ILLEGITTIMI I DPCM: LO DICHIARA IL TRIBUNALE DI ROMA

Il Tribunale di Roma, Sezione 6° Civile, nella ordinanza n. 45986 del 2020 R.G. del 16 dicembre 2020, volta a dirimere una controversia inerente la richiesta di convalida di sfratto per morosità di un esercizio commerciale nel periodo di emergenza Covid-19, è entrato appieno nella questione della pandemia dichiarando la piena illegittimità dei DPCM di Conte e del suo Governo.

Il Giudice romano spiega chiaramente che i DPCM hanno imposto la compressione dei diritti fondamentali degli Italiani in palese violazione della Carta Costituzionale.  “Appare evidente che la limitazione ai diritti fondamentali e costituzionalmente garantiti che si è verificata nel periodo di emergenza sanitaria è dovuta, quindi, non all’intrinseca diffusione pandemica di un virus ex se, ma alla adozione “esterna” dei provvedimenti di varia natura (normativi ed amministrativi) i quali, sul presupposto della esistenza di una emergenza sanitaria, hanno compresso o addirittura eliminato alcune tra le libertà fondamentali dell’Uomo, cosi come riconosciute sia dalla Carta Costituzionale che dalle Convenzioni Internazionali.

A dimostrazione di ciò, è notorio che le suddette libertà e diritti fondamentali siano stati incisi con modalità ed intensità diverse nei vari Paesi del globo terrestre ed alcuni Stati, come la Svezia, addirittura, si siano limitati a indicazioni e suggerimenti, senza imporre limiti al godimento dei diritti, quantomeno nel periodo iniziale. Punto indiscusso è che le libertà fondamentali degli individui siano state compresse attraverso un DPCM. Tale atto, come noto, non è di natura normativa, ma ha natura Amministrativa. Tale natura resta anche laddove un provvedimento avente forza di legge, preventivamente, lo “legittimi”, e sempre che tale legittimazione “delegata” sia attribuita nei limiti consentiti. Diverse ed autorevoli sono state le opinioni di coloro (per tutti i Presidenti Emeriti della Corte Costituzionale Baldassare, Marini, Cassese) che hanno levato la incostituzionalità del DPCM. Come già evidenziato da altra giurisprudenza (giudice di Pace di Frosinone) non può ritenersi che un DPCM possa porre limitazioni a libertà costituzionalmente garantite, non avendo valore a forza di legge.

Va rammentato infatti che con deliberazione del 31.1.2020 il Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, pubblicata in G.U. Serie generale n. 26 del 1.2.2020, ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale in conseguenza del rischio sanitario, derivante da agenti virali trasmissibili: “ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 7, comma 1, è dichiarato per sei mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili; 2) per l’attuazione degli interventi di cui all’articolo 25, comma2, lettere a) e b) …” Però, con le parole della succitata giurisprudenza ”Se si esamina la fattispecie richiamata dalla liberazione sopra citata si potrà notare che non si rinviene alcun riferimento di “rischio sanitario” da, addirittura, “agenti virali”. Infatti, l’articolo 7, comma 1, lettera c) del D. L.vo n. 1/18 stabilisce che “gli eventi emergenziali di protezione civile si distinguono: …. c) emergenze di rilievo nazionale connessi con eventi calamitosi di origine naturale o derivante dall’attività dell’uomo”. Sono le calamità naturali, cioè terremoti, valanghe, alluvioni, incendi ed altri; oppure derivanti dall’attività dell’uomo, cioè svernamenti, attività umane inquinanti e altri. Ma nulla delle fattispecie di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c) del D. L.vo n. 1/18 è riconducibile al “rischio sanitario”. A ciò è doveroso aggiungere, sempre con le parole del giudice sopra menzionato che i nostri Padri Costituenti hanno previsto nella Costituzione della Repubblica una sola ipotesi di fattispecie attribuita di poteri normativi peculiari ed è dello stato di guerra. Non vi è nella Costituzione italiana alcun riferimento ad ipotesi di dichiarazione dello stato di emergenza per rischio sanitario e come previsto neppure nel D. L.vo n. 1/18. In conseguenza la dichiarazione adottata dal Consiglio dei Ministri il 31.1.2020 è illegittima, perché emanata in assenza dei presupposti legislativi, in quanto nessuna fonte costituzionale o avente forza di legge ordinari attribuisce il potere al consiglio dei Ministri di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario.

