LAVORI “EXTRA” SULLE NAVI FREMM, CONDANNATO DALLA CORTE DEI CONTI L’ AMMIRAGLIO DI SQUADRA GIUSEPPE DE GIORGI, EX CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA MARINA MILITARE. La Corte dei Conti – III Sez. Centrale di Appello riforma la sentenza della Sez. giurisdizionale della Regione Lazio e lo condanna al pagamento in favore del Ministero dello Sviluppo Economico di euro 474.450,00 oltre a rivalutazione ed interessi. TESTO SENTENZA: SENTENZA n. 191 del 2020, nel giudizio di appello iscritto al n. 54398 del Ruolo generale, proposto dal Procuratore Regionale presso la Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio;
APPELLANTE PRINCIPALE contro Giuseppe De Giorgi, rappresentato e difeso da-gli avv.ti Alberto Giulio Cianci, Luca Di Donna e Federico Tedeschini, presso il cui studio risulta elettivamente domiciliato, in Roma, Largo Messico n. 7 – APPELLATO – AVVERSO: la sentenza n. 1 del 08.01.2019 della Sezione giurisdizionale per la regione Lazio. Visti tutti gli atti ed i documenti di causa. Uditi nella pubblica udienza del 08.07.2020 il relatore, consigliere Marco Smiroldo, il P.M. in persona del Vice Procuratore Generale Sabrina D’Alesio, l’avv. Tedeschini e l’avv. Cianci per il De Giorgi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO: 1. – Con l’impugnata sentenza la Sezione territoriale, respinta l’eccezione di nullità della citazione per indeterminatezza, ha rigettato la richiesta di condanna dell’odierno appellato al pagamento di euro 15.484.051,08, in favore del Ministero dello sviluppo economico. Al De Giorgi era stata contestata, nella sua qualità di Capo di Stato Maggiore della Marina Militare dal febbraio 2013 al giugno 2016, la responsabilità erariale – a titolo di dolo o, in subordine, di colpa grave – per i costi sostenuti in relazione ad una serie di interventi, operati tra il 2013 ed il 2014 in primis su nave Bergamini, prima della Classe (FOC) delle fregate multiruolo del programma FREMM (Fregata Europea Multi Missione), modifiche che poi sarebbero state confermate ed attuate anche sulle altre unità navali FREMM. In particolare, si trattava di interventi modificativi che avevano determinato una diversa organizzazione degli spazi a bordo delle predette unità navali rispetto agli assetti derivanti dalla realizzazione dei progetti originali, in relazione, in particolare, alle aree destinate alle mense e quadrati Ufficiali, Sottufficiali ed equipaggio (F-FNC-ECP-00088-13 del 2013) per un costo complessivo di euro 10.148.021,98, nonché ai camerini Ammiraglio, Comandante e Sea-cabin (F-FNC-ECP-00051-14 del 2014) per un costo complessivo di euro 5.336.029,10. In base ai risultati dell’inchiesta formale svolta al riguardo dal Ministero della Difesa nel 2017 e agli elementi emersi a seguito dell’attività istruttoria del PM, detti interventi sono stati reputati dalla Procura illogici e fonte di danno erariale per l’inutilità della relativa spesa. Secondo la prospettazione attorea, le modifiche in questione erano state disposte sulla base di generici e asseriti “limiti di fruibilità da parte dell’equipaggio”, correlati sia ad “aspetti di carattere prettamente operativo” sia a profili di “rappresentanza”. Inoltre, le lavorazioni erano state operate anche su navi già terminate (p. es., nave Bergamini, infatti, era già stata realizzata – ed accettata, come pienamente rispondente alle specifiche contrattuali, in data 29 maggio 2013 da apposita Commissione), mediante lo smantellamento di opere realizzate in pieno adempimento dei sottostanti contratti in essere, causando disservizi conseguenti all’esecuzione dei lavori su una nave già consegnata ed, infine, non avevano comunque determinato alcun incremento di valore.
