MALTRATTAMENTI in FAMIGLIA: OSTACOLARE INCONTRI CON UN GENITORE

La Corte di Cassazione – VI Sezione Penale – con la sentenza 13 aprile 2022, n. 14522, ha ribadito, che la violazione dell’articolo 572 cod pen. può essere integrata anche soltanto “mediante la sostanziale privazione della funzione genitoriale”. La Corte,  con la sentenza in questione si è occupata di stabilire se la condotta del maltrattamento, debba avere necessariamente natura materiale e procurare danni fisici, ovvero possa avvenire anche soltanto mediante vessazioni psicologiche o altre forme di abuso. La vicenda riguardava   una sentenza  della Corte di Appello di Catanzaro, confermativa della sentenza  del giudice di prime cure, che aveva condannato ai sensi dell’art. 572 cod pen. una madre separata, per avere maltrattato sia il coniuge non più convivente che il figlio minore. Dal ricorso per Cassazione emergeva che erano stati accertati singoli episodi rientranti nella conflittualità tra le parti, sfociati in un singolo caso di condanna per inosservanza del provvedimento giudiziale relativo alla gestione del figlio minore. La Cassazione preso atto del fatto che l’imputata – madre del minore –  fosse arrivata a non portare più il figlio a scuola per impedire che incontrasse il padre, ha ritenuto tale condotta sufficiente a fare ritenere ampiamente motivata la condanna ai sensi dell’art. 572 cod. pen. La stessa Corte, ha ribadito alcuni precedenti giurisprudenziali, secondo i quali “integra il delitto maltrattamenti in famiglia anche la sostanziale privazione della funzione genitoriale del componente della famiglia, realizzata mediante l’avocazione delle scelte economiche, organizzative ed educative relative ai figli minori e lo svilimento, ai loro occhi, della sua figura morale” ( Cfr. Cass., Sez. V Pen., n. 21133 del 25 marzo 2019): ciò tanto laddove le condotte persecutorie di un genitore nei confronti dell’altro siano poste in essere alla presenza del figlio, costretto ad assistervi sistematicamente, trattandosi di condotta espressiva di una consapevole indifferenza verso gli elementari bisogni affettivi ed esistenziali del minore e idonea a provocare sentimenti di sofferenza e frustrazione in quest’ultimo” (Così anche Cass., Sez. V Pen., n. 32368 del 29 marzo 2018). Infine,  il reato  in esame,   è un reato abituale proprio che seppure caratterizzato  da condotte di per sé lecite, assumono carattere illecito in ragione del loro protrarsi. Condotte che possono assumere la forma sia commissiva che omissiva (nel caso sussistano in capo al soggetto agente dei doveri di protezione), con dolo  generico, cioè nella semplice coscienza – o inescusabile ignoranza – riguardo all’infliggere una serie di sofferenze alla vittima. Non è pertanto necessario che la reiterata condotta maltrattante sbocchi in un conclamato danneggiamento fisico o morale ma, è sufficiente che il responsabile cerchi consapevolmente di privare altri componenti della famiglia, anche separata, del naturale rapporto affettivo tra di loro, mediante condotte che possono essere semplicemente evitanti, pretestuose, o esageratamente protettive.

ARTICOLO 572 del Codice Penale:

1. Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni (2).

[2. La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di persona minore degli anni quattordici] (3).

2. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi (4)

3. Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni.

4. Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato. (4).

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(1) Articolo così sostituito dalla lettera d) del comma 1 dell’art. 4, Legge 172 del 2012.

(2) L’attuale trattamento edittale è stato introdotto dall’art. 9 della Legge n.. 69 del 2019. Il precedente era da due a sei anni di reclusione.

(3) Comma abrogato dall’art. 1, comma 1-bis, DL 93/2013 convertito in Legge n. 119 del 2013.

(4) Comma aggiunto dall’art. 9 della Legge n. 69 del 2019.

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