FUGA DALL’AVVOCATURA: PER CRISI ECONOMICA O DI VOCAZIONE?

RNF📌 LA DOMENICA DELL’ AVVOCATO ⚖  📌LA CRISI DELLA PROFESSIONE FORENSE⚖

FUGA DALL’AVVOCATURA: PER CRISI ECONOMICA O DI VOCAZIONE?  Un’ indagine Censis sull’avvocatura ha rilevato che il 70 per cento degli avvocati considera la propria situazione lavorativa abbastanza critica o addirittura molto critica ed il 43 per cento ritiene che vi sia poco lavoro con un futuro professionale incerto. Molti avvocati – anche cinquantenni, con oltre 20 di professione – si cancellano dall’albo per il posto fisso, cioè per un’occupazione stabile, un reddito sicuro, ed una vita più dignitosa. Vita dignitosa, che la professione forense sembrerebbe – rectius sembra – non garantire più. La non inderogabilità dei minimi tariffari (andrebbe introdotta l’inderogabilità dei minimi dei compensi) e, soprattutto l’esorbitante numero di avvocati hanno sicuramente contribuito. Il giornale il “Dubbio” ed altri quotidiani nazionali in questo mese di agosto, si sono occupati della grave crisi che sta attraversando la professione forense così, come se ne sono occupati i numerosi gruppi presenti sui social network. Dalle parole dei presidenti dei vari consigli dell’ordine emerge che la professione è in grave crisi, e le cause sono prevalentemente di carattere economico. Per molti avvocati la professione non riesce più a garantire una vita dignitosa ed, il bonus di 600 euro richiesto lo scorso anno ne sono la prova. Cassa forense ha reso noto di aver disposto il pagamento di circa 139.200 bonus di 600 euro, del “reddito di ultima istanza”. Per Elisabetta d’Errico, presidente del Consiglio dell’Ordine Bolognese: “Più che una crisi di vocazione si tratta di una crisi economica in atto da tempo”, “Adesso la pandemia ha aggravato i problemi esistenti, alcuni colleghi hanno abbandonato per entrare nell’amministrazione pubblica”. Per Gianluca Ursitti presidente COA di Foggia, la colpa è il contesto in cui lavorano gli avvocati e, non è solo l’effetto della pandemia: ”La pandemia, è stata la cartina di tornasole che ha solo mostrato il re nudo. Il problema, in realtà, nasce da molto lontano e trova le sue ragioni nella crisi economica che ci attanaglia da quasi quindici anni, ma, soprattutto, nel numero insostenibile degli iscritti rispetto al tessuto economico in cui si innesta”. Per Vinicio Nardo presidente COA Milano “La scelta per molti avvocati, anche del Foro di Milano, di cambiare vita lavorativa, partecipando ai concorsi pubblici, è giustificabile. La spinta a voltare pagina e a lasciare l’avvocatura non nasce adesso anche se ulteriori difficoltà sono state acuite dalla pandemia. Occorre fare un’analisi più profonda, che tenga conto di un quadro più complessivo che è cambiato ed è peggiorato oltre un decennio fa”. Per Leonardo Arnau, presidente del COA di Padova: “Sbagliamo ad autocommiserarci, anziché impegnarci a restituire credibilità alla nostra professione”. Per Aldo Fici, civilista di Palermo, “Il problema non sono gli avvocati, ma i magistrati che hanno perso umanità” . “E poi ci siamo noi, giovani avvocati, che indossiamo quella toga con amore e orgoglio” Così la collega Marika Pisano che aggiunge “I giovani avvocati non abbandonano la toga, pesante come tutti i sogni e le lacrime ad essa dedicati, perché è parte di loro stessi”. Da ultimo c’è anche il collega Carrubba di Roma che propone come soluzione un esame di riabilitazione straordinario, per ridare credibilità alla professione! La proposta, però, nulla dice sulle modalità in cui dovrebbe avvenire il cd. esame di riabilitazione.  Certo, che l’avvocatura sia attraversata da una grande crisi che parte da lontano, almeno dal 2013, è cosa nota, così come è cosa altrettanta nota che l’offerta di servizi legali è sicuramente sproporzionata rispetto alla richiesta, ovvero che il numero degli avvocati è troppo elevato ed il mercato non riesce a soddisfarli tutti. Da ultimo anche la pesantezza dei contributi e tasse varie che si devono pagare solo per tenere la porta dello studio aperta contribuisce negativamente,  specie nelle nuove generazioni, di poter affrontare la professione con serenità. La soluzione? Secondo “l’id quod plerumque accidit”… ognuno ha la sua ed è, certamente migliore di quella degli altri!
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