2. – La Sezione territoriale, esaminate le difese di parte convenuta, ha ritenuto di escludere la sussistenza del prospettato danno erariale in base ai seguenti rilievi. In primo luogo, la Sezione territoriale ha ritenuto che la Commissione d’inchiesta ministeriale non avesse assicurato il rispetto del principio della partecipazione procedimentale e del diritto al contraddittorio, previsto dall’art. 111 Cost. e dalle norme dell’ordinamento militare: l’odierno appellato non era stato messo in grado di controdedurre agli addebiti mossi; inoltre, la Commissione aveva omesso di valutare ulteriori responsabilità nell’ambito della struttura di comando interessata. Tali circostanze hanno indotto il Collegio di primae curae a ritenere minata la fondatezza dell’evocata responsabilità, in quanto in sede di Inchiesta formale non risultavano essere stati considerati elementi fondamentali, ossia: – il c.d. fattore umano e la tabella dell’equipaggio (passati nel tempo da 100/120 a 179 unità di personale, e quindi alla possibilità di imbarcare fino a 200 unità); – l’ampliamento temporale delle missioni. Al riguardo la Sezione territoriale ha osservato che tali circostanze non avevano dato luogo ad una conseguente adeguata riperimetrazione degli spazi comuni, servizi e strutture, portando all’emersione di criticità operativo gestionali i cui tratti di evidente problematicità erano già stati prospettati da un precedente Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, che aveva icasticamente definito l’incremento dei posti branda da 179 a 200 unità come una “pazzia” (documento 23-bis prodotto in primo grado dalla difesa di parte convenuta “scheda di sintesi dei pareri di coordinamento all’appunto congiunto SPMMM-Navispe-log n. 56 del 27.12.2010 e controdeduzioni”). Tali criticità – secondo il Collegio di primae curae – avevano trovato “immediata conferma nelle qualificate testimonianze scritte presentate dalla difesa del convenuto”, ossia quelle dell’Ammiraglio Antonio Natale (dall’agosto del 2013 Capo reparto Navi presso lo Stato Maggiore della Marina) e dell’Ammiraglio Giampaolo Di Paola (Segretario Generale della Difesa dal 2001 al 2004, Capo di Stato Maggiore della Difesa dal 2004 al 2008, Presidente del Comitato militare della NATO dal 13 febbraio 2008 al 18 novembre 2011, Ministro della Difesa dal 2011 al 2013), nonché dei seguenti ufficiali: Contramm. Davide Berna, Amm Pierpaolo Ribuffo, Amm. Giuseppe Letora, CV Gianmarco Conte, CV Marco Casapieri, Amm. di Div. Paolo Pezzuti, Amm. Sq (CINCNAV) Donato Marzano. A supporto delle conclusioni contenute nelle predette testimonianze la Sezione ha considerato l’esistenza di disegni di costruzione che “dimostrano come le aree comuni oggetto della modifica oggetto dell’odierno giudizio fossero configurate in base ad unità di personale a bordo inferiori alla metà rispetto alle successive previsioni”, nonché una Memoria tecnico-illustrativa prodotta dalla difesa De Giorgi (allegato n. 17 della produzione difensiva di primo grado), che “avvalora l’utilità delle modifiche apportate per conseguire un pieno adeguamento della nave alle mutate esigenze operative, mettendo, altresì, anche in evidenza alcune oggettive criticità che hanno connotato l’accertamento posto in essere dall’originaria Commissione ministeriale d’indagine”. Gli elementi sopra ricordati, in uno col fatto che le modifiche erano state poi replicate su altre navi della medesima classe FREMM, sono stati ritenuti dalla Sezione territoriale idonei a dimostrare che gli interventi disposti dall’odierno convenuto erano stati connotati da un’oggettiva utilità e, conseguentemente, era stato escluso il verificarsi di un danno erariale. La Sezione di primo grado ha inoltre ritenuto l’insussistenza di qualsiasi profilo di dolo eventuale o colpa grave, “essendo le decisioni del convenuto state assunte nel rispetto delle procedure legislativamente previste e finalizzate, altresì, a perseguire in concreto anche le alternative meno onerose per la realizzazione dei suddetti interventi modificativi” e, comunque, nell’esclusivo interesse della Marina Militare. Sul punto la Sezione territoriale ha soggiunto che “A diverse considerazioni, in vero e in disparte di quanto sopra rilevato, avrebbe potuto astrattamente pervenirsi soltanto attraverso un vaglio anche del concorso delle altre strutture della Marina – in particolare la Direzione degli Armamenti Navali (NAVARM) stante la specifica competenza alla stessa riconosciuta dal T.U.O.M.(art. 95-106) – coinvolte nella fattispecie in esame, che risulta inquadrata nell’ampio contesto di un programma internazionale di sviluppo delle predette unità navali”.
