ABBANDONO DI PERSONA MINORE O INCAPACE: SENTENZA DEL TRIBUNALE DI ASCOLI PICENO

Uno dei problemi maggiori che colpisce gli anziani è la solitudine, specialmente quando la famiglia,  abbandona l’anziano a sé stesso.  E’ proprio questa fase della vita  più fragile per il rischio di solitudine. La sensazione di abbandono, non solo a livello fisico,  ma anche psicologico può causare uno stato di profonda vulnerabilità nell’anziano che,  spesso è colpito anche da necessità basilari legati a problemi di salute. Il codice penale disciplina la fattispecie di abbandono di persona incapace. Infatti recita il 1° comma dell’art. 591 del codice penale :  “Chiunque abbandona  una  persona  minore  degli  anni  quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o  di  corpo,  per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a  se’  stessa,  e  della quale abbia la  custodia  o  debba  avere  cura,  e’  punito  con  la reclusione da sei mesi a cinque anni”. “L’oggetto della tutela dell’art. 591 c.p. (abbandono di persona minore o incapace), diversamente da quello dell’art. 570 c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare), non è il rispetto dell’obbligo legale di assistenza in quanto tale, bensì il pericolo per l’incolumità fisica, derivante dal suo inadempimento”.  “Costituisce abbandono, punibile ex art. 591 c.p., qualsiasi azione od omissione che contrasti con l’obbligo della custodia e da cui derivi un pericolo, anche solo potenziale, per la vita o per l’incolumità del minore o dell’incapace”.

⚖️ Il Tribunale di Ascoli Piceno con  la sentenza n. 366 del 2021,  ha condannato una giovane donna di nazionalità ucraina per il reato   previsto e punito dall’articolo 591 codice penale, perchè  aveva abbandonato l’anziano  marito per fare ritorno, sia pure per un breve periodo, nel suo Paese di origine. L’anziano marito, dopo essere rimasto solo per un paio di giorni, chiedeva informazioni ai propri vicini poiché la moglie non rientrava in casa. I vicini di casa, a loro volta, allertavano le forze dell’ordine.  Una volta tornata in Italia, la donna veniva rinviata a giudizio per rispondere dei reati previsti e puniti dali articoli:  ✅ A)  591 c.p.(abbandono di persone minori e incapaci), poichè in qualità di moglie abbandonava l’anziano marito “incapace di provvede a se stesso e di cui doveva avere cura”;  ✅ B)  570 c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare) poiché, in qualità di moglie, si allontanava dal tetto familiare disinteressandosi dell’anziano marito sotto il profilo assistenziale, pur versando, lo stesso, in un palese stato di bisogno.  ✅ C) infine, art. 646 c.p.(appropriazione indebita) perché, al fine di procurarsi un profitto, si appropriava del mobilio presente all’interno dell’abitazione sita in altra abitazione di cui la predetta aveva la disponibilità in quanto tale dimora era stata condivisa, tempo addietro, con il marito. Il Tribunale, assolveva la donna per i  capi di imputazione di cui alla lettera B e C e, con una articolata sentenza ha invece ritenuto la donna responsabile del reato  di cui all’art. 591 del c.p. La donna si era difesa nel processo affermando che prima di partire aveva  preso accordi per far assistere l’anziano marito proprio dalla coppia di vicini di casa, ma dall’istruttoria dibattimentale non è emerso che i vicini stessi abbiano espresso un valido consenso ad occuparsi dell’anziano signore.  Ed è proprio questo l’elemento che, secondo il giudice di Ascoli Piceno determina la configurabilità della fattispecie di abbandono di incapace in capo alla donna. Secondo il giudice, dalla qualità di coniuge deriva necessariamente la titolarità della posizione di garanzia nei confronti del marito incapace, con conseguente obbligo di cura e di assistenza. Prosegue il giudice affermando che tali obblighi possono essere sì trasferiti, ma «occorre verificare se la persona delegata abbia prestato un valido consenso a ciò e se essa sia adeguata al loro adempimento», mentre da un punto di vista soggettivo occorre che l’agente abbia almeno accettato, «come conseguenza del proprio comportamento inerte, la concreta possibilità del verificarsi di uno stato di abbandono del soggetto passivo, in grado di determinare un pericolo anche solo potenziale per la vita e l’incolumità fisica di quest’ultimo». Questo è quanto si è verificato nel caso oggetto di pronuncia, in quanto l’allontanamento della moglie ha esposto l’anziano marito ad un pericolo per la propria incolumità, anche se solo potenzialmente. La moglie avrebbe, infatti, dovuto assicurarsi prima di partire che, effettivamente e concretamente, i vicini di casa avessero assunto l’obbligo di assistenza nei confronti del marito, cosa che non ha fatto. Quindi all’esito del processo è stata condannata per  reato di abbandono di persone incapaci

 

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