LA SOLITUDINE di Francesco PALOPOLI

LA SOLITUDINE
Cos’e’ la solitudine? La definizione che ci da’ un comune vocabolario e’ “condizione, stato di chi e’ solo, come situazione passeggera o duratura”. Per quanto mi riguarda, la solitudine non e’ necessariamente una condizione negativa, a volte e’ rassicurante, acquieta l’animo, e’ utile per ritrovare se stessi, per passare del tempo in compagnia dei nostri pensieri e delle nostre fantasie. Bisogna pero’ fare una distinzione tra lo stare soli con se stessi e il sentirsi soli. Lo stare soli e’ spesso una necessita’ alla quale non si puo’ e non si vuole rinunciare e viene percio’ ricercata, mentre invece nel sentimento di solitudine, la percezione e’ angosciante e frustrante e puo’ gettare nello sconforto. Generalmente la solitudine emotiva, quella affettiva che spesso prende ognuno di noi nei rapporti con chi ci e’ vicino, si differenzia da quella sociale, percepita a causa della mancata empatia con gli altri e che ci fa sentire soli in ogni ambiente e circostanza, sia a casa che al lavoro. Di fatto e’ una condizione psicologica che porta inevitabilmente alla depressione, perche’ questa mancanza di emozioni porta a sviluppare un umore negativo ed una mancanza di piacere, un pessimismo globale ed una ridotta autostima, fino ad arrivare all’estremo nell’avere il desiderio di morire. Di queste “distanze psicologiche” sembra raccontare l’artista Edward Hopper (1882-1967) che e’ stato definito il pittore della solitudine americana, il poeta del sentimento solitario. In realta’ Hopper non gradiva affatto essere definito in questo modo, perche’ trovava molto riduttivo l’essere ricondotto solo a questo aspetto. Eppure e’ innegabile che i suoi quadri, abitati da pochi personaggi disposti preferibilmente in un interno, siano il manifesto della solitudine e suscitino a chi li guarda una sensazione di ansia. Guardare una sua opera comporta spesso l’essere assaliti da un profondo senso di estraniamento e di alienazione con se stessi e con gli altri, una melanconia sconfortante. Non solo, ma si percepisce anche la banalita’ e la noia del quotidiano, il silenzio e l’indifferenza, e ogni individuo sembra chiuso in una spessa corazza di cristallina solitudine, anche se sono presenti altre persone, come monadi incomunicabili tra loro. Non a caso il suo dipinto piu’ conosciuto e famoso e’ “I nottambuli” in cui viene rappresentata la vetrina di un bar con alcuni clienti al bancone. Fuori dal locale la strada e’ deserta perche’ la scena e’ ambientata a notte fonda. Non c’e’ alcuna interazione tra i protagonisti e ciascuno di loro e’ immerso nei propri pensieri in una cappa di cristallo che li estrania completamente dal resto del mondo.  

Hopper e’ il pittore del silenzio, dell’immobilita’, della stasi. Tutto sembra fermo, quasi privo di vita, e anche se i quadri rappresentano condizioni inerenti la realta’ quotidiana, tutto sembra trasfigurato ed illusorio, drammaticamente essenziale. E’ la stessa solitudine che ci sta attanagliando in questa condizione di isolamento forzato a causo dell’emergenza sanitaria. Ci stiamo tutti estraniando gli uni dagli altri, e viviamo con disagio la nostra solitudine obbligatoria, senza possibilita’ di alcuna dimostrazione di vicinanza ed affetto verso gli altri. Anzi, si sta sempre piu’ sviluppando in noi un’acredine ed un fastidio verso il prossimo, sentimenti che stanno diventando sempre piu’ un’abitudine ed una necessita’.
Se il Covid ci ha massacrato, sia dal punto di vista sanitario che economico, forse i danni piu’ gravi e permanenti sono e saranno quelli della profonda solitudine sociale in cui siamo relegati, nella quale ognuno di noi si sente emarginato, distanziato, escluso o recluso nel suo ambiente di vita e nella propria disperazione.
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Redazione

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