WHATSAPP: FOTO IN DIVISA PER FATTI PRIVATI

Utilizzo, da parte del militare, della messaggistica WhatsApp con propria fotografia in divisa per fatti privati. 

Militari, forze armate e di polizia – Procedimenti disciplinari – Sanzione – Utilizzo della messaggistica wattsapp con uniforme militare –  Per fatti privati – Legittimità.      E’ legittima la sanzione disciplinare comminata al militare che ha utilizzato la messaggistica WhatsApp, con propria fotografia in divisa, per fatti privati. ​​​​​

Ha chiarito il Tribunale Amministrativo Regionale  che l’art. 720, comma 2, lett. b, D.P.R.  15 marzo 2010, n. 90  vieta al militare l’uso dell’uniforme nello svolgimento delle attività private. Benchè l’applicativo whatsapp sia strumento telematico di comunicazione a distanza di natura privata (Cass. 10 settembre 2018, n. 21965; Trib. Parma 7 gennaio 2019) e non già un vero e proprio social network destinato ad una pluralità di persone, la condotta serbata dal militare appare comunque illecita e incompatibile con lo status di militare, non risultando verosimile l’invocata esimente della finalità di garantire la propria affidabilità personale.  Il Tar ha però ritenuto non ragionevole e proporzionata rispetto alla condotta l’inflitta sanzione della sospensione dal servizio per due mesi. E’ noto che in tema di sanzioni disciplinari per impiegati delle forze armate, l’amministrazione dispone di un’ampia sfera di discrezionalità nell’apprezzamento della gravità dei fatti e nella graduazione della sanzione disciplinare (Cons. Stato, sez. III, 13 ottobre 2020, n. 6150) fermo però restando che l’applicazione della misura afflittiva deve conformarsi a parametri di ragionevolezza e proporzionalità rispetto alla rilevanza dell’illecito ascritto; di conseguenza, se normalmente il giudice amministrativo non può sostituire la propria valutazione a quella della competente autorità amministrativa, sono però fatti salvi i limiti della manifesta irragionevolezza e/o arbitrarietà della valutazione dell’autorità procedente (Tar Palermo, sez. I, 3 maggio 2019, n. 1234Tar Piemonte, sez. I, 3 aprile 2018, n.399Tar Liguria, sez. II, 16 febbraio 2018, n. 158). Nella specie, la sanzione della sospensione dal servizio irrogata al militare, tenuto conto dei fatti concretamente oggetto dell’addebito, appare manifestamente illogica, tenuto conto della dinamica dei fatti e della natura pur sempre privata del contesto in cui è stata realizzata la condotta, fermo restando – come detto – la sua rilevanza disciplinare. A diverse conclusioni si giungerebbe in ipotesi di avvenuta diffusione pubblica delle immagini del militare in uniforme al fine di promuovere l’attività di vendita di cani, in ipotesi certamente gravemente lesiva dell’immagine e del decoro delle Forze armate (Cons. Stato, sez. III, 21 febbraio 2014, n. 848) diffusione si ribadisce tuttavia non contestata in sede di addebito disciplinare né tantomeno dimostrata dall’Amministrazione.  (TAR Bologna, Sezione I del 18 febbraio 2021 n. 124)

Art.  720  Codice Ordinamento Militare:  Uniforme
1. L’uniforme indica la Forza armata, il corpo, il grado dei militari, e, talvolta, le loro funzioni e
incarichi.
2. Le stellette a cinque punte, distintivo peculiare dell’uniforme militare, sono il simbolo comune
dell’appartenenza alle Forze armate.
3. Apposite norme prescrivono la composizione, la foggia e l’uso dell’uniforme, che il militare non
deve in alcun caso modificare o alterare, e i casi in cui e’ obbligatorio indossarla.
4. Il militare deve avere cura particolare dell’uniforme e indossarla con decoro.
5. L’uso dell’uniforme e’ vietato al militare:
a) quando e’ sospeso dall’impiego, dal servizio o dalle funzioni del grado;
b) nello svolgimento delle attivita’ private e pubbliche consentite

Art. 894 Codice Ordinamento Militare – Incompatibilità professionali: “La professione di militare è incompatibile con l’esercizio di ogni altra professione, salvo i casi previsti da disposizioni speciali. E’ altresì incompatibile l’esercizio di un mestiere, di un’industria o di un commercio, la carica di amministratore, consigliere, sindaco o altra consimile, retribuita o non, in società costituite a fine di lucro”.

