Alberto GENOVESE: UN ORCO MODERNO di Alice MIGNANI VINCI

Alberto Genovese: un orco moderno.  Potere, onnipotenza, brivido del rischio. E sulla cultura dello stupro che ancora non riconosce la centralità della vittima.  Una violenza sessuale disumana e disumanizzante, quella subita dalla giovane modella 18enne il cui corpo è stato adoperato alla stregua di una entità inanimata e non senziente, un oggetto, un trastullo, una preda nelle mani avide del suo predatore, il milionario imprenditore Alberto Genovese, fondatore di “Facile.it”. Parole, quelle del gip di Milano, che destano orrore nel descrivere come la giovane ragazza sia stata stuprata alla stregua di “un corpo privo di vita…come se fosse quello di una bambola di pezza”. Quante battaglie, lotte, storie di donne che hanno vista violata la loro dignità e la corporeità devastata, quanta volontà d’acciaio di veder superati processi di oggettificazione sessuale e mercificazione del corpo. A quanto pare, c’è una realtà che conferma quanto la strada per una rivoluzione femminista sia lontana ed utopistica, e il considerare una persona alla stregua di un oggetto finalizzato all’appagamento del proprio piacere sessuale è orrore tangibile, narrato da questa cruda vicenda. Se dovessi definire quelle che per me rappresentano le “coordinate del male”, le individuerei nella mancanza di empatia e nell’assenza di rimorso. Nel disporre dell’altrui esistenza senza considerarne valore umano, portata emozionale e possibilità di arrecare dolore e sofferenza. Là dove si infrange il limite e la barriera del consenso, tutto ciò viene calpestato con totale bestialità ed efferatezza. Nella vicenda di Alberto Genovese rinvengo i tratti distintivi di una personalità psicopatica, che sono appunto la totale assenza di empatia e il deficit di condivisione emotiva, caratteristiche che erigono un muro di indifferenza verso l’altrui mondo di sentimenti, emozioni, vissuti. Genovese è simbolo di quell’onnipotenza che si fonda e legittima su una società ancora patriarcale, maschilista, dove troppe sono le domande sulla vittima, rispetto alla quale si perde la centralità, si sposta il focus, che dovrebbe rimanere sulla esclusiva colpa di chi ha posto in essere la condotta violenta, sull’aggressione sessuale che ha scavalcato e calpestato il consenso. Lo stile di vita estremo sul piano sessuale, il cavalcare il brivido del rischio e il disprezzo verso la donna, deprivata del suo essere “persona”, rimandano anche a mio avviso alla memoria del massacro del Circeo e alla figura di Angelo Izzo: c’è quel compiacersi nella libidine, l’eccitazione per il gusto del brivido, e sfidarlo, superarlo, fino a tradirsi, e uscire allo scoperto come anche Genovese ha fatto, ora ritrovandosi molteplici accuse pendenti sul capo: sequestro di persona, spaccio di droga, violenza sessuale e lesioni gravissime. Mi spaventa ancor più però, quella resiliente cultura dello stupro che pone troppi dubbi e quesiti sulla responsabilità della vittima, quasi sempre a sottintendere l’odioso “se l’è cercata”, che troppo spesso proviene dalle bocche e dal giudizio delle stesse donne. .Là dove auspico anche per un cambiamento e una rivoluzione culturale, vi è soprattutto la speranza per la certezza della pena, che va ben oltre il mero sdegno sociale, rappresenta la giustizia che viene restituita alla vittima violata nel corpo, nella mente, e che porta nel suo bagaglio esistenziale un trauma enorme. Le coscienze siano solidali e vicine alle vittime, riconoscendone la centralità, senza atteggiamenti di minimizzazione e normalizzazione di condotte aggressive e aberranti sul piano sessuale: così si combatte e decostruisce la cultura dello stupro. Quella cultura che troppo spesso non crede alla vittima, decolpevolizzando lo stupratore. Dott.ssa Alice Mignani Vinci – Assistente sociale, Criminologa forense ed Educatore Professionale.

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Redazione

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