GIURISPRUDENZA IN PILLOLE

1. UTILIZZAZIONE IN ALTRI PROCEDIMENTI DEI RISULTATI DELLE INTERCETTAZIONI: Con ordinanza n. 11160 del 2019, era stata rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione di diritto: «se il divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le intercettazioni siano state disposte, di cui all’art. 270 cod. proc. pen., riguardi anche i reati non oggetto della intercettazione ab origine disposta e che, privi di collegamento strutturale, probatorio e finalistico con quelli invece già oggetto di essa, siano emersi dalle stesse operazioni di intercettazione». Le Sezioni Unite, con sentenza n. 51 del 2 gennaio 2020( udienza del 28 novembre 2019), hanno affermato il seguente principio di diritto: «il divieto di cui all’art. 270 cod. proc. pen. di utilizzazione dei risultati di intercettazioni di conversazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali siano state autorizzate le intercettazioni – salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza – non opera con riferimento ai risultati relativi a reati che risultino connessi ex art. 12 cod. proc. pen. a quelli in relazione ai quali l’autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dalla legge»  2. REATI E PORTO D’ARMI: Non tutti i fatti penalmente rilevanti sono ugualmente significativi ai fini del giudizio sulla possibilità di abuso delle armi. 1. se parliamo di reati commessi proprio mediante l’uso o l’abuso delle armi, l’inaffidabilità della persona emerge in tutta la sua evidenza: in un caso del genere il divieto di detenzione delle armi non richiede alcuna particolare motivazione; 2.  in un altro gruppo di casi, pur mancando una diretta relazione con l’uso delle armi si potrà sostenere che taluni reati siano rilevanti ai fini del divieto, in quanto segnalano una personalità portata alla violenza fisica contro le persone; 3.  mentre, per tutti quei reati nei quali non solo manca l’impiego delle armi, ma che neppure danno alcuna indicazione indiretta riguardo ad una possibile propensione all’abuso delle medesime, la possibilità di trarne elementi di valutazione ai fini del divieto, se non è esclusa in radice, quanto meno è remota e legata a particolari contingenze, che in ogni caso devono essere esplicitate nella motivazione del provvedimento amministrativo. Criterio riaffermato dal Consiglio di Stato, Sez. III, 21 aprile 2015, con sentenza n. 2009; la sentenza ultima che lo ha espressamente riproposto è la n. 2838 del 03.12.2019, pubblicata dalla Terza Sezione del Tar per la Sicilia in data 09.12.2019 (di Francesco PANDOLFI – mia consulenza). 3. DELITTO DI FAVOREGGIAMENTO PERSONALE: E’ PUNIBILE IL CONVIVENTE MORE UXORIO? La sesta sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 1825/20, ha  ritenuto sussistente un contrasto di giurisprudenza ed, ha rimesso alle Sezioni unite la questione «se l’ipotesi di cui all’art. 384, comma 1, c.p. sia applicabile anche al convivente more uxorio». (Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 1825/20; depositata il 17 gennaio). 4. LISTA TESTI E POTERI DEL GIUDICE: L’esercizio dei poteri di integrazione probatoria previsti dall’art. 507 c.p.p., è legittimo anche se si riferisce alla ammissione di testimonianze indicate in liste depositate tardivamente; il potere integrativo previsto dall’art. 507 c.p.p. è, infatti, funzionale a garantire il controllo giudiziale sull’esercizio dell’azione penale e sul suo sviluppo processuale, ovvero sulla completezza del compendio probatorio su cui deve fondarsi la decisione. (Corte di cassazione, sez. II penale,  sentenza 13 novembre 2019, n. 46147). L’art. 507 c.p.p., norma che deroga all’art. 190 del c.p.p. che attribuisce alla parti il diritto dovere di prova,  è  importantissima, in quanto attribuisce al giudice la facoltà di disporre d’ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova, qualora risulti assolutamente necessario ai fini della decisione. 

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