SANZIONI DISCIPLINARI: INCOMPATIBILITA’ COMANDANTE DI CORPO PARTE OFFESA

INCOMPATIBILITÀ DEL COMANDANTE DI CORPO ALL’ADOZIONE DI UN PROVVEDIMENTO DISCIPLINARE BASATO SULLA ESPRESSIONE DI GIUDIZI E APPREZZAMENTI A SUO CARICO (Sentenza del Consiglio di Stato)

✅ Art. 13 della legge 11 luglio 1978, n. 382 “Norme di principio sulla disciplina militare” : la violazione dei doveri della disciplina militare comporta sanzioni disciplinari di stato e sanzioni disciplinari di corpo. Le sanzioni disciplinari di stato sono regolate per legge. Le sanzioni disciplinari di corpo sono regolate dal regolamento di disciplina militare, entro i limiti e nei modi fissati nei successivi articoli 14 e 15”. In base all’art. 14 “le sanzioni disciplinari di corpo consistono nel richiamo, nel rimprovero, nella consegna e nella consegna di rigoreIl richiamo è verbale. Il rimprovero è scritto. La consegna consiste nella privazione della libera uscita fino al massimo di sette giorni consecutivi. La consegna di rigore comporta il vincolo di rimanere, fino al massimo di quindici giorni, in apposito spazio dell’ambiente militare – in caserma o a bordo di navi – o nel proprio alloggio, secondo le modalità stabilite dal regolamento di disciplina. La consegna e la consegna di rigore possono essere inflitte rispettivamente dal comandante di reparto e dal comandante del corpo o dell’ente presso il quale il militare che subisce la punizione presta servizio, salvo i casi di necessità ed urgenza ed a titolo precauzionale”. Ai sensi dell’art. 15, “nessuna sanzione disciplinare di corpo può essere inflitta senza contestazione degli addebiti e senza che siano state sentite e vagliate le giustificazioni addotte dal militare interessato. Inoltre, in base all’art. 57 del citato Regolamento di disciplina militare approvato col D..P.R. 18 luglio 1986, n. 545, “costituisce infrazione disciplinare punibile con una delle sanzioni disciplinari di corpo, salva l’applicabilità di una sanzione disciplinare prevista dalla legge di Stato, ogni violazione dei doveri del servizio e della disciplina indicati dalla legge, dai regolamenti militari, o conseguenti all’emanazione di un ordine. 2. Nel rilevare l’infrazione il superiore deve attenersi alla procedura di cui al successivo art. 58”. Ai sensi dell’art. 58, “ogni superiore che rilevi l’infrazione disciplinare, per la quale non sia egli stesso competente ad infliggere la sanzione, deve far constatare la mancanza al trasgressore, procedere alla sua identificazione e fare rapporto senza ritardo allo scopo di consentire una tempestiva instaurazione del procedimento disciplinare. 2. Il rapporto deve indicare con chiarezza e concisione ogni elemento di fatto obiettivo, utile a configurare esattamente l’infrazione. Il rapporto non deve contenere proposte relative alla specie ed alla entità della sanzione. 3. Se il superiore che ha rilevato l’infrazione ed il militare che l’ha commessa appartengono allo stesso corpo, il rapporto è inviato: a) direttamente al comandante di reparto, se comune ad entrambi i militari; b) per via gerarchica al comandante del corpo, se trattasi di militare di altro reparto…. Negli altri casi il superiore, tramite il proprio comando di corpo o ente, invia il rapporto al comando di corpo da cui il trasgressore dipende; qualora egli si trovi fuori dalla propria sede il rapporto deve essere presentato, per l’inoltro, al locale comando presidio”.

STRALCIO ⚖ SENTENZA CONSIGLIO DI STATO NEL PROCEDIMENTO N. 01654/2020REG.PROV.COLL. N. 00695/2011 REG.RIC.

