INFERMIERI vs OSTETRICHE: CODICI DEONTOLOGICI A CONFRONTO DI Giulia De FRANCESCO

Infermieri e Ostetriche sono i principali co-protagonisti dell’assistenza sanitaria in Italia. Grazie a loro si riesce a garantire la salute del Cittadino, a cui sono rivolti i rispettivi Codici Deontologici. Noi li abbiamo messi a confronto.

Lo sviluppo della professione infermieristica e di quella ostetrica è fortemente interconnesso; entrambe le professioni devono il loro riconoscimento giuridico ai propri profili professionali contenuti rispettivamente nei decreti ministeriali 739/1994 e 740/1994. In tali profili vengono nominati i rispettivi codici deontologici, che successivamente con la Legge 42/1999 assurgeranno a norma di legge. I Codici deontologici sono norme che autoregolamentano la professione, sono sviluppati dagli Ordini di appartenenza FNOPI (Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche) e FNOPO (Federazione Nazionale degli Ordini della Professione di Ostetrica). La struttura di ambo i codici è simile ma non eguale. Da una parte il Codice ostetrico assomiglia nella struttura a quello infermieristico nella revisione del 2009: ovvero si compone di una premessa seguita da diversi capi denominati in base agli argomenti trattati all’interno. Si inizia con una “Premessa”, passando per “Principi generali” seguono capi riguardanti i rapporti con la persona assistita, i rapporti con colleghi, altri professionisti, nonché collaboratori infine con le istituzioni sanitarie e con il collegio (ndr. attualmente Ordine dopo il Ddl Lorenzin approvato a Legge nel 22/012/2017). Si conclude con “Disposizioni conclusive” che fa l’eco all’ultimo Capo dell’attuale Codice infermieristico: “Disposizioni Finali”. Dall’altra parte l’ultimo Codice deontologico infermieristico si articola anch’esso per capi ma la suddivisione appare più dettagliata nonché innovativa in taluni; infatti cominciando dal primo Capo il cui titolo è “Principi e valori professionali”, segue “Responsabilità assistenziale”. I rapporti con gli altri professionisti vengono definiti nel terzo Capo “Rapporti professionali” a cui accompagna il Capo “Rapporti con le persone assistite”. Tra i capi che prima non erano ancora apparsi nei codici deontologici dei professionisti sanitari  troviamo: “Comunicazione” (Capo V) e “Organizzazione” (Capo VI). Nel precedente Codice infermieristico (2009) l’attività libero professionale non era espressamente citata. Forse non si era sentita la necessità di esplicitarla in quanto contenuta nel “Profilo professionale” DM 739/1994 all’articolo 1 comma 3 lettera g che recita: “(l’infermiere) svolge la sua attività professionale […] in regime di dipendenza o libero-professionale”. Nel nuovo Codice infermieristico un intero Capo viene dedicato all’attività libero-professionale che ad oggi non è più definibile come attività di nicchia come poteva essere stato negli anni ’90 del secolo scorso. L’ultima revisione del Codice deontologico degli infermieri è dello scorso aprile, mentre quella ostetrica risale al novembre 2017. Entrambi i codici identificano e delineano le due distinte professioni sanitarie. Da un lato la dicitura responsabile dell’assistenza infermieristica (Codice deontologico infermieri, revisione 2009) ha lasciato il passo alla più recente definizione di: professionista sanitario […] che agisce in modo consapevole, autonomo e responsabile. Dall’altro lato nel Codice ostetrico appare ancora la definizione professionista sanitario […] responsabile dell’assistenza ostetrica, ginecologica e neonatale. L’ambito di azione dell’infermiere è definito al Capo I articolo 2: “L’Infermiere orienta il suo agire al bene della persona, della famiglia e della collettività. Le sue azioni si realizzano e si sviluppano nell’ambito della pratica clinica, dell’organizzazione, dell’educazione e della ricerca”. Mentre il campo d’azione dell’ostetrico è definito in vari punti: il professionista “si impegna nella tutela e nella sorveglianza dei processi fisiologici della sessualità, della fertilità e della salute riproduttiva della donna e della coppia” (art 3, Capo III)si specifica che “l’ostetrica/o garantisce cure appropriate al neonato” (art 4, Capo III), nonché si ricorda che “promuove l’allattamento al seno e supporta