3. – Con appello notificato in data 13 – 15.02.2019 e depositato, unitamente alla sentenza gravata, in data 07.03.2019, il Procuratore regionale del Lazio ha chiesto la riforma della sentenza n. 1 del 2019 della Sezione giurisdizionale per la regione Lazio e l’accoglimento della domanda proposta in primo grado. Preliminarmente la Procura appellante ha ricostruito i fatti di causa, ed in particolare le contestazioni. In tale prospettiva, ha ribadito che era stata “illogica e foriera di danno erariale la scelta di intervenire su parti di navi già realizzate ovvero, addirittura, per Nave Bergamini, allorquando l’unità era già ultimata e consegnata, sulla base di non meglio precisate esigenze operative ovvero di rappresentanza. Riteneva indubbio che costituisse danno erariale, sotto il profilo della spesa inutile, intervenire su una prestazione già adempiuta secondo contratto, smantellando opere nuove e già realizzate in pieno adempimento contrattuale per, sostanzialmente, annullare la prestazione resa e realizzarne una ulteriore”. Ha, inoltre, specificato che “tale condotta, inquadrabile sotto il profilo soggettivo nella categoria del dolo eventuale (non essendo pensabile che il sig. De Giorgi non si rendesse conto che la sua scelta avrebbe comportato inutili maggiori oneri o, quantomeno, la sostanziale inutilità delle somme già spese per realizzare gli spazi poi oggetto di nuovo intervento) ovvero, in subordine, della colpa grave, assume profili di maggiore gravità per aver inciso direttamente e con evidenti anomalie procedurali (si pensi alle richieste di realizzazione anticipata rispetto alle variazioni negoziali, senza una previa valutazione dei costi, ovvero, più in generale, alle condotte censurate nella relazione della Commissione d’inchiesta, e alle irregolarità gestionali espresse nella nota dell’Amm. Nencioni in all. 15 alla relazione d’inchiesta) su soluzioni progettuali già definite da anni e sulla base di approfonditi studi (i cc.dd. human factor), peraltro perfettamente funzionali e “in linea con l’impostazione di navi con equipaggio ridotto per economicità, mense a self service ed integrazione del personale, per quanto possibile, durante le mense, a similitudine di Unità navali di altri Paesi NATO” (cfr. pag. 10 relazione della relazione della Commissione d’inchiesta)”. La Procura appellante ha sottolineato che, al momento della decisione di apportare le modifiche contestate, “Nave Bergamini era stata accettata, il 29 maggio 2013, da apposita Commissione nominata dal medesimo CSMM, ed era pienamente rispondente alle specifiche contrattuali. Peraltro, lo stesso direttore generale di Fincantieri per le navi militari, ing. Maestrini, ritiene non aumentato il valore commerciale del bene nonostante i lavori di trasformazione (cfr. pag. 8 della relazione della Commissione d’inchiesta e la nota del Segretariato generale della difesa n. 46624 del 21 giugno 2017). Per non parlare, poi, dei disservizi conseguenti all’esecuzione dei lavori su una nave già consegnata (cfr. pag. 10 relazione della Commissione d’inchiesta), nonché dell’opportunità della scelta, anche alla luce dell’impatto economico (cfr., in tal senso, pag. 11 relazione della Commissione d’inchiesta)”. La Procura ha, quindi, ribadito che il danno derivante dalla condotta del sig. De Giorgi è stato quantificato facendo riferimento ai maggiori oneri sostenuti in conseguenza delle due ECP volute dal CSMM. Come detto gli importi congruiti erano pari a euro 9.274.944,20 per la prima ECP ed euro 5.027.990,74 per la seconda ECP. La Procura ha precisato che al momento del deposito dell’atto di citazione, per la F-FNC-ECP- 00088-13 del 2013 erano stati pagati complessivi euro 10.148.021,98, mentre per la F-FNC-ECP-00051-14 del 2014 erano stati pagati complessivi euro 5.336.029,10. I costi complessivamente sostenuti, alla data di deposito dell’atto di