IL DIRITTO DELL’ADOTTATO DI CONOSCERE LE PROPRIE ORIGINI di Daniela TESTA

La legge italiana – legge 18 del  1983 e ss. modifiche – riconosce all’adottato il diritto di conoscere le proprie origini, o meglio di conoscere l’identità dei genitori biologici.  A norma dell’art. 28 della legge 184/1983 :”Le informazioni concernenti l’identità dei genitori biologici possono essere fornite ai genitori adottivi, quali esercenti la responsabilità genitoriale, su autorizzazione del tribunale per i minorenni, solo se sussistono gravi e comprovati motivi. Il tribunale accerta che l’informazione sia preceduta e accompagnata da adeguata preparazione e assistenza del minore. Le informazioni possono essere fornite anche al responsabile di una struttura ospedaliera o di un presidio sanitario, ove ricorrano i presupposti della necessità e della urgenza e vi sia grave pericolo per la salute del minore”. Può accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici l’adottato che abbia raggiunto il venticinquesimo anno di età. Può farlo anche raggiunta la maggiore età, se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica. L’Istanza al Tribunale per i minorenni viene fatta con ricorso che, deve essere presentato al tribunale del luogo di residenza dell’adottato. Il tribunale per i minorenni procede all’audizione delle persone di cui ritenga opportuno l’ascolto; assume tutte le informazioni di carattere sociale e psicologico e una volta finita l’istruttoria, il tribunale per i minorenni autorizza con decreto l’accesso alle notizie richieste. Tale diritto però, non essendo un diritto potestativo incontra il limite del diritto della madre a rimanere nell’anonimato. Difatti, l’accesso alle informazioni non è consentito nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata ai sensi dell’articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.  L’accesso alle informazioni da parte dell’adottato è subordinato alla sua età e alle ragioni della ricerca, da vagliare a cura dal tribunale per i minorenni adito. L’autorizzazione non è necessaria per l’adottato maggiorenne quando i genitori adottivi sono deceduti o irreperibili. La Corte Europea dei diritti umani con la sentenza del 25 settembre 2012 (ricorso n. 33783/09, Godelli c/ Italia), afferma che è necessario stabilire un equilibrio ed una proporzionalità tra gli interessi delle parti in causa e che l’esclusione di qualsiasi possibilità di conoscere le proprie origini, propria della legislazione italiana, a differenza di quella di altri paesi, costituisce una violazione dell’art. 8 della Cedu. Con la norma contestata, lo Stato italiano ha oltrepassato il margine di discrezionalità compatibile con la tutela dei diritti della persona garantito dalla Convenzione. Nel 2013 la Corte Costituzionale con la sentenza n.278 condividendo la valutazione della Corte Europea dei diritti umani in ordine all’ingiustificata assolutezza del divieto di conoscere le proprie origini ha ritenuto che l’art. 28, c. 7, l. n. 184 del 1983 contrasti con gli artt. 2 e 3 Cost., ed ha indicato, con una sentenza additiva di principio (così qualificata da S.U. n. 1946 del 2017), il modello procedimentale da introdurre per rendere effettivo il bilanciamento delle posizioni giuridiche soggettive, almeno potenzialmente confliggenti rappresentate dal diritto all’anonimato della madre biologica e dal diritto a conoscere le proprie origini biologiche del figlio. All’illegittimità dell’assolutezza del divieto, derivante dal complesso normativo costituito dall’art. 28 della l. n. 184 del 1983 e dall’art. 30 del D.P.R.  n. 396 del 2000, non è conseguita la configurabilità del diritto a conoscere le proprie origini come diritto potestativo ma è stato ritenuto necessario l’interpello della madre biologica al fine di verificarne il consenso all’eventuale revoca della scelta dell’anonimato fatta al momento della nascita dal momento che occorre anche considerare il punto di vista della madre, offrendole la possibilità di non abortire ma mantenere al contempo l’anonimato. Nel marzo del 2018 la Prima Sezione della Corte di Cassazione affermava che “Il diritto a conoscere le proprie origini costituisce un’espressione essenziale del diritto all’identità personale. Lo sviluppo equilibrato della personalità individuale e relazionale si realizza soprattutto attraverso la costruzione della propria identità esteriore, di cui il nome e la discendenza giuridicamente rilevante e riconoscibile costituiscono elementi essenziali, e di quella interiore.” Non di meno, con l’ordinanza n. 22497 del 9 agosto 2021, la Corte di Cassazione è ritornata sul punto affermando altresì che:“in tema di diritto del nato da parto anonimo ad acquisire informazioni relative alle proprie origini, la Prima Sezione da un lato ha ribadito, in linea con la sentenza delle Sezioni Unite della S.C. n. 1946 del 2017, che il diritto a conoscere l’identità della madre deve essere contemperato con la persistenza della volontà di questa di rimanere anonima e deve essere esercitato secondo modalità che ne proteggano la dignità, tenendo dunque in considerazione la salute della donna e la sua condizione personale e familiare; dall’altro lato, ha precisato che tale diritto va tenuto distinto da quello ad accedere alle informazioni sanitarie sulla salute della madre, al fine di accertare la sussistenza di eventuali malattie ereditarie trasmissibili, che può essere esercitato indipendentemente dalla volontà della donna e anche prima della sua morte, purché ne sia garantito l’anonimato erga omnes, anche dunque nei confronti del figlio“. Rispetto alle sorelle e i fratelli biologici dell’adottato? Per le eventuali sorelle e fratelli, a fronte di una richiesta formulata dall’adottato a norma dell’art. 28 c.s. la Suprema Corte di Cassazione con un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata della norma è unanime nell’ affermare che si possa valorizzare il richiamo testuale al diritto di accedere alle informazioni sulla propria origine in modo da includervi oltre ai genitori biologici, anche i fratelli e le sorelle nonostante il silenzio della norma. La soluzione non è, tuttavia, automaticamente applicabile anche al diritto di conoscere l’identità delle proprie sorelle e fratelli, in considerazione della radicale diversità della loro posizione rispetto a quella dei genitori biologici con riferimento sia alle ragioni della decisione riguardante lo status di figlio adottivo del richiedente sia all’incidenza di questa decisione sullo sviluppo della sua personalità. Le modalità procedimentali in concreto adottabili possono essere tratte dai numerosi protocolli elaborati dai Tribunali per i minorenni dei diversi distretti giudiziari dei quali si trova ampia illustrazione nel par. 11 delle S.U. n. 1946 del 2017. In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei limiti di cui in motivazione e la pronuncia impugnata deve essere cassata con rinvio al giudice del merito perché si attenga al seguente principio di diritto: “L’adottato ha diritto, nei casi di cui all’art. 28, c. 5., l. n. 184 del 1983, di conoscere le proprie origini accedendo alle informazioni concernenti, non solo l’identità dei propri genitori biologici, ma anche quella delle sorelle e fratelli biologici adulti, previo interpello di questi ultimi mediante procedimento giurisdizionale idoneo ad assicurare la massima riservatezza ed il massimo rispetto della dignità dei soggetti da interpellare, al fine di acquisirne il consenso all’accesso alle informazioni richieste o di constatarne il diniego, da ritenersi impeditivo dell’esercizio del diritto”.

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