Stante il disposto dell’art. 159 TUEL i soggetti detentori di somme di un ente locale – nel caso Poste Italiane Spa –, in caso di pignoramento presso terzi, qualora non rivestano la qualità di tesorieri, sono soggetti solo agli obblighi di cui all’art. 547 c.p.c. , compreso quello di accantonamento delle somme, e non possono essere ritenuti responsabili, a titolo extracontrattuale o contrattuale, per non aver allegato il vincolo di indisponibilità di destinazione imposto dall’ente, nel caso di assegnazione di dette somme o, perché, il pignoramento non è ammissibile nei confronti di terzi non tesorieri. La Suprema Corte (Cass. Civ. Sez. 3 -, Ordinanza n. 16576 del 13/06/2024) enunzia che il terzo pignorato – debitor debitoris – di un ente locale, ma non tesoriere, non è sottoposto all’onere di allegare l’impignorabilità delle somme di cui è in possesso, eventualmente determinato con la semestrale delibera di cui all’art. 159, comma 3 TUEL. Ne discende che l’azione intrapresa dall’ente verso il terzo con richiesta di risarcimento danni per aver permesso il pignoramento di somme indisponibili, non può essere accolta. Non sussiste, infatti, alcuna responsabilità contrattuale perché non esiste il rapporto di tesoreria tra le parti, il quale solo imporrebbe l’operatività della normativa imperativa di cui sopra. Né può essere configurata una responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., poiché il terzo, non essendo tesoriere, nella qualità di “ausiliario del giudice” è obbligato a fare la dichiarazione di terzo ex 547 c.p.c. di esistenza del credito giacente e procedere all’ accantonamento delle somme, imprimendo l’indisponibilità in favore della procedura esecutiva. La responsabilità, invero, è degli amministratori dell’ente! Mi preme considerare, oltre il commento, che sussiste un chiaro profilo di responsabilità per danno erariale in capo agli amministratori dell’ente, per inerzia, consistente nel non aver sollevato le eccezioni di inammissibilità del pignoramento nei confronti di soggetto diverso dal tesoriere ex art. 159, comma 1 TUEL., e di impignorabilità delle somme ex comma 3 stesso articolo, che seppure rilevabili d’ufficio, non erano state allegate e prospettate al giudice dell’esecuzione, che, pertanto, non le ha potuto esaminare.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE CIVILE: Numero registro generale 2433/2022
Numero sezionale 2092/2024 Numero di raccolta generale 16576/2024 Data pubblicazione 13/06/2024. Udienza del 03/06/2024 CC. … OMISSIS …
1. Con atto notificato il 14/1/2022 Poste Italiane s.p.a. propone ricorso per cassazione, illustrato da successiva memoria, avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, pubblicata il 19/06/2021, emessa in un giudizio avviato dal Comune di Cosenza nei confronti del ricorrente per ottenere il risarcimento del danno conseguente alla dichiarazione di terzo effettuata nel corso di vari procedimenti esecutivi, cui è seguito il pignoramento delle somme depositata dal Comune . Parte intimata ha notificato controricorso.
2. Per quanto ancora di interesse in questa sede processuale, la Corte di Appello, a conferma della pronuncia del Tribunale di Cosenza, in un giudizio avviato dal Comune per affermare la responsabilità contrattuale di Poste Italiane spa e il conseguente diritto al risarcimento del danno in merito alle dichiarazioni rese a più riprese dall’ente Poste , quale terzo pignorato ex art. 547 cod. proc. civ., nel corso di procedure esecutive instaurate da creditori del Comune, ha ritenuto responsabile il terzo dichiarante delle conseguenze giuridiche (mancata disponibilità dei fondi giacenti presso l’ente Poste, oggetto di pignoramento) collegate alla dichiarazione di sussistenza delle somme giacenti presso l’istituto pur essendo dette somme ex lege indisponibili ai sensi dell’art. 159 D. Lgs. n. 267 del 2000 e, in particolare :
- ha affermato che “soltanto il soggetto che riveste la qualità di tesoriere dell’ente è abilitato a compiere le attività che gli sono richieste dalla procedura ed a disporre l’accantonamento delle somme pignorate. Giacché l’art. 159, comma 1, del d.lgs. n. 267 del 2000 prevede che: << non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa>>”;
- ha accertato che la condotta di Poste Italiane “dà luogo ad un grave inadempimento contrattuale in quanto ha pregiudicato la regolarità del servizio di bancoposta demandato a Poste Italiane Spa, sottraendo alla disponibilità del Comune di Cosenza risorse economiche che non potevano essere accantonate per espressa disposizione normativa”;
- ha confermato il dictum del primo giudice secondo cui “accertato l’inadempimento di Poste Italiane Spa agli obblighi di correttezza e buona fede nascenti dalla qualità di terzo pignorato, soggetto come tale, all’osservanza delle disposizioni normative che gli imponevano di non accantonare le somme pignorate ai sensi dell’art. 159 TUEL e, quindi, di rendere dichiarazione di terzo negativa”, ha pronunciato la risoluzione dei contratti per colpa dell’appellante, stante la gravità dell’inadempimento, consistito nell’illegittimo accantonamento delle somme non vincolate ex lege, condannando l’istituto di credito al risarcimento del danno.