citazione, per le due ECP volute dal sig. De Giorgi, comprensivi di riprogettazione, demolizioni, ricostruzioni, ecc., pari ad euro 15.484.051,08, costituivano, ad avviso della Procura, danno certo, concreto e attuale subito dal Ministero dello sviluppo economico, che stanzia le risorse necessarie per la realizzazione del programma FREMM, ai sensi dell’art. 1, c. 95, legge n. 266/2005. L’appellante Procuratore regionale ha quindi contestato gli snodi motivazionali che hanno portato al rigetto della domanda. In particolare, ha stigmatizzato la valutazione della Sezione secondo la quale l’azione della Procura contabile non sarebbe stata “connotata da una propria autonomia o caratterizzata da un approccio critico nei confronti delle valutazioni discrezionali cui tale Commissione [ossia la Commissione d’inchiesta formale] era pervenuta”. Sul punto ha rilevato che il fatto che l’Ufficio requirente condivida le conclusioni della Commissione non esclude affatto un’autonoma valutazione critica delle stesse, peraltro vagliate anche a seguito di ulteriore attività istruttoria della Procura (acquisizioni documentali e audizioni personali) della quale, tuttavia, la Sezione non ha tenuto alcun conto. Rimane, infatti, incontestato – secondo la Procura – “il fatto centrale posto a base dell’atto di accusa, e cioè che il sig. De Giorgi, con una procedura del tutto fuori dalle regole (non avendo il Capo di Stato Maggiore della Marina il potere di disporre direttamente modifiche alle unità navali, ancor più se richieste a prescindere dal loro costo, calcolato solo successivamente) ha disposto, su una nave già consegnata alla Marina e pienamente conforme a quanto richiesto dai suoi predecessori, e sulle altre navi in via di ultimazione, lo smantellamento di parti nuove e il loro rifacimento secondo i suoi desiderata”, adducendo generiche e laconiche motivazioni, comprese le “esigenze di rappresentanza”, che la Procura ritiene non possano assolutamente giustificare interventi quali quelli disposti dal sig. De Giorgi. L’appellante Procura ha contestato, quindi, il punto centrale della motivazione di rigetto, ossia l’aumento del personale imbarcabile da 100/120 unità fino a 200 e l’ampliamento dei tempi di missione, sopravvenienze che – secondo l’impugnata sentenza – non avrebbero avuto adeguata valutazione da parte della Procura, con conseguente necessaria riperimetrazione degli spazi comuni, servizi e infrastrutture, realtà quest’ultima, confermata da “qualificate testimonianze scritte presentate dalla difesa del convenuto”. Quanto alle testimonianze scritte, l’appellante Procuratore regionale ha contestato la loro produzione unicamente in giudizio e non nelle precedenti fasi (preprocessuali o cautelari) del processo, nonché la violazione degli artt. 94 e 98 del c.g.c., e dell’art. 257 bis, c.p.c., rilevando la mancata conversione dell’art. 257 ter, c.p.c. ed il fatto che alla Procura non è stato consentito di porre domande ai dichiaranti. Ma ciò che più rileva – ha osservato la Procura – è che “l’argomento dell’aumento del personale imbarcato non può certo valere anche per le modifiche apportate ai camerini Ammiraglio, Comandante e Sea-cabin, per le quali ancor oggi non si comprendono le ragioni, se non quelle esplicitate dal sig. De Giorgi nelle sue note, e cioè di “rappresentanza”. La Procura ha precisato che non è dato comprendere, né la sentenza impugnata ha detto alcunché in proposito, quale nesso possa intercorrere tra l’incremento delle unità di personale imbarcabili e l’unificazione degli alloggi Ammiraglio e Comandante e la realizzazione ex novo della Sea cabin. Per quanto specificamente riguarda l’aumento del personale, la Procura ha sottolineato che dagli atti, in realtà, risulta chiaramente che fin dall’origine (ossia dal 2005), con la Specifica Tecnica di Human Factor contrattualizzata col primo contratto FREMM, era