il ruolo genitoriale” (art 6, Capo III). L’agire professionale di ambo gli operatori rispetta la dignità, la libertà e l’eguaglianza dell’individuo. Esattamente: “L’Infermiere cura e si prende cura della persona assistita, nel rispetto della dignità, della libertà, dell’eguaglianza, delle sue scelte di vita e concezione di salute e benessere, senza alcuna distinzione sociale, di genere, di orientamento della sessualità, etnica, religiosa e culturale. Si astiene da ogni forma di discriminazione e colpevolizzazione nei confronti di tutti coloro che incontra nel suo operare” (art 3, Capo I). Mentre nel Codice ostetrico si espone che: “L’ostetrica/o presta assistenza rispettando la dignità e la libertà della persona promuovendone la consapevolezza in funzione dei valori etici, religiosi e culturali, nonché, delle condizioni sociali nella esclusiva salvaguardia della salute degli assistiti” (art 1, Capo II)Dunque entrambi i codici fanno implicitamente riferimento all’articolo 32 della Costituzione Italiana: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Ambo le professioni sostengono una posizione di tutela nei confronti dell’assistito ma anche degli altri professionisti; solo nel Codice infermieristico è esplicitata questa posizione di tutela con riferimento agli altri professionisti: “L’Infermiere che rilevi uno stato di alterazione di natura psicofisica di un professionista o di altro operatore nelle sue funzioni, a qualunque livello di responsabilità, si adopera per proteggere e tutelare le persone assistite, la professione e il professionista, anche effettuando le opportune segnalazioni” (art 14, Capo III). Tale comportamento da parte del professionista trova come cornice di riferimento il benessere organizzativo e relazionale tra professionisti, anche il codice ostetrico parla di collaborazione adeguata tra collaboratori e precisamente. L’articolo 1 del Capo IV del Codice degli ostetrici afferma che: “L’ostetrica/o collabora con altri professionisti della salute di cui riconosce lo specifico apporto, integrandosi nel lavoro di équipe”. Tale capo dell’attuale codice ostetrico fa eco al precedente Codice deontologico infermieristico che al Capo V valorizzava l’operare in team multidisciplinare. Le questioni etiche (che concernono la sfera lavorativa) e morali (che concernono quella individuale) sono esplicitate in ambo i Codici. È infatti tutelata la libertà di scelta circa questioni etiche di particolare rilievo. Questi principi si trovavano già nella Dichiarazione universale dei diritti umani (1948) all’articolo 18: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; […]”. La libertà di coscienza è tutelata per gli infermieri da due articoli. La clausola di coscienza è espressamente citata nell’articolo: “L’Infermiere si impegna a sostenere la relazione assistenziale anche qualora la persona assistita manifesti concezioni etiche diverse dalle proprie. Laddove quest’ultima esprima con persistenza una richiesta di attività in contrasto con i valori personali, i principi etici e professionali dell’infermiere, egli garantisce la continuità delle cure, assumendosi la responsabilità della propria astensione. L’infermiere si può avvalere della clausola di coscienza, ricercando costantemente il dialogo con la persona assistita, le altre figure professionali e le istituzioni” (art 6, Capo I). Inoltre viene riconfermata l’importanza della “consulenza etica”, già espressa nel precedente Codice, infatti: “L’Infermiere si attiva per l’analisi dei dilemmi etici e contribuisce al loro approfondimento e alla loro discussione. Promuove il ricorso alla consulenza etica e al confronto, anche coinvolgendo l’Ordine Professionale” (art 5, Capo I). Inoltre il medesimo Codice ricorda che “Il tempo di relazione è tempo di cura” (art 4, Capo I). Il Codice ostetrico chiarisce che “L’ostetrica/o di fronte ad una richiesta di intervento in conflitto con i principi etici della professione e con i valori personali, si avvale della obiezione di coscienza quando prevista dalla legge e si avvale della clausola di coscienza negli altri casi, garantendo le prestazioni inderogabili per la tutela della incolumità e della vita di tutti i soggetti coinvolti. (art 16, Capo III). Tali questioni interessano casistiche attualmente