- 3. MOTIVI della DECISIONE: Con un unico motivo la società ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art. 159 D. Lgs. n. 267 del 2000, degli artt. 546, 547 e 615, comma 2, c.p.c.,
- nonché degli artt. 1453, 1175 e 1375 c.c.”. Secondo la società ricorrente la sentenza con cui la Corte territoriale ha confermato la sentenza di primo grado sarebbe erronea in quanto Poste Italiane, “per il solo fatto di aver ricevuto la notifica dell’atto di pignoramento aveva assunto la veste di custode delle somme di cui al c/c del Comune di Cosenza e per effetto di tale qualità era tenuta ex art. 547 c.p.c., a rendere la dichiarazione di scienza…..” La stessa società, nell’illustrare i motivi del ricorso afferma che:- “in qualità di terzo pignorato, essa era assoggettata al vincolo nascente dal pignoramento quale custode delle somme pignorate (art. 546 c.p.c.), delle quali non poteva disporre senza ordine del giudice e di cui era penalmente responsabile ai sensi dell’art. 388 c.p.c.”;- “non le era consentito di sottrarsi agli obblighi nascenti dal pignoramento, né era legittimata a far valere o a valutare la pretesa impignorabilità delle somme, mentre tale onere incombeva sul Comune il quale avrebbe dovuto farne valere l’impignorabilità dinanzi al Giudice dell’esecuzione”;-“ dalla rilevabilità officiosa della nullità del pignoramento non poteva scaturire un suo dovere di rendere dichiarazione negativa….”.
- 4. Il motivo è fondato.
- 5. Secondo quanto già sancito da questa Corte in merito all’esame di congruità o meno della dichiarazione del terzo in sede di esecuzione è rilevante individuare i soggetti e l’oggetto dell’azione esecutiva per espropriazione presso terzi, quali delineati dall’art. 543 cod. proc. civ., a cui non può non corrispondere l’ambito, soggettivo ed oggettivo, della dichiarazione del terzo, quale delineato dall’art. 547 cod. proc. civ. Gli obblighi di collaborazione del terzo pignorato sottolineati, in diverse occasioni, da questa Corte attengono all’individuazione dell’oggetto del pignoramento: ciò in correlazione con l’art. 543, comma secondo, n. 2 cod. proc. civ. che con norma rimasta immutata anche dopo le ripetute modifiche dello stesso articolo e degli altri successivi, con le leggi che si sono succedute nel periodo 2012- 2014 – consente che l’atto di pignoramento contenga l’indicazione delle cose o delle somme dovute «almeno generiche», nella prospettiva appunto che la specificazione di queste si abbia a seguito della dichiarazione del terzo pignorato. Per converso, nessuna genericità è consentita nell’individuazione del soggetto debitore, che spetta esclusivamente al creditore procedente, il quale lo identifica e lo cita a comparire ai sensi del n. 4 dello stesso art. 543, comma secondo, cod. proc. civ.: soltanto rispetto a quest’ultimo soggetto va resa la dichiarazione da parte del terzo, né è giuridicamente corretto gravare il terzo pignorato di ulteriori oneri di specificazione o di integrazione (cfr. Cass., Sez 3, N. 5037/2017).
6. Si tratta di una conclusione che ha trovato oramai definitivo riscontro normativo nel testo dell’art. 549 cod. proc. civ. che, quale risulta dopo le modifiche apportate dalla legge 24 dicembre 2012 n. 228, prevede che sulle contestazioni della dichiarazione del terzo provvede il giudice dell’esecuzione con ordinanza che «produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione» (cioè dell’esecuzione contro il terzo pignorato; cfr. anche Cass., Sez 3, N. 5037/2017, in motivazione). Sicché la peculiare posizione del terzo pignorato, quale collaboratore, od ausiliario, del giudice dell’esecuzione, e parte di un rapporto sostanziale esistente col proprio creditore (quale debitor debitoris), non anche col creditore procedente, comporta che la sua responsabilità per avere reso una dichiarazione ex art. 547 cod. proc. civ., che si assume falsa o reticente, si configuri come illecito aquiliano, a norma dell’art. 2043 cod. civ., e non certamente come responsabilità contrattuale nei confronti del proprio creditore. - 7. Nel caso che occupa questo Collegio, anche a volere trascurare la natura giuridica della responsabilità – contrattuale, anziché extracontrattuale – dedotta dall’ente ricorrente per il fatto addebitato al terzo dichiarante, vale mettere in rilievo che al terzo si imputa non tanto la falsità del fatto dichiarato al creditore procedente e al giudice dell’esecuzione, posto che non è in discussione che le somme non fossero effettivamente giacenti sui conti di deposito di spettanza del Comune, ma la indisponibilità giuridica delle medesime che avrebbe dovuto indurre il terzo, debitor debitoris, a dichiarare la non sussistenza di somme nella sua disponibilità, e ciò in base al disposto normativo sopra richiamato.
