RIFIUTARE, SOSPENDERE O RIDURRE I CANONI DI LOCAZIONE PER IMMOBILI COMMERCIALI IN TEMPI DI CORONAVIRUS?

E’ possibile per i conduttori, considerati i provvedimenti adottati dal Governo durante l’emergenza Covid 19, rifiutare, sospendere o ridurre il pagamento del canone di locazione per i locali adibiti ad uso commerciale? Non lo consentono gli artt. 65 e 91 del decreto legge  n. 18 del 2020 (“Decreto Cura Italia”). L’art. 65 permette solo ai conduttori di immobili rientranti nella categoria catastale C/1 una agevolazione consistente in un credito di imposta. Non lo consente l’art. 27, ultimo comma, Legge n. 392 del 1978 (“Legge sull’Equo Canone”). Tale articolo stabilisce che “indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata”. La Corte di Cassazione si è occupata molte volte dell’applicazione da dare alla norma;  con la sentenza nr. 236639 del 2019 ha chiarito che i suddetti gravi motivi devono essere: A) determinati da eventi imprevedibili al momento della conclusione del contratto di locazione, nonché estranei dalla sfera di controllo del conduttore B) tali da rendere la prosecuzione del rapporto oggettivamente ed oltremodo gravosa per il conduttore. La attuale sospensione delle attività commerciali dovuta ai provvedimenti governativi integra  sicuramente i “gravi motivi”, qualora incida in modo stabile sulla prosecuzione del rapporto di locazione.  Tuttavia, dall’analisi dell’art. 27 si ricava che, a fronte dell’adozione dei provvedimenti  di emergenza e/o dell’adozione di futuri provvedimenti, la Legge sull’Equo Canone legittima i conduttori a recedere dal contratto di locazione, ma non li legittima a rifiutare, sospendere o ridurre il pagamento del canone, che dovranno corrispondere per tutta la durata del periodo di preavviso. Non lo consente l’art. 1256 codice civile, “Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea”. L’art. 1256 cod. civ. prevede che “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se  ’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finchè essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla”. Ricorrendo i presupposti descritti nella norma, il debitore è legittimato a richiedere a ad ottenere la risoluzione del contratto. Si evidenzia però che, con la sospensione delle attività commerciali imposta dai provvedimenti di emergenza, la prestazione dei conduttori di pagare i canoni di locazione non può considerarsi impossibile da adempiere; infatti, l’adempimento di una prestazione che consiste nel pagamento di una somma di denaro è, verosimilmente e generalmente, sempre possibile, costituendo il denaro un bene fungibile. Non lo consente l’articolo 1464 codice civile, “Impossibilità parziale”. L’art. 1464 cod. civ. prevede che “Quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile”. Si potrebbe pervenire alla conclusione che i conduttori potrebbero essere legittimati a richiedere una riduzione del canone di locazione qualora la prestazione dei locatori diventasse parzialmente impossibile da adempiere. Tuttavia l’obbligo del locatore consiste nel mettere a disposizione del conduttore l’immobile locato e nel garantirgli il “pacifico godimento” dello stesso, come stabilito dall’art. 1575 cod. civ.; ne consegue che la prestazione dei locatori non può considerarsi come divenuta impossibile. Infatti, i provvedimenti di emergenza non impediscono ai locatori di mettere i propri immobili a disposizione dei conduttori, i quali mantengono la detenzione e custodia degli immobili locati. Anche volendo considerare la prestazione dei locatori come divenuta impossibile, si tratterebbe di una impossibilità meramente temporanea, in quanto determinata da misure provvisorie adottate mediante i provvedimenti di emergenza. Non lo consente l’art. 1467 codice civile, “Eccessiva onerosità sopravvenuta”. L’art. 1467 cod. civ. prevede che “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’art. 1468. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”.  Nella fattispecie, non vi è dubbio che la prestazione dei conduttori di pagare il canone di locazione sia divenuta  economicamente più gravosa, stante la sospensione dell’attività commerciale. I conduttori, però, al fine di invocare la risoluzione del contratto di locazione per eccessiva onerosità sopravvenuta, non potranno addurre una semplice maggiore onerosità, ma dovranno dimostrare che la sospensione dell’attività commerciale si è protratta per un periodo tale da comportare una significativa e stabile alterazione delle condizioni iniziali in cui il contratto di locazione è stato concluso, al di sopra della normale alea di prevedibilità, e non una mera difficoltà economica degli stessi di pagare il canone di locazione. Conseguentemente, i conduttori dovranno dimostrare l’effettiva sproporzione tra la prestazione dei locatori e quella dei conduttori medesimi, che dovrà essere valutata anche alla luce dei benefici di natura fiscale ed assistenziale loro riconosciuti mediante i provvedimenti di emergenza, laddove applicabili. Qualora ricorrano i presupposti della eccessiva onerosità sopravvenuta, i conduttori potranno richiedere la risoluzione del contratto, anche se è vero che, a fronte della comunicata risoluzione del contratto, i locatori avranno la facoltà di offrire ai conduttori una equa rinegoziazione dei termini e delle condizioni contrattuali, al fine di evitare la risoluzione. In conclusione, la soluzione più proficua e coerente con la situazione di fatto consista nella rinegoziazione, congiunta e consensuale, dei termini e delle condizioni del contratto di locazione, richiamando, qualora applicabili, gli obblighi di buona fede e di correttezza contrattuale, secondo i quali, ove si verifichi uno squilibrio del sinallagma contrattuale, le parti avrebbero il dovere di rinegoziare i termini e le condizioni del rapporto al fine di ristabilire l’equità delle rispettive prestazioni. (Anna Chiara RIVA, avvocato Forlì)

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