Più di mille, tra militari e civili della Marina italiana nel corso degli ultimi 20 anni si sarebbero ammalati a causa dell’amianto di cui sono imbottite le navi. Tra le patologie più comuni, ci sono il mesotelioma pleurico e altre malattie correlate alla fibra killer. Già il 16 marzo 2019, con una sentenza storica la Marina Militare era stata ritenuta responsabile della morte di due marinai a causa dell’amianto “respirato” sulle navi. Anche ad Augusta un dipendente civile del Ministero della Difesa, è morto a causa delle polveri d’amianto respirate nelle sale macchina delle navi e nelle officine dell’Arsenale della Marina Militare di Augusta. Il ministero della Difesa dovrà dovrà risarcire i suoi familiari con un maxi risarcimento di un milione e 480mila euro. Così ha stabilito il giudice del lavoro di Siracusa con una sentenza pronunciata il 19 febbraio scorso, sentenza oggi passata in giudicato, che non era stata nemmeno appellata. L’uomo – come risulta dagli atti del procedimento – lavorava sia nelle sale macchina delle navi della Marina militare, che nelle officine a terra, come “conduttore di caldaie” ed era sempre a contatto diretto con l’amianto in luoghi chiusi e non aerati. Ed infatti nel 2015 – quando era già in pensione – gli era stato diagnosticato un adenocarcinoma polmonare che nel giro di appena due 2 anni lo aveva portato alla morte. Il giudice del lavoro di Siracusa, scrive in sentenza che «la parte ricorrente ha pienamente provato la nocività dell’ambiente di lavoro, l’esistenza del danno nonché il nesso eziologico tra il decesso e la patologia (adenocarcinoma polmonare) contratta nell’ambiente di lavoro in seguito ad esposizione ad amianto…». «… Orbene, tenuto conto della natura e della particolare intensità del legame tra vittime secondarie (coniuge e figli del defunto) e vittima primaria (il lavoratore defunto), nonché del massimo sconvolgimento della vita familiare determinato dalla perdita di uno strettissimo congiunto appare equo liquidare a ciascuno dei ricorrenti l’importo massimo di euro 331.920». «È un’altra importante sentenza con la quale si rende giustizia alle vittime del cancro che sono innumerevoli in questo territorio – ha commentato soddisfatto l’avvocato Salvatore Runza del Foro di Catania che ha patrocinato la causa -, e riguardano sia gli ex lavoratori della zona portuale sia soprattutto i lavoratori del Polo Petrolchimico siracusano. Questa decisione ha una forte valenza simbolica, perché dà coraggio ai tantissimi cittadini che soffrendo in silenzio non hanno mai trovato la forza di agire in giudizio per i riconoscimento dei loro sacrosanti diritti, probabilmente scoraggiati dalla grandezza e dalla potenza dell’avversario. Ecco, finalmente, con sentenze come queste è dimostrato che se qualcuno sbaglia, anche se grande e potente, può e deve risarcire».
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