Da ciò consegue la illegittimità di tutti gli atti amministrativi conseguenti. Anche i DPCM che disciplinano la cd. Fase 2 sono, ad avviso di questo giudicante, di dubbi costituzionalità poiché hanno imposto una rinnovazione delle limitazioni dei diritti di libertà che avrebbe invece richiesto un ulteriore passaggio in Parlamento diverso rispetto a quello che si è avuto per la conversione del decreto “Io resto a casa” e del “Cura Italia”(cfr. Marini). Si tratta pertanto di provvedimenti contrastanti con gli articoli che vanno dal 13 al 22 della Costituzione e con la disciplina dell’art. 77 Cost. Come rilevato da autorevole dottrina costituzionale. Inoltre, si aggiunge, anche se si ritenesse legittima la limitazione della libertà individuali sarebbe necessaria la specificazione di un termine all’interno dello stesso decreto del Presidente del Consiglio. Sul punto, però, anche la temporaneità del DPCM appare in realtà solo formale, come evidenziato di recente dalla giurisprudenza del TAR del Lazio.

Questo giudicante ritiene di dover aderire a tali progettazioni, con conseguente riscontro di un contrasto del DPCM con le disposizioni costituzionali. Come noto, tutti provvedimenti amministrativi devono essere motivati ai sensi dell’art. 3 legge 241 del 1990. A tale obbligo non sono sottratti neanche i DPCM. Orbene, nel corpo dei provvedimenti relativi alla emergenza epidemiologica, la motivazione è redatta in massima parte con la peculiarità tecnica della motivazione “per relationem, cioè con rinvio ad altri atti amministrativi e, in particolare (man non solo) ai verbali del Comitato Tecnico Scientifico (CTS). Tale tecnica motivatoria è in astratto ammessa e riconosciuta dalla giurisprudenza, ma richiede (eccettuato il caso di attività strettamente vincolata) che gli atti cui si faccia riferimento siano resi disponibili o comunque siano conoscibili. E’ fatto notorio (essendo anche stato oggetto di dibattito politico messo in risalto dai mass media) che alcuni di tali atti vengano resi pubblici con difficoltà, talvolta solo in parte, e comunque con una tempistica molto lunga, in alcuni casi addirittura prossima alla scadenza di efficacia del DPCM stesso. In un primo periodo, addirittura, i verbali dei CTS risultavano classificati come” riservati” ed è noto in proposito il dibattito contenzioso che ha portato alla loro pubblica ostensione. Successivamente tali verbali del CTS son o stati periodicamente pubblicati sul sito della Protezione Civile, ma con un ritardo tale da non consentire l’attivazione di una tutela giurisdizionale, in quanto troppo prossimi alla scadenza della efficacia. In concreto andrebbe invece chiaramete spiegato al fine di consentire un pieno sindacato giurisdizionale l’iter logico-motivazionale sotteso alla scelta: tra i tanti esempi di dettaglio possibile, perché la apertura dei bar e dei ristoranti possa avvenire nel rispetto della distanza di almeno un metro (e quella degli altri esercizi commerciali garantendo genericamente l’evitamento di assembramenti, con ciò ritenendole misure idonee a contenere la diffusione), mentre invece le scuole di ogni ordine e grado debbano restare chiuse per garantire il medesimo risultato. Inoltre andrebbe chiarito il perché di una classificazione uniforme del territorio nazionale (a fronte di dati statistici diversissimi, come ad esempio gli scarsissimi casi precedenti di Umbria e Calabria nel periodo di riferimento) al fine di verificare se il provvedimento risponda ai criteri minimi di rispetto della legittimità sotto il profilo sia motivatorio (violazione di legge) che di eccesso di potere per difetto di istruttoria ed illogicità. Ciò detto, va rilevato che le considerazioni sopra esposte possono essere agevolmente estese ai vari e numerosi DPCM che si sono succeduti. E’ indubbio infatti che il complessivo risultato dei DPCM sulla limitazione delle libertà e dei diritti fondamentali siano il frutto del combinato disposto e del coordinato risultato delle varie e singole disposizioni. Anche il combinato disposto di tali atti, tuttavia, consente di ritenere che tali casi i DPCM siano viziati da violazione della legge per difetto di motivazione, possibile sintomo di altri vizi quali l’eccesso di potere per difetto di istruttoria a contraddittorietà. I DPCM sono in realtà atti viziati da molteplici profili di illegittimità e, come tali, caducabili. Punto quindi indiscusso è che le libertà fondamentali degli individui siano state compresse attraverso un DPCM”. (di Mauro Tiboni, Fonte: agenziastampaitalia.it) 

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