previsto un equipaggio di 165 unità di personale imbarcato (145 di equipaggio + 20 membri di un Comando di staff) e non di 100/120, come asserito dalla Sezione Giurisdizionale Lazio. Inoltre, l’appellante ha fatto presente che la portata delle modifiche richieste dal sig. De Giorgi, e di cui si discute nel presente processo, emerge chiaramente ed in modo diretto dalle sopra richiamate ECP nn. F-FNC-ECP-00088-13 del 2013 ed F-FNC-ECP-00051-14 del 2014 (nonché dagli allegati alla relazione della Commissione d’inchiesta e, in particolare, l’all. 12), che descrivono compiutamente le modifiche richieste. La prima modifica riguarda i quadrati e le mense, ed in definitiva, si risolve in una diversa distribuzione degli spazi con separazioni a seconda delle categorie di personale (Ufficiali, Sottufficiali e Truppa), scelta insindacabile se operata in fase di progettazione o in corso di realizzazione, ma del tutto illogica e foriera di danno erariale nel momento in cui, per effettuare le modifiche, si deve intervenire su parti di nave già costruite secondo quanto già deciso in precedenza. Quanto alla seconda ECP del 2014, relativa alla modifica Sea cabin e alloggi Comandante e Ammiraglio, dall’analisi degli elaborati progettuali si evince che gli alloggi Comandante e Ammiraglio vengono unificati (e quindi a servizio di un solo Ufficiale), diventando una sorta di appartamentino con uno spazio cucina, un ufficio, una sala conferenza e un salottino. Viene poi creata ex novo una Sea cabin, ridimensionando il locale Chart House (cfr. anche, per una migliore comprensione delle modifiche, l’all. n. 12 alla relazione della Commissione d’inchiesta). Dalla sentenza non si evince, tuttavia, il motivo per il quale queste e le altre modifiche fossero talmente utili e necessarie da giustificare lo smantellamento e ricostruzione di parti di navi già costruite o addirittura consegnate. Concludendo sul punto, la Procura ha ritenuto che gli atti di causa siano sufficienti a dimostrare che, nonostante l’incremento dell’equipaggio (da 165 a 200 unità e non, come asserito dai primi Giudici, da 100/120 a 200), le modifiche non erano assolutamente necessarie e comunque dovevano essere previste prima della concreta realizzazione dei lavori. Tale circostanza – secondo la Procura – non può essere smentita dalle dichiarazioni scritte prodotte dal convenuto, e qualora queste fossero ritenute rilevanti, ha chiesto la fissazione di un termine per l’escussione di testi a prova contraria (Capi di Stato Maggiore succedutisi dal 2005 a oggi e dell’Amm. Nencioni). La Procura ha anche impugnato il capo che ha escluso, ancorchè incidentalmente, la sussistenza del dolo o della colpa grave. Sul punto ha ribadito che le modifiche richieste non andavano nel senso della migliore efficienza, specie – ma non solo – quelle relative alla ECP n. F-FNC-ECP-00051-14 del 2014. Si sottolinea al riguardo che lo stesso appellato parla di “esigenze di rappresentanza”, e che dall’esame degli atti è evidente che le modifiche erano in gran parte relative all’aggiunta di beni – salottini, spazi ricreativi, ampliamento di locali a disposizione esclusiva del Comandante – che nulla avevano a che fare con l’efficienza. In ogni caso – ha ribadito la Procura appellante -, una volta realizzata l’opera, non pare consentito – a meno che non sia assolutamente necessario – disfare parti nuove, appena costruite, per rifarle, così duplicando i costi. Quanto al “rispetto delle procedure legislativamente previste” affermato in sentenza, la Procura ha sottolineato che, come ampiamente dimostrato dalla serie cronologica degli atti del procedimento – e non contestato dalla parte -, le modifiche sono state disposte prima dell’avvio dell’iter amministrativo legislativamente previsto e a prescindere dall’entità dei costi, attraverso rapporti diretti con l’Industria. Infine, la Procura ha sottolineato