MERITOCRAZIA: E’ POSSIBILE ANDARE OLTRE IL CARCERE?

Honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere” (Ulpiano, introduzione ai Libri Terribiles dedicati al diritto penale del Digesto Giustinianeo).

Nel discutere del Carcere come istituzione, di solito si fa riferimento all’opportunità o no di approvare provvedimenti che, per l’immancabile stato di eterna urgenza, rappresentano meri palliativi rispetto a problematiche complesse legate alla c.d. pena detentiva inframuraria. L’argomento va affrontato in maniera più coraggiosa. L’interrogativo che bisogna porsi è: è possibile andare oltre il carcere? Semplificando, la pena svolge, o dovrebbe svolgere, più funzioni, tutte fondamentali: retributiva, preventiva, rieducativa. Le funzioni retributiva e preventiva dovrebbero essere realizzate mediante la privazione della libertà, mentre la funzione rieducativa, che dovrebbe accompagnare e far parte del percorso del detenuto, è data dal lavoro, anche introspettivo, che il detenuto svolge nella sua realtà in carcere. Ma non può trascurarsi quello che sarà il suo futuro oltre il carcere. A questo si presta poca attenzione. Ciò considerato, vale chiedersi: è possibile superare l’idea della pena come privazione della libertà personale, ovvero del carcere come unico (o quasi) luogo ove scontare la pena? Esistono alternative  che possano contestualmente garantire sicurezza sociale e certezza della pena? Michel Foucault, in ‘Sorvegliare e punire. Nascita della prigione’, si interroga sull’origine di quella strana pratica che pretendeva di rinchiudere, di imprigionare per correggere, e analizza l’idea del carcere ideale, panopticon, progettato dal filosofo Jeremy Bentham, che, grazie alla forma radiocentrica dell’edificio consente a un solo guardiano di osservare tutti i detenuti, senza che questi possano percepirlo. Ebbene, il Carcere funge da centro di potere e controllo del detenuto, perché scandisce ogni momento della sua vita, sottrae libertà e tempo, ma serve anche a nascondere il singolo dalla società, che resta all’oscuro di tutte le problematiche sottese alla detenzione. I detenuti vivono in un mondo sommerso, quasi inesistente, talmente sconosciuto da essere accettabile ed accettato quale unica alternativa o rimedio alla commissione di un fatto-reato. ALogo conti fatti, però, il Carcere non ha mai davvero svolto la sua funzione rieducativa/risocializzante; al contrario, ha sempre rappresentato una fucina per la criminalità, soprattutto, organizzata, che all’interno delle strutture trova terreno fertile per trasmettere la subcultura mafiosa e, conseguentemente, a trovare seguito e fidelizzati. Con coraggio, bisognerebbe mutare approccio. Perché la pena, conseguenza della violazione di legge, possa davvero fornire una seria alternativa alla vita criminale e restituire la libertà al condannato e un cittadino alla società. Per questo si potrebbe pensare di: – sostituire la pena della detenzione domiciliare per le ipotesi nelle quali è attualmente prevista quella dell’arresto; – prevedere l’applicazione automatica della detenzione domiciliare, anche nella eventuale fase cautelare, per tutti i delitti puniti con la pena della reclusione nel massimo edittale fino a 6 anni, a condizione che si acconsenta al controllo elettronico a distanza; a svolgere lavori socialmente utili per un periodo non inferiore ad un terzo della pena da scontare; e a partecipare ad attività di educazione alla legalità; – delegare il controllo dei detenuti, posti ai domiciliari, alla Polizia Penitenziaria, così liberando le altre Forze di Polizia da tali gravose incombenze, in favore di un maggiore controllo del territorio. La partecipazione ad attività di educazione alla legalità è di importanza fondamentale poiché serve da spinta propulsiva contraria, possibilmente di forza superiore a quella che il detenuto possa aver ricevuto all’interno di un carcere, ad ogni indottrinamento criminale, ma serve anche a colmare eventuali lacune di educazione etica di provenienza familiare, ambientale e sociale. Il controllo elettronico a distanza dei detenuti, posti ai domiciliari, soddisferebbe, tra l’altro, i principi della certezza della pena e della sicurezza sociale: il detenuto, infatti, sconterebbe la condanna nel luogo di esecuzione della pena e al contempo si avrebbe sempre la sicurezza, in tempo reale, che il detenuto si trovi in tale luogo. Opportuno, infine, prevedere la sostituzione con la detenzione in carcere quando il comportamento del condannato risulti incompatibile con la pena domiciliare a causa di violazioni gravi e continuate, nell’ipotesi di nuovi reati commessi durante la detenzione domiciliare e nelle ipotesi previste dal Codice Penale, Libro I, Titolo IV, Capo II, e si dovrebbe escludere la detenzione domiciliare per i reati di associazione di tipo mafioso anche straniere ed associazioni finalizzate al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope; produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope, aggravati dall’ingente quantità; scambio elettorale politico-mafioso; reati commessi avvalendosi delle condizioni delle associazioni mafiose ovvero per agevolare le dette associazioni; sequestro di persona a scopo di estorsione; deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; maltrattamenti in famiglia commessi in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità; atti persecutori (stalking) commessi in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, oppure commessi con armi o da persona travisata; prostituzione minorile; pornografia minorile; violenza sessuale di gruppo; violenza sessuale; atti sessuali con minorenne; detenzione di materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto; adescamento di minorenni; corruzione di minorenne; iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile; acquisto o vendita di schiavi; immigrazione clandestina; riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù; tratta di persona; produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope, aggravati dall’ingente quantità. Il Carcere rappresenta un costo enorme per le casse dello Stato, costo destinato a crescere con l’inevitabile incremento della popolazione carceraria. Allo stato è già necessario realizzare nuove strutture e assumere nuovo personale. Ma, stante il ridotto ricorso a pene alternative, il sovraffollamento carcerario, con tutto quello che comporta in termini di compressione della dignità di vita dei singoli, è problema destinato a restare insoluto.

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Direttore: Avv. Angelo RUBERTO

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