PULIRE DEIEZIONI DI ANIMALI SENZA SALVAGUARDARE I VICINI E’ REATO di Mariacristina MODONI

Pulire le deiezioni degli animali, senza salvaguardare i vicini, è reato.  Il vicino non può lavare gli escrementi dei piccioni facendo scorrere l’acqua verso il dirimpettaio. 

I piccioni torraioli sono nocivi alla salute del patrimonio immobiliare perché imbrattano gli edifici e i monumenti con le loro deiezioni altamente corrosive, anche se la normativa sulla fauna selvatica – patrimonio indisponibile dello Stato – li protegge impedendone la cattura, l’avvelenamento o l’uccisione, e ammette unicamente che l’uomo li catturi o li cacci per difendere i fabbricati. Con la legge n.157 dell’11 febbraio 1992, articolo 2, emanata in materia di tutela ambientale e di ecosistema, si è infatti disposto che “fanno parte della fauna selvatica”, e sono oggetto di tutela, “le specie di mammiferi e uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di libertà naturale nel territorio nazionale”. Sta di fatto che nei centri abitati i piccioni inselvatichiti sono ritenuti responsabili, in molti casi, di sporcare marciapiedi, edifici e monumenti storici e artistici con le loro deiezioni, come con le loro carcasse, ma anche di causare danni alle produzioni agricole o di interferire col traffico aeroportuale. E per quanto riguarda la salute dell’uomo? Cosa accade in ordine alla tutela dei livelli igienico-sanitari? Le vicende umane connesse alla difficoltà di trovare un equilibrio tra l’ambiente urbano e la densità dei piccioni urbanizzati si rilevano nelle sentenze emesse dai diversi Tribunali, e – fra queste – quella del Tribunale di Trapani che in data 11.11.2019 condannava la sig.ra Caia alla pena di 100,00 di ammenda ritenendola responsabile della contravvenzione di cui all’art. 674 c.p. , per aver gettato acqua fuori dall’uscio della propria abitazione al fine di allontanare gli escrementi di piccioni presenti sulla strada, e per averli trascinati con una scopa dinanzi alla porta della vicina sig.ra Tizia, sfruttando la pendenza naturale del manto stradale. Una fattispecie giunta alla valutazione degli Ermellini, i quali hanno condannato la responsabile ai sensi dell’art. 674 del codice penale in quanto “il bene giuridico tutelato è costituito dalla polizia di sicurezza a presidio dell’incolumità pubblica, relativamente all’interesse di prevenire i nocumenti più o meno gravi alle persone, derivanti dal getto o versamento di cose atte ad offendere, imbrattare o molestare o turbare la tranquillità”. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, per configurarsi il reato di pericolo ex art. 674 c.p. è sufficiente l’espletamento di una condotta concretamente idonea al nocumento dell’interesse salvaguardato, senza che ne occorra l’offesa effettiva. (Cass. Sez. III  sentenza n.° 25175 dell’11.05.2007; Cass. Sez. III sentenza n. 46846 del 10.11.2005; Cass. Sez. III sentenza n. 35885 del 27.09.2006). Ciò premesso, la Suprema Corte ha chiarito che il reato di “getto pericoloso di cose” non è – ovviamente – costituito dall’acqua, ma da ciò che l’acqua porta con sé, ossia dagli escrementi dei piccioni, trascinati dalla forza motrice dell’acqua stessa e della scopa e pertanto “non può non rilevarsi che la condotta in esame, sebbene abbia interessato la pubblica via, e segnatamente la parte antistante la porta di ingresso della vicina, era destinata a recare nocumento sotto forma quanto meno di molestia per chi in quella abitazione risiede stabilmente”. E allora? Come la mettiamo con i piccioni?  Mentre la LIPU – Lega Italiana Protezione Uccelli – sostiene che questi volatili non causano particolari pericoli, a patto di lavare bene le mani e i cibi che con loro possono essere venuti a contatto, di diverso avviso è l’ANMVI – Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani, la quale evidenzia come il piccione possa ospitare tra le sue penne parassiti, quali le zecche, che possono diventare causa di diffusione di microrganismi in grado di contaminare alimenti o superfici di contatto. Pericoli o no, molestia o no, i piccioni non sembrano essere graditi, e a quanto pare non c’è acqua che tenga. Con buona pace degli animalisti, e delle stesse norme di tutela della specie, che devono e dovranno confrontarsi con i problemi di degrado ambientale e igienico-sanitario, oltrechè – a quanto pare – con le disposizioni del codice penale. (Mariacristina Modoni, avvocato del Foro di Brindisi)

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Redazione

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