Il Ministero della difesa e il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri hanno impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale, che ha accolto il ricorso proposto dall’appuntato scelto avverso il provvedimento di reiezione del ricorso gerarchico, con cui era stato impugnato il provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare della consegna di due giorni. La sentenza di primo grado ha accolto il ricorso, in quanto l’impugnato provvedimento era stato disposto proprio dal Comandante che era stato destinatario delle offese oggetto del provvedimento disciplinare, in violazione di un principio di imparzialità comunque immanente nell’ordinamento anche militare per la irrogazione di sanzioni disciplinari con conseguente obbligo di astensione. Ritiene il Collegio che le previsioni dell’ordinamento militare non possano fare venire meno l’applicazione dei principi generali dell’ordinamento ed in particolare dei procedimenti sanzionatori e disciplinari, le cui norme generali devono dunque ritenersi prevalenti su quelle specifiche della disciplina militare. Ciò del resto trova conferma nelle stesse disposizioni sopra indicate che richiamano anche per l’ordinamento militare i principi generali dei procedimenti sanzionatori ( cfr. art. l5 comma 1 della legge n. 382 del 1978 , per cui “nessuna sanzione disciplinare di corpo può essere inflitta senza contestazione degli addebiti e senza che siano state sentite e vagliate le giustificazioni addotte dal militare interessato”; rispetto del principio di legalità in base all’art. 13 di detta legge, pur temperato per le sanzioni cd. di corpo dal rinvio al Regolamento di disciplina militare). Ne deriva che, come correttamente rilevato dal giudice di primo grado, la competenza attribuita al comandante del reparto non può ritenersi a tal punto tassativa da dovere essere effettivamente conservata anche nei casi in cui sia egli stesso la persona offesa dei comportamenti del militari astrattamente rientranti nella fattispecie sanzionatoria, pena la violazione del principio generale dell’imparzialità direttamente derivante dall’art. 97 della Costituzione. Nel caso di specie, la sanzione della consegna è stata irrogata per la violazione dei doveri previsti dall’art. 36 della Regolamento di disciplina militare, in particolare ai sensi della lettera a), per cui il militare deve “-OMISSIS-”. In particolare, per avere espresso “giudizi ed apprezzamenti non confacenti alla dignità e al decoro, lesivi della personalità” proprio nei confronti del comandante che ha inflitto la sanzione. Ritiene, dunque, il Collegio che debba farsi applicazione dell’orientamento giurisprudenziale già espresso per cui va ravvisata la violazione dell’art. 97, primo comma, della Costituzione, quando l’Autorità che abbia irrogato la sanzione disciplinare coincida con il soggetto che sia stato leso dal comportamento del dipendente ed abbia contestato gli addebiti. In tal caso, non si può ritenere rispettato il principio di terzietà e di obiettività dell’azione amministrativa; l’espressa attribuzione della competenza al superiore non impedisce che la sanzione venga irrogata da altro soggetto appartenente al medesimo ufficio dall’autorità superiore (Consiglio di Stato Sezione, III, 26 settembre 2019, n. 6460; VI, 2 agosto 2006, n. 4722). Il principio di imparzialità, sancito dall’art. 97 Cost., di cui l’obbligo di astensione, tipizzato dall’art. 51 c.p.c., rappresenta un corollario, assume portata generale, sicché le ipotesi di astensione obbligatoria non sono tassative, e come tali da interpretarsi restrittivamente, ma piuttosto esemplificative di circostanze che mutuano l’attitudine a generare il dovere di astensione direttamente dal superiore principio di imparzialità, che ha carattere immediatamente e direttamente precettivo (Consiglio di Stato, VI, 24 luglio 2019, n. 5239). L’obbligo di astensione rinviene la sua ragione giustificativa nel pieno rispetto del principio costituzionale del buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa sancito dall’art. 97 della Costituzione, posto a tutela del prestigio della pubblica amministrazione e che non tollera alcun tipo di compressione (Consiglio di Stato, Sez. II, 21 ottobre 2019 n. 7113). Costituisce principio generale per l’esercizio di un potere amministrativo, in particolare discrezionale, l’imparzialità del soggetto che adotta il provvedimento finale.  Deve, infatti, essere richiamato l’art. 6 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, inserito dall’art. 1, comma 41, della legge 6 novembre 2012, n. 190, non immediatamente applicabile alla presente fattispecie, ma utile quale ausilio interpretativo dell’ambito di estensione del principio di imparzialità, per cui “il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”.  Prescindendo dall’esame dei presupposti della sanzione, non oggetto del presente giudizio, non essendo stati riproposti in appello gli ulteriori motivi di ricorso di primo grado, è evidente la situazione di incompatibilità del comandante all’adozione di un provvedimento disciplinare basato sulla espressione di giudizi e apprezzamenti a suo carico in una vicenda che inoltre ormai coinvolgeva anche l’apparato amministrativo della Difesa. È evidente la situazione di incompatibilità del comandante all’adozione di un provvedimento disciplinare basato sulla espressione di giudizi e apprezzamenti a suo carico. L’appello è dunque infondato e deve essere respinto.

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