in Italia non riguardano l’eutanasia e le mutazioni genetiche poiché vietate per legge, comunque l’obiezione può essere invocata in caso di procreazione assistita nonché di aborto. Già la Legge 194 del 1978 parlava di obiezione riferendosi all’interruzione volontaria di gravidanza (ndr. sino ad allora prassi ritenuta reato), tale Legge “esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie [quando sollevi obiezione con preventiva dichiarazione] dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza”. Per ogni operatore rimane ugualmente valido il principio del bonum faciendum, malum vitandum pertanto in caso di grave pericolo va comunque tutelato prima di tutto il diritto alla vita dell’assistito. Particolare attenzione viene posta nel Codice deontologico ostetrico per quanto riguarda i diritti fondamentali; infatti l’articolo 13, Comma II cita espressamente: “L’ostetrica/o sostiene la salute globale nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo […]”. Inoltre nello stesso Comma si trova in un articolo precedente, il secondo, che: “Il comportamento dell’ostetrica/o si fonda sul rispetto dei diritti umani universali, dei principi di etica clinica e dei principi deontologici della professione”. La peculiarità di tali articoli è il loro rimando alla Dichiarazione Universale dei diritti (1948), che all’articolo 25 dice che: “Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia”. Altri aspetti fondamentali riguardanti la responsabilità professionale e le interconnesse conseguenze sono argomento dell’intero Capo II del Codice infermieristico. L’articolo 7 di questo Capo tratta della “Cultura della salute” dicendo che “L’Infermiere promuove la cultura della salute favorendo stili di vita sani e la tutela ambientale nell’ottica dei determinanti della salute, della riduzione delle disuguaglianze e progettando specifici interventi educativi e informativi a singoli, gruppi e collettività”. Il medesimo lessema “promuovere” è ripreso negli articoli 6 e 8 del codice ostetriche precisamente citati: “L’ostetrica/o favorisce l’attaccamento precoce madre/padre e bambino, promuove l’allattamento al seno e supporta il ruolo genitoriale. […]” (art 6); “L’ostetrica/o si impegna a promuovere la salute globale e riproduttiva della persona […]” (art 8). L’educazione agli altri professionisti e ai futuri colleghi, il cosiddetto “saper far fare” in termini di coaching, è una caratteristica tra quelle citate come responsabilità del professionista infermiere precisamente all’articolo 7 del Capo II del Codice Deontologico: “L’Infermiere, nei diversi ruoli, si impegna attivamente nell’educazione e formazione professionale degli studenti e nell’inserimento dei nuovi colleghi”. Tale caratteristica non manca di essere sottolineata anche nel codice degli ostetrici all’articolo 5 del Capo II: “L’ostetrica/o garantisce la formazione teorico-pratica dei futuri professionisti, in coerenza con gli obiettivi dei rispettivi progetti/percorsi formativi di base, post- base, continua e permanente”. Nell medesimo codice si trova scritto all’articolo 4 del Capo II che: “L‘ostetrica/o cura con assiduità̀ il proprio aggiornamento professionale scientifico e tecnico e contribuisce alle attività̀ di formazione e aggiornamento delle/dei colleghe/i, degli altri professionisti sanitari e del personale di supporto”. Oltre alla formazione un altro ambito comune alle professioni è quello della ricerca; nel Codice degli infermieri è esplicitato che: “L’Infermiere riconosce il valore della ricerca scientifica e della sperimentazione. Elabora, svolge e partecipa a percorsi di ricerca in ambito clinico assistenziale, organizzativo e formativo, rendendone disponibili i risultati” (art 9, Capo II)Questo ambito è fondamentale anche per i colleghi ostetrici, dove si ritrova che: “L’ostetrica/o riconosce il valore della ricerca. Si impegna nella promozione e nella realizzazione della ricerca, della sperimentazione clinica e assistenziale […] nel rispetto dei diritti inderogabili della persona” (art 3, Capo III). Il binomio formazione e ricerca si accompagna all’aggiornamento. Nell’articolo 10 Capo II del Codice degli infermieri infatti si dice che: “L’Infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate dalla comunità scientifica