che “Quanto al ruolo di NAVARM (non è dato conoscere qual è il coinvolgimento “delle altre strutture della Marina”, né quali esse siano, e comunque nella stessa dichiarazione riportata per esteso a pag. 14 della sentenza si legge che le decisioni oggi contestate “rientravano correttamente nella sfera di competenza, di sostanza e di diritto, del CSM”), sembra chiaramente dimostrato che il suo vertice Amm. Nencioni si sia opposto in tutti i modi per impedire le modifiche richieste. Qualora vi siano dubbi in tal senso, si ribadisce la richiesta di fissazione di un termine affinché anche la Procura possa dedurre la prova per testimoni nel rispetto delle forme di cui all’art. 244 c.p.c.”. La Procura appellante ha quindi rassegnato le seguenti conclusioni: “Voglia l’ecc.ma Corte dei conti in grado di appello, eventualmente previa fissazione di un termine per la deduzione di prova testimoniale come meglio sopra specificato, riformare la sentenza n. 1/2019 dell’8 gennaio 2019 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il Lazio e condannare Giuseppe De Giorgi al pagamento in favore del Ministero dello sviluppo economico della somma di euro 15.484.051,08, ovvero della diversa somma risultante in corso di causa, aumentata della rivalutazione monetaria, degli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza di primo grado fino al soddisfo e con le spese di giudizio”. 3. – Con memoria del 16.06.2020 si è costituito il sig. De Giorgi. La difesa ha in primo luogo stigmatizzato l’impianto generale dell’appello, fondato sulla richiesta di nuove prove testimoniali, come tali inammissibili ex art. 193 c.g.c., e sulla indebita equiparazione tra prove testimoniali e la documentazione depositata, consistente in dichiarazioni tempestivamente allegate alla comparsa di risposta, non contestate in primo grado, ammissibili e liberamente apprezzabili dal giudice, essendo la loro inammissibilità tardivamente eccepita. La difesa ha quindi eccepito l’inammissibilità dell’appello ex art. 193 c.g.c. nella parte in cui contesta l’ammissibilità delle testimonianze, in quanto eccezione tardiva perché non sollevata in sede di giudizio di primo grado. In secondo luogo, la difesa ha sottolineato l’ammissibilità e la valenza delle dichiarazioni raccolte in sede di indagini difensive penali, che non sono testimonianze scritte e si rivelano utilizzabili quali prove atipiche, regolate e penalmente tutelate dalla legge quanto alla loro veridicità. Queste, peraltro, hanno rappresentato unicamente un’ulteriore conferma delle numerosissime prove documentali già acquisite, e concorrono a formare il libero convincimento del giudice. Nel merito la difesa ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per mancanza di motivi specifici: l’appellante si sarebbe limitato a rieditare una domanda fondata su di un corredo probatorio praticamente inesistente. Ha stigmatizzato la contestazione della Procura circa i tempi di deduzione delle prove consistenti in dichiarazioni, frutto di una precisa scelta processuale, giustificata da un riferito atteggiamento pregiudizialmente ostile della Procura. La difesa ha inoltre eccepito la violazione dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 47, comma 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Infatti, qualora si accogliessero i rilievi dell’appellante sulle prove testimoniali, si violerebbe il diritto “ad ottenere la convocazione in esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico”, nonché il diritto a farsi consigliare, difendere e rappresentare nell’esercizio del proprio diritto ad un ricorso effettivo dinanzi al giudice. Passando al merito specifico, la difesa ha richiamato quanto precisato nel doc. 17 delle produzioni di primo grado i cui contenuti sono riportati nell’all. A alla perizia giurata del CTP ing. P., allegata alla memoria di costituzione e risposta in