La Quarta Sezione della Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 11655, depositata il 29 marzo 2021, ha ritenuto l’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza – art. 186, lett. c) C.d.S. – aggravato dall’aver provocato un incidente stradale.
Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, sentenza 11 novembre 2020/29 marzo 2021, n. 11655
Ritenuto in fatto
1. M.F. , a mezzo del difensore, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia che ha confermato la pronuncia di condanna, resa a seguito di giudizio abbreviato, dal Gup di Bergamo, in ordine al reato di guida in stato di ebbrezza – art. 186, lett. c) – aggravato dall’aver provocato un incidente stradale.
2. Il (omissis) , alle 17.10, la polizia locale di Bergamo interveniva in (OMISSIS) ove si era verificato un incidente in cui erano coinvolte diverse autovetture, tra cui quella di proprietà di M.F. . Secondo quanto emergeva dalla cnr, l’imputato, giunto ad un’intersezione semaforica, aveva tamponato un’autovettura che lo precedeva la quale, a sua volta spinta in avanti, ne tamponava un’altra. Tutti i conducenti venivano sottoposti ad un esame preliminare per alcolemia: il solo M. era risultato positivo. L’accertamento mediante etilometro dava gli esiti di 1.67 g/l alla prima prova e 1.58 g/l alla seconda.
3. Il ricorso consta di due motivi.
3.1. Con il primo, si invoca l’applicazione, in questa sede di legittimità, della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., introdotta nel codice penale in epoca successiva alla sentenza di appello, avuto riguardo alla condizione di pressoché incensuratezza dell’imputato, gravato da un precedente di minima entità (spendita di banconota falsa), alla non abitualità della condotta e al positivo comportamento post delictum.
3.2. Con il secondo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione della pena pecuniaria nella misura minima, considerata la disomogeneità tra pena detentiva (disposta nel minimo) e pena pecuniaria (più elevata rispetto al minimo edittale), priva di logica ragione.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è meritevole di accoglimento.
2. È necessario premettere che le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U., n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj), investite della relativa questione, hanno stabilito che la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis c.p., in quanto applicabile – in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma – in relazione ad ogni fattispecie criminosa, è configurabile anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, non essendo, in astratto, incompatibile, con il giudizio di particolare tenuità, la presenza di soglie di punibilità all’interno della fattispecie tipica, rapportate ai valori di tassi alcolemici accertati. Come è noto, il legislatore ha limitato il campo d’applicazione del nuovo istituto in relazione alla gravità del reato, desunta dalla pena edittale massima, e alla non abitualità del comportamento. In tale ambito, il fatto particolarmente tenue va individuato alla stregua di caratteri riconducibili a tre categorie di indicatori: le modalità della condotta, l’esiguità del danno o del pericolo, il grado della colpevolezza. Il giudizio sulla tenuità del fatto richiede, infatti, una valutazione complessa che ha ad oggetto le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo valutate ai sensi dell’art. 133 c.p., comma 1. Quanto alla non abitualità della condotta, le Sezioni Unite, nella menzionata pronuncia, hanno esplicitato la portata dell’art. 131-bis, comma 3, che definisce il comportamento abituale. Hanno così ritenuto fuorviante riferirsi esclusivamente alle categorie tradizionali, come quelle della condanna e della recidiva, ricordando che, mentre alcune indicazioni della nuova normativa sono chiare – il riferimento ad istituti codicistici: delinquente abituale, professionale, per tendenza -, così come non oscuro è il riferimento alla commissione di “più reati della stessa indole”, il tenore letterale lascia intendere che l’abitualità si concretizzi in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole (dunque almeno due) diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis c.p.. In breve, il terzo illecito della medesima indole dà legalmente luogo alla serialità che osta all’applicazione dell’istituto. I reati, peraltro, possono anche essere successivi a quello in esame, perché si verte in un ambito diverso da quello della disciplina legale della recidiva. La pluralità dei reati può concretarsi non solo in presenza di condanne irrevocabili, ma anche nel caso in cui gli illeciti si trovino al cospetto del giudice che, dunque, è in grado di valutarne l’esistenza; come ad esempio nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui.
3. Ciò detto e in considerazione del fatto che la sentenza di appello è antecedente all’introduzione, ad opera del D.Lgs. n. 28 del 2015, della norma di cui all’art. 131-bis, il Collegio richiama la possibilità che la Corte di Cassazione adotti pronunzia di annullamento senza rinvio quando la restituzione del giudizio nella sede di merito è “superflua”; quando, cioè, per quel che qui interessa, non è richiesta una valutazione sul fatto estranea al sindacato di legittimità. All’uopo, devono, pertanto, considerarsi la risalenza nel tempo di un precedente di modesta entità, l’assenza di danni alle persone conseguenti alla condotta di guida dell’imputato, la prossimità del tasso alcolemico alla soglia di cui dell’art. 186 C.d.S., lett. b), la non abitualità della condotta.
4. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non è punibile ai sensi dell’art. 131-bis c.p..
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere la punibilità esclusa per la particolare tenuità del fatto. Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a)