VIOLAZIONE ART. 112 c.p.c.

Dinanzi alla Suprema Corte una delle questioni che viene posta con maggiore frequenza è quella della violazione dell’art. 112 cpc, norma che, come è noto, delinea il perimetro del dovere decisorio del giudice, e che si pone in rapporto di simmetrica con le allegazioni delle parti, in termini di domande ed eccezioni. Da tanto discende che il riscontro dei vizi di omessa pronuncia e di eccesso di pronuncia (nelle sue diverse declinazioni di infrapetizione ovvero di ultrapetizione) è possibile in presenza di requisiti ben individuati. L’omessa pronuncia ricorre nel caso in cui si riscontri l’assenza di qualsiasi decisione su un capo di domanda, anche parziale: per capo di domanda deve intendersi ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale debba essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto, pronuncia che, invece, non risulti resa neppure sotto il profilo di un’implicita statuizione di rigetto. Per converso, il vizio di eccesso di pronuncia, nel suo duplice profilo (ultrapetizione ed extrapetizione) si verifica allorquando o il giudice abbia ampliato la fattispecie portata in giudizio dalle parti, producendo sì con la sentenza gli effetti invocati dall’attore (o dal convenuto) ma in termini di maggiore ampiezza (rispetto all’oggetto sostanziale di domanda e/o eccezione), per cui si ha ultrapetizione; ovvero allorquando l’effetto prodotto dalla decisione risulti, sostanzialmente, sostitutivo (quindi statuendo su una fattispecie diversa) per cui in tal modo o ne modifica gli elementi fattuali, ovvero le basi giuridiche, sostanzialmente statuendo su una domanda diversa alterando gli elementi che caratterizzano la stessa ovvero mutando le ragioni giuridiche alla base di quest’ultima e sostituendole con altre differenti: si pronuncia pertanto su altra e diversa domanda, e quindi si verifica l’extrapetizione. Il suddetto dovere, però, va anche coordinato con il potere del giudice di interpretare la domanda, per cui il dovere di cui all’art. 112 c.p.c. non comporta l’obbligo di attenersi all’interpretazione prospettata dalle parti in ordine ai fatti, agli atti ed ai negozi giuridici posti a base delle loro domande ed eccezioni, essendo la valutazione degli elementi documentali e processuali, necessaria per la decisione, pur sempre devoluta al giudice, indipendentemente dalle opinioni, ancorché concordi, espresse in proposito dai contendenti; la conseguenza è che, ove il giudice non si attenga alla interpretazione prospettata dalle parti, non risulterà configurabile un vizio di ultrapetizione…In definitiva, è evidente che il bilanciamento tra le due norme e, soprattutto, la loro corretta applicazione, non è un compito facile, il che lascia ben intendere del perchè il contenzioso relativo ai vizi in questione è tutt’altro che irrilevante…
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