e aggiorna le competenze […]. Pianifica, svolge e partecipa ad attività di formazione e adempie agli obblighi derivanti dal programma di Educazione Continua in Medicina” (ndr. il programma ECM è stato introdotto con Dlgs 229/1999, ma si è partito solo nel 2002 per via di numerose criticità)Fa eco all’articolo 4 del Capo II del Codice degli ostetrici “L‘ostetrica/o cura con assiduità̀ il proprio aggiornamento professionale scientifico e tecnico e contribuisce alle attività̀ di formazione e aggiornamento delle/dei colleghe/i, degli altri professionisti sanitari e del personale di supporto”. L’agire professionale è limitato dal Codice deontologico, dalle norme e dalla formazione di base e post. Il professionista risponde di responsabilità civile, penale, ordinistico-disciplinare e amministrativo-disciplinare. Per non incorrere nell’errore il professionista deve rifuggire imperizia (insufficiente attitudine a svolgere un’attività), impudenza (insufficiente ponderazione delle conseguenze del proprio agire) e negligenza (l’agire con trascuratezza). Nello specifico nel codice ostetrico troviamo che “L’ostetrica/o nell’agire professionale si impegna ad operare con prudenza, diligenza e perizia al fine di tutelare la salute degli assistiti” (art 6, Capo II). Primum non nocere rimane un diktat per ambo i professionisti, lo diceva già il precedente Codice deontologico degli infermieri nel 2009: “L’infermiere, nell’agire professionale, si impegna ad operare con prudenza al fine di: non nuocere” (art 9, Capo II, rev.2009). L’attuale codice infermieristico si è sviluppato verso una visione più ampia parlando espressamente di cultura della sicurezza: “L’Infermiere si forma e chiede supervisione, laddove vi siano attività nuove o sulle quali si abbia limitata casistica e comunque ogni qualvolta ne ravvisi la necessità” (art.11, Capo II). Tra gli aspetti giuridici propri delle professioni di aiuto, che si svolgono non solo nell’ambito del benessere ma anche del malessere, troviamo la tutela della persona. Il Codice degli infermieri ci spiega che: “L’Infermiere che rilevi uno stato di alterazione di natura psicofisica di un professionista o di altro operatore nelle sue funzioni, a qualunque livello di responsabilità, si adopera per proteggere e tutelare le persone assistite, la professione e il professionista, anche effettuando le opportune segnalazioni” (art 14, Capo III). La medesima attenzione alla tutela delle persone assistite la troviamo nel Codice degli ostetrici: “L’ostetrica/o tutela la dignità e promuove la salute femminile in ogni età, individuando situazioni di fragilità, disagio, privazione e violenza, fornendo adeguato supporto e garantendo la segnalazione alle autorità preposte, per quanto di sua competenza” (art 1, Capo III). Da questi semplici punti riguardanti la libertà, la responsabilità, l’agire professionale possiamo comprendere la complessità dell’intraprendere tali professioni e il “peso” che esse portano con sé nella vita personale e non solo professionale della persona che le espleta. Si evince così che la natura delle azioni svolte da questi operatori sia: intellettuale, tecnico scientifica, relazionale e gestionale. Per svolgere una professioni sanitaria è dunque fondamentale rispettare anche il decoro professionale. Come esplicitato nel codice infermieristico: “L’Infermiere esercita la funzione di rappresentanza della professione con dignità, correttezza e trasparenza. Utilizza espressioni e adotta comportamenti che sostengono e promuovono il decoro e l’immagine della comunità professionale e dei suoi attori istituzionali” (art 46, Capo XIII). Medesimo rilievo alla questione è dato nel codice ostetrico che cita così: “L’ostetrica/o salvaguarda in ogni circostanza la dignità e il decoro della professione e si astiene da pratiche di concorrenza sleale” (art 9, Capo II). La discrepanza che troviamo tra i due codici sta nel trattare la questione del decoro anche dal punto comunicativo. Nel Codice infermieristico un intero Capo, il quinto nello specifico, è dedicato agli aspetti comunicativi. È esplicitato che: “L’Infermiere nella comunicazione, anche attraverso mezzi informatici e social media, si comporta con decoro, correttezza, rispetto, trasparenza e veridicità; tutela la