Il decreto Cura Italia in materia carceraria adottato dal governo italiano non affronta il rischio epidemico nelle carceri ed, ignora platealmente i principi sanciti dagli artt. 27, 32 della Costituzione e dall’art. 3 Cedu, Le misure adottate sono assolutamente insufficienti ed inefficaci. A nulla, fino ad adesso, sono valsi di gridi allarme da più parti provenuti (Csm, Anm, Procuratore Generale della Cassazione, Magistrati di Sorveglianza, Unione delle Camere Penali Italiane, docenti di diritto e procedura penale ecc. ecc. ) per segnalare l’esplosività della situazione. “Salvaguardare la salute e i diritti dei detenuti durante la pandemia da Covid-19. Diminuire il numero dei detenuti in questo momento è fondamentale per garantire un aumento della sicurezza sanitaria ” così il Consiglio d’Europa con la commissaria per i diritti umani Dunja Mijatovic. Intanto, in attesa che amnistia e indulto riacquistino diritto di cittadinanza nel nostro sistema, sono necessarie alcune modifiche al decreto Cura Italia. L’art. 123 decreto legge 17 marzo 2020, n.18 – cd. Decreto Cura Italia – contiene solo parziali e diverse modalità di accesso all’esecuzione della pena detentiva non superiore a 18 mesi presso il domicilio, già previsto dall’art.1 legge n. 199 del 2010 come modificata dal decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, con l’imposizione del braccialetto elettronico; misura pressoché inutilizzabile, data la carenza dei relativi dispositivi. L’art. 124 dello stesso decreto legge permette di prolungare le licenze premio straordinarie per i detenuti in regime di semilibertà” fino al 30 giugno 2020. In sede di conversione, del decreto legge n. 18 del 2020 il parlamento, se vuole veramente provare a risolvere il problema, deve agire con più coraggio e lungimiranza approvando almeno i seguenti minimi emendamenti al decreto che prevedano: 1. differimento dell’emissione dell’ordine di esecuzione delle condanne con pene detentive fino a quattro anni, per limitare i nuovi ingressi in carcere, appositamente modificando il comma 5° dell’art. 656 del c.p.p. (Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non è superiore a tre anni, quattro anni nei casi previsti dall’articolo 47-ter, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, o sei anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico approvato con DPR 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l’esecuzione); 2. modifica dell’art.123 decreto legge n.18 del 2020, con l’innalzamento a due anni del limite di pena detentiva, anche residua, eseguibile presso il domicilio e la previsione della facoltatività del controllo elettronico. Per agevolare i controlli dei detenuti in detenzione/arresti domiciliari, da parte delle forze dell’ordine destinare presso ogni caserma dei carabinieri di militari delle tre forze armate con funzioni di ordine e sicurezza pubblica; 3. la reintroduzione – sia pure temporanea, legata al periodo del coronavirus – di uno strumento già rivelatosi efficace, ossia la liberazione anticipata speciale di cui all’art. 4 decreto legge 23 dicembre 2013, n. 146, (legge 21 febbraio 2014, n. 10 di conversione, con modificazioni, del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria) che aveva portato da 45 a 75 giorni a semestre la detrazione di pena prevista; 4. la previsione della possibilità per tutti i semiliberi e gli ammessi al lavoro all’esterno, che abbiano già dato prova di buona condotta, di permanere presso il proprio domicilio o altro luogo di assistenza; 5. l’introduzione di una norma ad hoc – con validità temporanea – che imponga al giudice di tener conto, al momento della scelta della misura cautelare, anche dell’attuale emergenza sanitaria legata al coronavirus, in modo da prediligere la misura gli arresti domiciliari in luogo della custodia in carcere, salvo casi particolarmente gravi. Infine sempre nell’ottica di una riduzione della popolazione carceraria si potrebbe prevedere la concessione del “cd. Indultino”, già utilizzato nel 2003 e disciplinato con la legge n. 207 del 01.08.2003 “Sospensione condizionata dell’esecuzione della pena detentiva”, che non è una misura alternativa in senso proprio, ma una via di mezzo tra l’affidamento in prova ai servizi sociali (art. 47 O.P.) e il provvedimento d’indulto “classico”. La persona ammessa alla sospensione condizionata dell’esecuzione della pena deve rispettare le prescrizioni disposte dal Magistrato di Sorveglianza e, consiste nella possibilità di trascorrere fuori del carcere il periodo di tempo corrispondente alla pena sospesa, per coloro che hanno scontato almeno la metà della pena ed, avere una pena residua non superiore a due anni.
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