- 8. Tuttavia, alla stregua di quanto sopra detto, il terzo chiamato a rendere la dichiarazione non avrebbe dovuto essere onerato di un onere informativo che è estraneo alla sua sfera di conoscibilità e che, nel sistema sopra delineato, gli sarebbe potuto gravare solo nel caso in cui avesse rivestito la qualità di tesoriere ai sensi della citata norma.
- 9. Quanto sopra osservato si correla al precedente che, in fattispecie opposta a quella in esame e non del tutto correttamente richiamata dalla sentenza impugnata, chiarisce come gli oneri dichiarativi gravanti sul terzo tesoriere, in quanto ausiliare del giudice, riguardano solo i rapporti interni tra questo e il suo creditore in stretto riferimento all’oggetto del pignoramento (esistenza di un debito verso il suo creditore), mentre gravano sul creditore procedente quelli relativi al soggetto debitore. Ed invero, questa Corte ha già affermato che in tema di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali avente ad oggetto somme giacenti presso il tesoriere, questi, in quanto ausiliare del giudice, ha certamente il dovere di precisare nella dichiarazione prevista dall’art. 547 cod. proc. civ. se esistono presso di lui somme di cui è debitore verso l’ente locale, nonché quale ne è la condizione in rapporto alla delibera di destinazione a lui notificata ed ai pagamenti successivi; in caso di assenza dell’ente locale debitore, il giudice, sulla base di tale dichiarazione e della documentazione depositata, può, anche d’ufficio, dichiarare la nullità del pignoramento, ove accerti che è caduto su somme destinate alle finalità di cui all’art. 159, comma 2, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, che le stesse sono contemplate dalla delibera di preventiva quantificazione adottata dall’organo esecutivo e notificata al tesoriere, di cui al successivo comma 3, ed altresì che non sussiste la condizione preclusiva dell’impignorabilità delle somme prevista dalla sentenza della Corte costituzionale n. 211 del 2003 – emissione, dopo l’adozione della delibera indicata e la relativa notificazione al soggetto tesoriere dell’ente locale, di mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell’ente stesso – ( Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23727 del 16/09/2008). In tal differente caso, il creditore procedente che intende far valere l’inefficacia del vincolo di destinazione può proporre opposizione agli atti esecutivi, e nel relativo giudizio è suo onere allegare gli specifici pagamenti per debiti estranei eseguiti successivamente alla delibera, mentre, in base al principio della vicinanza della prova, spetta all’ente locale provare che tali pagamenti sono stati eseguiti in base a mandati emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico.
- 10. Nel caso che occupa questo Collegio, invece, la corte di merito ha inteso onerare il terzo – che non riveste la qualità di tesoriere – di valutazioni fattuali e giuridiche che non possono rientrare tra i suoi oneri informativi, essendo egli del tutto estraneo al rapporto di tesoreria considerato nel precedente sopra richiamato, per quanto detentore e debitore di somme di spettanza dell’ente territoriale. Le informazioni sul rapporto di tesoreria e sui vincoli di legge conseguenti, difatti, si pongono al di fuori della sfera di conoscibilità del terzo detentore di somme dell’ente territoriale individuate dal creditore procedente, essendo egli tenuto alla dichiarazione di scienza sopra indicata che pone, in ogni caso, il giudice dell’esecuzione – come si è visto – nella migliore condizione di valutare la validità del vincolo apposto con il pignoramento presso terzi di somme spettanti all’ente territoriale.
- 11. Conclusivamente il ricorso va accolto con cassazione della sentenza; decidendo nel merito, la Corte respinge la domanda del Comune di Cosenza nei confronti di Poste Italiane s.p.a., disponendo la restituzione di quanto eventualmente versato a tal titolo; compensa le spese tra le parti in ragione dell’esito contrastante dei giudizi di merito e di quello di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza e, decidendo nel merito, respinge la domanda del Comune di Cosenza nei confronti di Poste Italiane s.p.a., disponendo la restituzione di quanto eventualmente versato in forza della sentenza impugnata; compensa le spese tra le parti in ragione dell’esito contrastante dei giudizi. Così deciso in Roma, il 03/06/2024. Il Presidente GIACOMO TRAVAGLINO