Che rilevanza hanno assunto non solo nella vita privata ma anche nelle aule di Tribunale i post che quotidianamente e quasi sbadatamente pubblichiamo sui social? Ne parla l’avvocato Fulvia Fois di Rovigo. “Questa riflessione prende spunto da due recenti sentenze della Corte di Appello di Roma e della Corte d’Appello di Torino che hanno fatto dei post e delle foto pubblicati sui social il punto focale della loro trattazione. Nel primo caso, i Giudici hanno escluso il diritto alla percezione dell’assegno di mantenimento alla ex moglie in quanto dal profilo Facebook di quest’ultima era emerso che la stessa aveva da tempo una nuova relazione e che aveva aperto una nuova e redditizia attività insieme al nuovo compagno. Nessun elemento, dunque, utile a far presumere che la donna versasse in uno stato di bisogno tale da rendere necessario l’esborso di denaro da parte dell’ex marito. Le pubblicazioni social hanno insospettito l’ex marito che, coadiuvato da un investigatore privato, ha smascherato l’ex moglie, con il risultato che l’uomo non deve pagare più nulla. Ma non finisce qui. Solo il mese scorso, inoltre, la Corte d’Appello di Torino ha aumentato l’assegno di mantenimento dovuto dal padre separato che, stante la nascita di un terzo figlio, lamentava una contrazione delle proprie possibilità economiche. Peccato però che l’uomo sia stato smentito da se stesso – o meglio dal suo avatar. Foto di vacanze in location esclusive, acquisti in boutique di lusso, gioielli, cene a quattro stelle, gite fuori porta come a Parigi, Saint-Tropez, Capri ed auto lussuose nonostante la dichiarazione dei redditi dell’uomo parlasse di circa 24.000 euro annui. Tanto è bastato ai giudici per ritenere insussistente l’asserita difficoltà economica dell’uomo, condannandolo al pagamento di un più giusto assegno di mantenimento per i figli avuti dal precedente matrimonio. Tuttavia, la rilevanza che i post social hanno – soprattutto per il riconoscimento di responsabilità in capo al soggetto che li ha pubblicati – anche la valenza probatoria aumentata esponenzialmente non soltanto nell’ambito del diritto di famiglia ma anche nel diritto del lavoro o in ambito penalistico. Basti pensare, ad esempio, che un post o un foto pubblicati su Facebook e non gradito dal datore di lavoro, potrebbe determinare una sospensione in via disciplinare o, in casi più gravi, portare addirittura al licenziamento. È questo il caso di un dipendente licenziato in tronco per aver pubblicato sul proprio profilo, rendendoli dunque visibili a tutti gli utenti, alcuni messaggi contenenti gravissime offese ed insulti sessisti e diffamatori indirizzati ad un suo collega. Diversamente, è stato ritenuto illegittimo il licenziamento del lavoratore che su una chat privata di Facebook offende l’amministratore delegato, per il semplice fatto che quando il pensiero non propriamente elogiativo nei confronti del nostro ambiente lavorativo o dei nostri colleghi viene pubblicato su una chat privata, viene meno la portata diffamante del post stesso. E che dire di tutti quei casi in cui l’autore di un reato viene “incastrato” dalle foto o dai post pubblicati sui social? Prendiamo l’esempio del ragazzo chiamato a rispondere del reato di indebito utilizzo di carta di credito a seguito di alcuni video pubblicati sui social: il ragazzo era riuscito ad acquistare un paio di costose scarpe nuove utilizzando il codice della carta di credito di un’amica, del tutto ignara dell’ indebita “sottrazione”. Peccato che dopo l’acquisto il giovane abbia pubblicato sui social tre video in cui mostrava con vanto il nuovo acquisto, inquadrando tra le immagini pure gli scontrini, i cui importi coincidevano con le somme mancanti dal conto corrente della giovane. E i tanti giovani che si divertono a pubblicare video che li ritraggono mentre compiono atti vandalici o, peggio, mentre aggrediscono delle persone? È davvero incredibile come alcuni atti che compiamo quasi automaticamente e a cuor leggero possano poi rivelarsi così determinanti per le nostre sorti! COSA NE PENSO IO? Credo che sia indispensabile, nella vita, avere dei momenti di leggerezza ma occorre tenere sempre presente che da ogni azione derivano delle conseguenze. La responsabilità e l’informazione sono elementi fondamentali per tutelarci, anche e soprattutto nei momenti di svago come può essere la pubblicazione di foto, video e post sui social. Ritengo infine che non sia “necessario” né tantomeno utile postare, come molti fanno tutta la propria vita sui social in quanto penso che la vita privata sia un bene che va tutelato. Rifletteteci”. (Fulvia Fois, Avvocato del foro di Rovigo. -mail [email protected] o compilando il form che trovate sul sito www.dirittoetutelafois.com )
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