SENTENZA n. 124 del 2021 I^ Sezione TAR Emilia Romagna: 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna – Sezione I^

ha pronunciato la presente,  SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 818 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Emanuel Tranchino e Francesco Poliselli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, ivi domiciliataria ex lege, via A. Testoni 6;

per l’annullamento

  1. A) del Decreto Dirigenziale n° M_D GMIL REG2018 0440928 del 31.07.2018, mediante il quale è stata disposta la sospensione disciplinare dall’impiego per mesi due nei confronti del ricorrente;
  2. B) di ogni atto connesso, consequenziale o presupposto, ivi compresi pareri, proposte, valutazioni.

NONCHE’ PER LA CONDANNA

alla restituzione della parte di assegni a carattere fisso e continuativo illegittimamente decurtata, nonché al computo totale del tempo trascorso in sospensione ai fini pensionistici e dell’anzianità di servizio.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2021 il dott. Paolo Amovilli e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137 ;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.-Espone l’odierno ricorrente, Caporale Maggiore dell’Esercito in servizio presso l’Accademia Militare di Modena di esser stato sottoposto a procedimento disciplinare per il seguente addebito “ in data 27.05.2017, procedeva alla vendita di un cucciolo di razza Bouledogue Francese, in palese violazione delle norme che, al fine di prevenire il traffico illecito di animali da compagnia, stabiliscono l’obbligo, in capo al detentore di cani, di identificare e registrare l’animale in possesso mediante microchip prima di procedere alla vendita dello stesso. Peraltro, per il buon esito della vendita e a garanzia della propria serietà, il -OMISSIS-precisava di essere un militare ed inviava delle foto che lo ritraevano in mimetica;- proponeva regolarmente, tramite un noto sito internet, un elevato numero di pubblicazioni recanti la vendita di cuccioli di varie razze in diverse città d’Italia, lasciando come riferimento un’utenza mobile intestata all’Accademia Militare di Modena”.

Il -OMISSIS-veniva indagato per i reati di cui agli artt. 640 e 485 c.p. ma l’azione veniva archviata dalla Procura di Nola.

Il procedimento disciplinare invece si concludeva con la sanzione della sospensione dal servizio di due mesi così motivata “Graduato dell’Esercito, in Modena, il 27.05.2017, procedeva alla vendita di un cucciolo di razza Bouledogue Francese in violazione delle norme che, al fine di prevenire il traffico illecito di animali da compagnia, stabiliscono l’obbligo, in capo al detentore di cani, di identificare e registrare l’animale in possesso mediante microchip prima di procedere alla vendita dello stesso. Il -OMISSIS-, che proponeva regolarmente tramite un noto sito internet un elevato numero di pubblicazioni recanti la vendita di cuccioli di varie razze in diverse città italiane, peraltro, per il buon esito della vendita e a garanzia della propria serietà, precisava di essere un militare ed inviava delle foto che lo ritraevano in mimetica. Il Graduato, con tale grave comportamento, ha disatteso fortemente i doveri propri dello stato di militare nonché quelli attinenti al giuramento prestato, al grado rivestito, al senso di responsabilità e al contegno che ogni militare deve tenere in qualsiasi circostanza”.

Con il ricorso in esame il -OMISSIS-ha impugnato la suesposta sanzione, deducendo motivi così riassumibili: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 1355 DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 66/2010, IN COMBINATO CON L’ART. 1357 DEL MEDESIMO DECRETO LEGISLATIVO. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO ED ERRONEA VALUTAZIONE DEI FATTI: l’esibizione della divisa sarebbe avvenuta solo su whatsapp nell’ambito di una conversazione privata al solo fine di rassicurare la promissaria acquirente circa la propria affidabilità; l’addebito sarebbe comunque del tutto estraneo all’assolvimento dei compiti istituzionali delle Forze Armate; il ricorrente non avrebbe mai divulgato su siti web o social network la vendita di cuccioli né tantomeno il suo status di militare; risulterebbe leso il diritto alla vita privata ex art.. 2 Cost.