riservatezza delle persone e degli assistiti ponendo particolare attenzione nel pubblicare dati e immagini che possano ledere i singoli, le istituzioni, il decoro e l’immagine della professione” (art 28, Capo V). Questo è il primo codice che cita i social media, che sino ad oggi erano stati esplicitamente assenti dalla materia deontologico. Si dà nota dell’importanza inoltre del dibattito culturale: “L’Infermiere, anche attraverso l’utilizzo dei mezzi informatici e dei social media, comunica in modo scientifico ed etico, ricercando il dialogo e il confronto al fine di contribuire a un dibattito costruttivo” (art 29, Capo V). Vi è un aspetto meno evidente nel Codice deontologico degli infermieri e più sottolineato in quello della professione ostetrica ovvero il dovere alla trasparenza, all’attenersi ad una prassi che evita atteggiamenti corruttivi. Nel codice degli infermieri all’articolo 43 Capo VIII si tratta del conflitto d’interesse: “L’Infermiere che si dovesse trovare in situazione di conflitto di interesse lo dichiara”. Il codice deontologico ostetrico presentato per la prima volta il 18 novembre 2017 si inserisce nella cornice politica di quegli anni; l’attenzione pubblica e politica era in quegli anni rivolta all’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione). Nel 2014 viene emanato il decreto legge 90/2014 “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari” che trattava i temi dell’anticorruzione, della trasparenza, della legalità. Questo decreto poi divenuto Legge ha enfatizzato l’attenzione sulle tematiche sopracitate. Così nel Codice degli ostetrici troviamo che esplicitato che: “L’ostetrica evita ogni conflitto di interesse economico e non, che si può manifestare nei rapporti individuali, nella prescrizione, nei rapporti con enti, organizzazioni, istituzioni ed industrie.” (art 4, Capo V). Inoltre: “I Collegi (ndr. oggi Ordini) Provinciali ed Interprovinciali e gli Organi di rappresentanza nazionale si impegnano ad adottare ogni misura necessaria od opportuna a prevenire fenomeni di corruzione o conflitti fra l’interesse pubblico e quello personale ed a garantire la necessaria autonomia ed indipendenza del Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza” (art 5, Capo VI). Sono concordi entrambi i Codici nel ribadire l’importanza della tutela del segreto professionale, non solo come obbligo giuridico punito penalmente (art 622, c.p.): “Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30 a euro 516. […] Il delitto è punibile a querela della persona offesa”. L’argomento segreto professionale viene esplicitamente trattato nell’articolo 27 Capo IV nel Codice FNOPI e nell’articolo 17 e 18 Capo III nel Codice FNOPO. Entrambi i Codici rafforzano l’importanza della donazione. Rispettivamente il Codice deontologico degli infermieri tratta della donazione di organi, tessuti e emoderivati all’articolo 26 Capo IV: “L’Infermiere favorisce l’informazione sulla donazione di sangue, tessuti e organi quale tatto di solidarietà; educa e sostiene le persone coinvolte nel donare e nel ricevere”. Il Codice ostetrico di donazione nel Capo III all’articolo 6 e 7 parla di donazione del latte materno e dei materiali biologici. “[…] L’ostetrica sostiene e diffonde la donazione volontaria del latte materno. L’ostetrica/o altresì aderisce al Codice Internazionale per la Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno, ne promuove il rispetto delle norme e si impegna a denunciarne eventuali violazioni” (art 6). “L’ostetrica/o favorisce una informazione scientificamente validata sulla donazione/raccolta di materiale biologico ai fini terapeutici e di ricerca, per mettere la donna/coppia nelle condizioni di poter fare una scelta consapevole. L’ostetrica/o promuove e sostiene la raccolta e la conservazione allogenica del sangue cordonale per la donazione solidale” (art 7). Da questo confronto si evince che numerosi aspetti sono comuni alle professioni di infermieri e ostetrici; queste due professioni si stanno attualmente sviluppando verso un orizzonte di maggiore responsabilità e maggiori richieste da parte dell’utenza. Questi cambiamenti sono alla base della continua sfida dell’operare il ruolo di infermiere/a e ostetrico/a.

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