Debito e colpa si traducono in tedesco con la medesima parola, Schuld. Ha un preciso significato: “Il capitalismo è un generatore di colpa indebitante”; il debitore ha un enorme colpa, per il sol fatto di aver contratto il debito e perciò non beneficia della remissione e della liberazione: deve adempierlo a tutti i costi. Queste parole sono scritte in un frammento di Walter Benjamin e capovolgono l’impostazione marxiana, secondo cui il capitalismo ha un’accumulazione originaria che deriva dal plusvalore: la ricchezza è il frutto di un lavoro non retribuito. Dunque alla relazione tra capitalista e lavoratore, fondata sul lavoro e sul plusvalore, si sostituisce quella tra creditore e debitore, fondata sul debito. Oggi il capitalismo si nutre e si alimenta di debito (Elettra Stimilli – Il debito del vivente – Debito e colpa). Il debito è l’incarnazione nel capitalismo attuale, fatto di finanziarizzazione e non di economia reale. Il “vampiro”è il debito che produce povertà, non ricchezza. La schiavitù del capitale è quella del debitore che, per adempiere il suo debito, dovrà lavorare per tutta la vita: il debito è infinito. L’indebitato è solo e vivrà la sua vita in funzione del rimborso che dovrà realizzare: il debito lancia un ponte tra il presente ed il futuro, anticipa ed esercita una prelazione sull’avvenire, sul possibile presente, vissuto malissimo. Il debito ipoteca tanto i comportamenti del debitore che il suo salario, il suo reddito; impone -uno stile di vita coartato, -regole di contabilità, -una forsennata invocazione del tempo, in ragione del quale la vita si consuma e si annerisce, -rende infelicità perpetua e se capita l’imprevisto per spese non calcolate e costi non stanziati, si apre il baratro della disperazione che si compie con il suicidio (Maurizio Lazzarato: Il governo dell’uomo indebitato). Estinto un prestito se ne apre un altro: il risparmio non nutre l’investimento che invece si basa sul debito contratto, di solito, con banche o usurai che ne costituiscono la bieca alternativa. Un tempo si raccoglievano i risparmi e dopo si facevano le compere: oggi si acquista senza soldi, contraendo un debito che poi non si ha la forza di ripianare. Tutto a rate. Il consumo non si realizza con il proprio danaro, ma con quello prestato, che va comunque restituito con gli interessi, determinati anche con assoluto arbitrio. E si arricchiscono compagnie finanziarie e banche dissanguanti. Mentre il debito annichilisce il debitore facendogli perdere ogni gioia di vivere, perché la vita deve trascorrere per pagarne infiniti, i creditori alimentano il capitale con l’incasso degli interessi e ci avviamo alla società asimmetrica che ha descritto Stiglitz: pochi ricchi, tantissimi poveri. Il profitto oggi è solo il frutto dell’interesse sul debito; e non produce ricchezza per tutti. E la squallida politica non lo ha capito, dorme: l’economia è fondata sul debito.
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