Si è costituito il Ministero della Difesa eccependo l’infondatezza del gravame poiché in sintesi:- il -OMISSIS-avrebbe svolto attività non occasionale di vendita di cuccioli sul sito web “subito.it” esercitando cioè una vera e propria attività commerciale, non consentita al militare ex art. 894 TUOM ; – sarebbe stato violato anche il divieto di uso in privato dell’ uniforme codificato dall’art. 720 c. 2 lett. b d.P.R. 90/2010.

Con memoria di replica il ricorrente ha stigmatizzato il tentativo dell’Amministrazione di integrazione in via postuma della motivazione, evidenziando come la sanzione inflitta ha ad oggetto il singolo comportamento ovvero la singola vendita del cane di razza Bouledogue e non condotte plurime; sarebbero dunque estranei al procedimento disciplinare per cui è causa gli ulteriori annunci di vendita di cani peraltro non accompagnati dalla pubblicazione di foto in divisa così come lo stesso esercizio di attività a carattere commerciale.

All’udienza pubblica del 10 febbraio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell’art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137 ;

DIRITTO

1.-E’ materia del contendere la legittimità della sanzione disciplinare della sospensione di due mesi dal servizio disposta dal Ministero della Difesa nei confronti dell’odierno ricorrente Caporal Maggiore dell’Esercito in servizio presso l’Accademia Militare di Modena.

L’Amministrazione ha ravvisato nella descritta vendita del cucciolo la violazione dell’obbligo, in capo al detentore di cani, di identificare e registrare l’animale in possesso mediante microchip oltre che la pubblicazione in occasione di tal vendita di immagini del militare in uniforme, con grave violazione dei doveri propri dello status di militare nonché attinenti al giuramento prestato.

  1. – Il ricorso è fondato, nei limiti appresso indicati.
  2. – In punto di fatto va evidenziato come dalla piana lettura dell’addebito disciplinare e della sanzione inflitta, la condotta contestata al -OMISSIS-sia circoscritta al singolo episodio ovvero alla vendita di un cucciolo in violazione dell’obbligo, in capo al detentore di cani, di identificare e registrare l’animale in possesso mediante microchip. E’ altresì contestata in tale occasione l’utilizzo di foto in uniforme allegata a conversazione tramite l’applicativo whatsapp.

Non vi è espresso cenno dell’avvenuto uso o pubblicazione in altre occasioni o trattative private di vendita dell’immagine in divisa del ricorrente, vietata dall’art. 720 d.P.R. 90/2010 né della violazione dell’art. 894 TUOM in tema di violazione del dovere di esclusività da parte del militare (di carattere pressoché assoluto vedi di recente Consiglio di Stato sez. IV, 23 marzo 2017, n.1317).

A ben vedere nella relazione finale dell’inchiesta disciplinare depositata in giudizio vi è un espresso riferimento anche alla violazione dell’art. 894 TUOM, tuttavia come detto non oggetto di addebito né della sanzione gravata.

Anche volendo per ipotesi ricomprendere nell’addebito le suesposte condotte, rimane completamente indimostrata dall’Amministrazione, come suo onere in sede disciplinare (Consiglio di Stato sez. III, 12 settembre 2016, n.3843) l’avvenuta pubblicazione di immagini del ricorrente in uniforme nei social network e/o in siti web di annunci per la vendita di animali.

  1. – Ciò premesso ritiene il Collegio nella fattispecie in esame di non poter valutare tali condotte, potenzialmente illecite e sanzionabili, in quanto non oggetto di specifica contestazione, per il fondamentale principio di corrispondenza tra addebito contestato e addebito posto a fondamento della sanzione disciplinare, che vieta di infliggere una sanzione sulla base di fatti diversi da quelli contestati (ex multisCassazione civile sez. lav., 25 marzo 2019, n. 8293) per elementari ragioni di tutela del diritto di difesa.