appello. In tale contesto, la difesa De Giorgi ha esaminato diffusamente le singole contestazioni (il rispetto delle procedure seguite; lo smantellamento di alcune parti già allestite con modifica utile e necessaria; il carattere utile e necessario delle modifiche apportate per le aree del Comando, Quadrato ufficiali, sea cabin), riprendendo argomentazioni difensive già svolte in primae curae. La difesa ha, quindi, concluso chiedendo la declaratoria d’inammissibilità dell’appello, e la sua reiezione nel merito; in subordine, l’abbattimento della somma ascritta secondo il criterio della compensatio lucri cum damno; in via ulteriormente gradata, l’impiego del potere riduttivo.
4. – Alla pubblica udienza, presente il PG, il sig. De Giorgi – odierno appellato – si è presentato unitamente ai suoi due difensori; il Presidente, rilevato che l’ingresso in aula anche del sig. De Giorgi avrebbe determinato il superamento del numero di soggetti consentito dalle prescrizioni dell’art. 85, comma 3, lett. d) del d.l. n. 18 del 2020 conv.in l. n. 27 del 2020 e s.m.i. e delle Linee Guida conseguentemente adottate in data 15.05.2020, ha invitato la parte ad astenersi dall’entrare nell’aula d’udienza. Il sig. De Giordi si è correttamente attenuto all’indicazione ricevuta. L’avv. Tedeschini, confermata la conoscenza delle norme di legge e delle linee guida per la celebrazione delle udienze, ha chiesto che dell’accaduto si facesse menzione nel verbale, attese le ricadute concernenti la violazione dell’art. 6 della CEDU, che prevede il diritto della parte di partecipare al processo personalmente. Così, data per letta la relazione sull’accordo espresso delle parti, si è proceduto alla discussione della causa. Il rappresentante del Procuratore generale ha, in primo luogo, chiesto di dichiarare inammissibile la CTP allegata alla memoria di costituzione della parte in appello per novità del documento e della fonte di prova. In secondo luogo, pur rilevando l’ammissibilità delle dichiarazioni di terzi prodotte in primo grado, ha stigmatizzato il fatto che le stesse fossero state sottoscritte nel 2018, dopo l’introduzione del giudizio. Nel merito, ha confermato l’appello in ragione dell’errata valutazione delle prove compiuta dal giudice di prime cure e sottolineato che comunque le dichiarazioni di terzo non potevano riguardare le modifiche dei camerini Ammiraglio /comandante e della Sea – cabin. Il PG ha concluso per l’accoglimento dell’appello. L’avv. Tedeschini, preliminarmente, è ritornato sulla ritenuta violazione dell’art. 6 della CEDU; ha sottolineato che la CTU è nuova per confutare le argomentazioni nuove dell’appello, come tali inammissibili, che soltanto con l’appello contesta il mancato confronto concorrenziale; quanto alle dichiarazioni ‘irrituali’, ha precisato che i dichiaranti potevano essere sentiti dalla Procura. L’avv. Cianci si è soffermato sulle prove della necessità e doverosità delle modifiche e sul fatto che la decisione delle stesse è stata di NAVARM; ha sottolineato l’aumento patrimoniale che ne è derivato. Nel ripercorrere i fatti di causa e le argomentazioni difensive, l’avv. Cianci ha rilevato come le dichiarazioni di terzi abbiano unicamente la funzione di corroborare gli elementi di prova documentale che sono alla base della corretta decisione del primo grado. La difesa De Giorgi ha concluso come in atti per il rigetto dell’appello. RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Pregiudizialmente il Collegio ritiene di svolgere alcune considerazioni sulla adombrata violazione dell’art. 6, § 1 della CEDU conseguente al mancato ingresso nell’aula d’udienza del sig. De Giorgi, parte appellata nel presente processo, in ragioni delle prescrizioni contenute nell’art. 85, comma 3, lett. d) del d.l. n. 18 del 2020 conv.in l. n. 27 del 2020 e s.m.i. e delle Linee Guida conseguentemente adottate in data 15.05.2020.
