è un atto dovuto, rispetto al quale la PA manca di potere discrezionale, con la conseguenza che, in caso di inerzia, la situazione del creditore integra un diritto soggettivo tutelabile dinanzi al giudice ordinario attraverso l’esecuzione forzata per espropriazione. Risulta però sottratto all’esecuzione forzata una parte del patrimonio pubblico, attribuendo al Giudice dell’Esecuzione il potere di rilevarla officiosamente.
L’esecuzione forzata nei confronti delle pubbliche amministrazioni è prevista dalla L. 28/2/1997, n. 30, modif. art. 147, L. 23/12/2000, n. 388 e succ. art. 44, c. 3 D.L. 30/9/2003, n. 269, conv. L. 24/11/2003, n. 326 e si applica anche agli enti locali ed agli enti sanitari. La norma – comma 1 – ritarda i tempi dei pagamenti da parte della PA dei titoli esecutivi giudiziari, impedendo l’azione esecutiva per 120 gg dalla notifica del titolo esecutivo. Il decorso del termine dilatorio dei 120 gg costituisce dal punto di vista sistematico una condizione di efficacia del titolo esecutivo e di procedibilità dell’esecuzione. La violazione del termine è rilevabile d’ufficio. Il decorso del termine oltre a condizione di procedibilità, è condizione di efficacia del titolo esecutivo, la cui inosservanza rende nullo il precetto intempestivamente intimato.
4. ESEGUIRE IL TITOLO ESECUTIVO MEDIANTE GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA:
Prima di poter agire in sede di ottemperanza al fine di eseguire i decreti ingiuntivi e le sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro, è necessario provvedere alla notifica all’amministrazione del titolo da azionare, in forma esecutiva, e attendere il passare di 120 giorni dalla notifica, senza che senza che la P. A. abbia adempiuto. Nel caso in cui la P. A. non intenda eseguire il giudicato è previsto il ricorso al giudizio per ottemperanza avanti il giudice amministrativo. Il giudice amministrativo, nel giudizio di ottemperanza, si sostituisce direttamente o attraverso un Commissario da esso eventualmente nominato (c.d. Commissario ad acta), agli organi amministrativi inadempienti al fine di provvedere al pagamemento.
Italia è tutt’ora maglia nera in Europa per i tempi di pagamento nei confronti delle imprese fornitrici e per questo motivo già dal mese di febbraio scorso, la Commissione UE ha riattivato, dopo 2 anni di stand by, la procedura d’infrazione per i ritardi con cui gli enti pubblici pagano le fatture alle imprese. Entro la fine di aprile 2017, l’Italia, avrebbe dovuto rispondere alla richiesta di parere motivato, decidendo di mettersi al pari con i pagamenti, infatti, rischia il deferimento alla Corte di giustizia UE. Per tale ragione è consigliabile agire contro la PA al fine di recuperare i propri crediti ed evitare le gravi conseguenze.