Venendo dunque alla singola condotta oggetto dell’addebito e della sanzione, è pacifico che il ricorrente abbia nel corso della trattativa per la vendita pubblicato tramite l’applicativo whatsapp una sua foto in divisa, al fine – a suo dire – di rassicurare la potenziale acquirente (di sesso femminile) circa l’affidabilità personale del venditore. Sostiene la difesa del ricorrente la piena liceità di siffatta condotta peraltro attinente a fatto posto in essere al di fuori del servizio ricoperto e nel contesto di una conversazione assolutamente privata.

Si tratterebbe cioè di illecito extrafunzionale riconducibile al dovere generico di correttezza nella vita privata, essendo il ricorrente stato comunque assolto in sede penale dall’imputazione per truffa, passibile tuttalpiù di responsabilità ex art. 1218 c.c. per inadempimento contrattuale nei confronti della parte acquirente.

  1. – Non ritiene il Collegio di poter condividere tale assunto.

L’art. 720 c. 2 lett. b del d.P.R. 15 marzo 2010 n. 90 “Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare” vieta al militare l’uso dell’uniforme nello svolgimento delle attività private.

Benchè l’applicativo whatsapp sia strumento telematico di comunicazione a distanza di natura privata (Cassazione 10 settembre 2018 n. 21965; Tribunale Parma 7 gennaio 2019) e non già un vero e proprio social network destinato ad una pluralità di persone, la condotta serbata dal ricorrente appare comunque illecita e incompatibile con lo status di militare, non risultando verosimile l’invocata esimente della finalità di garantire la propria affidabilità personale.

  1. – Ciò premesso, non ritiene tuttavia il Collegio l’inflitta sanzione della sospensione dal servizio per due mesi ragionevole e proporzionata rispetto alla condotta.

E’ noto che in tema di sanzioni disciplinari per impiegati delle forze armate, l’amministrazione dispone di un’ampia sfera di discrezionalità nell’apprezzamento della gravità dei fatti e nella graduazione della sanzione disciplinare (ex multis Consiglio di Stato sez. III, 13 ottobre 2020, n.6150) fermo però restando che l’applicazione della misura afflittiva deve conformarsi a parametri di ragionevolezza e proporzionalità rispetto alla rilevanza dell’illecito ascritto; di conseguenza, se normalmente il giudice amministrativo non può sostituire la propria valutazione a quella della competente autorità amministrativa, sono però fatti salvi i limiti della manifesta irragionevolezza e/o arbitrarietà della valutazione dell’autorità procedente (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 3 maggio 2019, n.1234¸ T.A.R. Piemonte sez. I, 3 aprile 2018, n.399; T.A.R. Liguria sez. II, 16 febbraio 2018, n.158).

Nella specie, la sanzione della sospensione dal servizio irrogata al militare, tenuto conto dei fatti concretamente oggetto dell’addebito, appare manifestamente illogica, tenuto conto della dinamica dei fatti e della natura pur sempre privata del contesto in cui è stata realizzata la condotta, fermo restando – come detto – la sua rilevanza disciplinare.

A diverse conclusioni si giungerebbe in ipotesi di avvenuta diffusione pubblica delle immagini del militare in uniforme al fine di promuovere l’attività di vendita di cani, in ipotesi certamente gravemente lesiva dell’immagine e del decoro delle Forze Armate (vedasi Consiglio di Stato sez. III, 21 febbraio 2014, n. 848) diffusione si ribadisce tuttavia non contestata in sede di addebito disciplinare né tantomeno dimostrata dall’Amministrazione.

  1. – Alla luce delle suesposte considerazioni è fondata la dedotta doglianza di eccesso di potere.

8.- Conclusivamente il ricorso è fondato e va accolto, con l’effetto dell’annullamento della sanzione e salvezza del riesercizio del potere disciplinare in conformità ai criteri di cui in motivazione.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite, in considerazione della particolarità della fattispecie.

P.Q.M.:

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna Bologna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto annulla la sanzione impugnata.

Spese compensate. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2021 tenutasi da remoto mediante videoconferenza con l’intervento dei magistrati: Andrea Migliozzi, Presidente, Umberto Giovannini, Consigliere, Paolo Amovilli, Consigliere, Estensore

 

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