NAVI ABBANDONATE NEI PORTI: Viene definito relitto navale “una nave affondata, o qualsiasi parte di una nave affondata, incluso qualsiasi oggetto che è, o che è stato, a bordo della nave, o una nave semiaffondata o che si possa ragionevolmente prevedere che stia per affondare”, mentre si considera abbandonata “qualsiasi nave per la quale l’armatore e l’eventuale proprietario, decorsi trenta giorni dalla diffida dell’autorità marittima/portuale, non ponga in essere alcun atto, previsto dalla legge, relativamente agli obblighi verso lo Stato costiero, il raccomandatario marittimo e l’equipaggio. Nelle banchine dei porti italiani sono molte le navi abbandonate/semiaffondate, che costituiscono anche intralcio sia per l’attività portuale, risultando spesso nell’improduttiva occupazione di banchine altrimenti operative ma, anche una minaccia per la sicurezza della navigazione, per la sicurezza portuale in genere e per l’ambiente marino. La materia è disciplinata oltre che dalle norme del codice della navigazione e dalle leggi speciali in materia, anche dal Reg. UE n. 1257/2013 relativo al riciclaggio delle navi. La Legge di Bilancio 2021 (L. 178 del 2020), appena approvata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 322 del 30.12.2020 si è occupato dell’annosa questione delle navi abbandonate nei porti, prevedendo un fondo destinato alla loro rimozione. Il fondo avrà una dotazione finanziaria di 12 milioni di euro (2 milioni per il 2021 e 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023). Della questione se ne è occupato Matteo Bianchi, responsabile Dipartimento Nazionale Economia del Mare (PD): “Uno dei problemi che affligge i porti italiani, limita l’operatività di scali e banchine e costituisce anche una minaccia per la sicurezza della navigazione e dell’ambiente marino è il problema delle navi abbandonate. Navi che restano in porto per anni, spesso semiaffondate. Rintracciare l’armatore è quasi impossibile, quando non lo è si è legati all’attesa dei tempi della giustizia in diversi paesi del globo e a pagarne le conseguenze sono i porti e i mari italiani. Da tempo Assoporti chiede strumenti giuridici che chiariscano la competenza per intervenire a risoluzione di questo problema. Come Partito Democratico abbiamo proposto per la legge di bilancio una norma che istituisce un fondo che aiuti le Autorità di Sistema Portuale a bandire gare per la rimozione di tali navi per venderle nei casi in cui sia possibile o farle demolire. Con l’approvazione definitiva della legge di bilancio e la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la nostra proposta è diventata legge. Il fondo ha risorse per 12 milioni di euro, coprirà il 50% delle spese sostenute dalle AdSP, per cui potrà attivare investimenti per 24 milioni su tre anni. Il ricavato della vendita della nave o dei rottami andrà ad integrare il fondo così da poter rimuovere ulteriori navi abbandonate. Una quota di questo fondo sarà destinata al naviglio radiato della Marina Militare che si trova negli arsenali di Taranto, La Spezia e Augusta. È un sostegno importante per aiutare la nostra Marina a smaltire in piena sicurezza e rispetto dell’ambiente navi e sommergibili non più utili e spesso a rischio affondamento negli arsenali. L’effetto di questa norma sarà quindi quello di liberare gradualmente i nostri porti dalle navi abbandonate e proteggere l’ambiente marino. Ma potrà avere anche l’effetto di trasformare relitti in rottami che diventeranno appetibili forniture per le acciaierie italiane, oggi costrette ad importarne. Si torna ad investire su questo settore dopo moltissimi anni. Infatti dopo la seconda guerra mondiale i porti italiani erano invasi di navi abbandonate e relitti, le costanti risorse destinate nel dopoguerra per demolirle hanno portato efficienza ai porti e hanno sostenuto lo sviluppo di un’industria nazionale delle demolizioni navali, poi quasi interamente smantellata. D’altro canto le ONG denunciano le condizioni in cui avvengono oggi le demolizioni navali nel Sud-Est asiatico, con le navi spiaggiate e demolite poco più che a mano, con grave pregiudizio per ambiente e vite umane. Ma anche nel Mediterraneo, cantieri extra UE stanno lavorando a pieno regime, con requisiti ambientali e di sicurezza che talvolta appaiono poco più che formali. Dopo che l’UE ha imposto norme vincolanti per la demolizione delle navi, si può riaprire per l’Italia un’occasione industriale. Dobbiamo intercettare questa opportunità nel migliore dei modi, creando le condizioni affinché nel nostro Paese la sostenibilità economica vada di pari passo con la sostenibilità ambientale e il rispetto del lavoro”.
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