DPCM E VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI LEGALITA’ di Claudia MANNAVOLA

La pericolosa prassi dei D.P.C.M e la violazione del principio di legalità (formale e sostanziale).  Perché rappresentano un pericoloso precedente per il nostro sistema costituzionale? In quanto atti amministrativi, i D.P.C.M (DECRETI PRESIDENTE CONSIGLIO MINISTRI) sfuggono al controllo sostanziale di legittimità costituzionale che vede come protagonista il supremo organo costituzionale, la Corte Costituzionale, la quale come è noto non si occupa di atti amministrativi ma è chiamata ad intervenire solo quando si tratti di leggi o atti aventi comunque la forza di una legge, qualora vi sia un contrasto o una violazione della Costituzione. Ciò non accade per questi atti, gerarchicamente subordinati alla legge, promananti da un organo monocratico (il Presidente del Consiglio), non sottoposti ad alcun controllo da parte del Parlamento né della Corte Costituzionale, sottratti al potere di emanazione da parte del Capo dello Stato, e suscettibili di un mero sindacato in sede amministrativa dinnanzi al Tar. Essi sono emanati sulla base di decreti legge che contengono una vera e propria delega in bianco ad atti di normazione secondaria, con la quale si autorizza un organo monocratico, a comprimere le principali libertà e diritti costituzionali, a cagione dell’emergenza sanitaria. Un vero e proprio stravolgimento del principio della separazione dei poteri, ove assistiamo ad un ribaltamento delle competenze costituzionali e la funzione legislativa viene sottratta al suo organo naturale, il Parlamento e passa nelle mani del Governo, che trasforma in emergenza, a tutela del diritto fondamentale alla salute di ogni cittadino, anche la regola in sede normativa, mentre le ordinarie competenze degli organi costituzionali, divengono l’eccezione. Ma i Padri Costituenti, lungimiranti in tal senso, avevano già pensato allo strumento normativo da utilizzare in fattispecie eccezionali e urgenti, appunto in “in casi straordinari di necessità e di urgenza”, individuandolo nel decreto legge. L’utilizzazione del decreto legge avrebbe invero rispettato i canoni di legalità costituzionale sia sostanziale che formale, poiché strumento sottoposto al vaglio parlamentare e in quanto atto avente la forza della legge, sottoposto al controllo della Corte Costituzionale. Il decreto legge, pertanto, avrebbe rappresentato l’atto più idoneo a regolare l’emergenza sanitaria, ma  nel rispetto delle riserve di legge poste a tutela delle libertà fondamentali, rispettando così la legalità formale la cui violazione è avvenuta per il tramite dei DPCM, che hanno operato un’elusione del principio de quo, esautorando l’ organo legislativo delle sue funzioni. Inoltre, c’è solo un’ipotesi, espressamente prevista dalla Costituzione, in cui il Governo può ricevere poteri straordinari, ed è quella dello stato di guerra, ma comunque li riceve sulla base della deliberazione dello Stato di guerra da parte del parlamento e l’ emanazione del decreto del Presidente della Repubblica. In mancanza di un valido supporto legislativo e della necessaria copertura costituzionale il Governo non aveva il potere di dichiarare lo stato di emergenza nazionale. La conseguenza più importante è che, se è illegittimo il provvedimento a monte, lo sono anche i successivi, quelli che poggiano su di esso come presupposto: appunto, i Dpcm, che però non sarebbero soltanto illegittimi, ma addirittura incostituzionali. In sintesi, l’emergenza sanitaria non può divenire anche emergenza del diritto, l’urgenza di affrontare situazioni eccezionali, non può giustificare il ricorso a strumenti eccezionali diversi da quelli positivizzati nella Carta Costituzionale. Sulla stessa scia anche la Corte Suprema del Texas, la quale – per bocca di Justice James Blacklock – ha ricordato che «la Costituzione non viene sospesa quando il Governo dichiara lo stato di emergenza: ogni potere esecutivo, in questo Paese, non importa quanto esercitato con buoni propositi, deriva esclusivamente dalle Costituzioni statale e federale. I poteri del Governo non possono essere esercitati in modo contrario a queste Costituzioni, anche durante una pandemia». Infine il controllo giurisdizionale è, in una parola, irrinunciabile. Difatti, deve sempre essere possibile, in uno Stato di diritto, far valere l’illegittimità di atti politici che esondano dai loro limiti giuridici: in altre parole, non si deve chiedere ai Tribunali di sostituirsi nel merito alla decisione politica, ma di verificare che questa sia stata presa nel rispetto dei principi e dei dettami costituzionali. (Claudia MANNAVOLA, avvocato del foro di Taranto)

 

 

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