IL PROCURATORE GENERALE DELLA CASSAZIONE SUL SOFRAFFOLAMENTO CARCERARIO AL TEMPO DEL COVID-19

Dopo il CSM, l’ANM e ovviamente il coordinamento dei magistrati di Sorveglianza, ad intervenire per chiedere di ridurre il sovraffolamento carcerario ai tempi del coronavirus anche Giovanni Salvi,  procuratore generale della Corte di Cassazione. Le disposizioni in vigore  che devono essere i pilastri di questa questione sono: l’art. 275 del codice di procedura penale che al 3° comma prevede “La custodia cautelare in carcere  può essere disposta soltanto le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate”. Il comma 3 bis: “Nel disporre la custodia cautelare in carcere il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all’articolo 275 bis, comma 1”.  Importante ai fini della presente disamina anche il 2° comma dell’art. 299 del di procedura penale “Salvo quanto previsto dall’articolo 275 comma 3, quando le esigenze cautelari risultano attenuate ovvero la misura applicata non appare più proporzionata all’entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata, il giudice sostituisce la misura con un’altra meno grave ovvero ne dispone l’applicazione con modalità meno gravose”.  Premesso ciò, in questo momento connotato dalla presenza del virus Covid-19, bisogna incentivare il ricorso alle misure alternative al carcere, sia in relazione alla custodia cautelare che in relazione all’esecuzione delle pene definitive. Il Procuratore Generale della Corte di cassazione, Giovanni Salvi, per rispondere all’esigenza di contenere la diffusione del coronavirus all’interno delle carceri,  ha firmato un documento di notevole interesse. Il documento, del 1° aprile 2020, dopo una riunione via Web  svoltasi il 23 marzo scorso  con i  procuratori generali presso le varie corti d’appello. Il documento non  detta linee guida, ma spunti di riflessioni utili per le scelte che devono essere operate quotidianamente dai sostituti procuratori della repubblica (Pubblici Ministeri) in relazione alle misure cautelari e all’esecuzione della pena detentiva. L’idea di fondo che ispira il documento è che l’esigenza di tutelare la salute pubblica, prevenendo la diffusione del contagio nelle sovraffollate carceri italiane, è in questo momento prioritaria e, pertanto suggerisce ai pubblici ministeri l’opportunità di valutare le diverse opzioni che le norme in vigore mettono a disposizione per disincentivare il sovraffollamento carcerario. Dice Salvi: “Mai come in questo periodo va ricordato che nel nostro sistema il carcere costituisce l’extrema ratio e deve rimanerci solo chi è pericoloso”… “occorre dunque incentivare la decisione di misure alternative idonee ad alleggerire la pressione dalle presenze non necessarie in carcere: ciò limitatamente ai delitti che fuoriescono dal perimetro predittivo di pericolosità e con l’ulteriore necessaria eccezione legata ai reati da ‘codice rosso’”. Le questioni che affronta il documento sono: le misure cautelari cioè quelle a rischio di diffusione del contagio (la custodia in carcere e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria);  l’arresto e il fermo (suggerita la custodia presso il domicilio o altra struttura nella disponibilità della polizia giudiziaria); l’ordine di carcerazione per l’esecuzione della pena (riferibilità ai termini dell’art. 656 c.p.p. della sospensione disposta fino al 15 aprile 2020 dall’art. 83, comma 2 decreto legge n. 18 del 2020); la nuova misura alternativa della detenzione domiciliare di cui all’art. 123 decreto legge n. 18 del 2020 (possibilità che l’istanza per l’applicazione della misura possa essere avanzata direttamente dal  pubblico ministero), laffidamento in prova al servizio sociale, del quale si propone, nella situazione emergenziale in atto, un’applicazione presso il domicilio, non accompagnata dall’esercizio di attività lavorativa. Per quanto riguarda i detenuti reclusi per reati legati alla loro condizione di tossicodipendenza, è importante l’applicazione provvisoria dell’affidamento terapeutico. Il documento Salvi così recita: “L’essenzialità del programma di recupero è inderogabile e, con l’emergenza sanitaria, forse solo un percorso riabilitativo di tipo comunitario appare effettivamente, in concreto, utile per il soggetto”

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