Com’è noto l’art. 6 della CEDU, che prevede il diritto a un equo processo, dispone che:
“§ 1. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l’accesso alla sala d’udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia.
- 2. Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.
- 3. In particolare, ogni accusato ha diritto di:
(a) essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico;
(b) disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa;
(c) difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia;
(d) esaminare o far esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico;
(e) farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata in udienza.”.
La disposizione, quindi, nel fissare la pubblicità dell’udienza e della sentenza quali requisiti del due process of law per tutti i processi, ha limitato al caso di accusato di reato il diritto di partecipare personalmente all’udienza per esercitare i diritti di cui all’art. 6 § 3 lett. c), d) ed e) CEDU. E’ appena il caso di ricordare, allora, che – com’è noto – la responsabilità amministrativa per danno erariale, secondo giurisprudenza costante (cfr. Corte EDU 13.05.2014, Rigolio vs Italia; SSRR n. 28/2015/QM; C. cost. 102 del 2016 e 43 del 2018) non rappresenta un’ “accusa penale” ai sensi dell’art. 6 § 1 della CEDU. Conseguentemente non si possono estendere al processo dinanzi alla Corte dei conti – volto all’accertamento della responsabilità amministrativa – i principi elaborati dalla Corte EDU sul diritto dell’accusato di partecipare al processo per esercitare direttamente i diritti di cui all’art. 6 § 3 lett. c), d) ed e) CEDU. Peraltro, analizzando la giurisprudenza della Corte di Strasburgo proprio per quanto riguarda i processi d’appello – come il presente – anche nel contesto del processo penale, la Corte EDU ha avuto modo di affermare che la partecipazione personale dell’imputato nei processi d’appello non ha la stessa importanza cruciale che assume in quelli di primo grado (Corte EDU 18.10.2006, Hermi v. Italy, § 60). I processi derivanti da impugnazioni di merito o di mera legittimità, potranno comunque ritenersi conformi ai requisiti di cui all’art. 6 anche quando al ricorrente non sia stata data la possibilità di essere ascoltato personalmente dalla Corte d’appello o di cassazione, a condizione però che una pubblica udienza sia stata celebrata in primo grado (Corte EDU 02.03.1987 Monnell and Morris v. the United Kingdom, § 58, con riferimento ai processi d’appello, e Corte EDU 22.02.1984 Sutter v. Switzerland,, § 30, con riferimento alla Corte di cassazione). Tornando al caso in esame, la difesa De Giorgi era certamente a conoscenza delle disposizioni dell’art. 85 del d.l. n. 18 del 2020 e s.m.i.; ciò non soltanto per il dovere d’aggiornamento professionale, ma soprattutto anche perché sul punto espressamente informata preliminarmente dalla Segreteria della Sezione con nota via pec ricevuta in data 19.06.2020, con la quale – nel richiamare espressamente la normativa di fonte primaria e nel riportare per esteso le linee giuda emanate in applicazione della prima – il Collegio difensivo era stato edotto sulla impossibilità normativa per la parte di presenziare alle udienze di discussione che si sarebbero tenute entro il 31.07.2020 (v. art. 85, comma 2, d.l. 18 del 2020 e s.m.i.; detto termine è stato prorogato con d.l. 30.04.2020 n. 28 e definitivamente fissato a 31.08.2020 con la legge di conversione n. 70 del 2020) e di discutere giudizi che comportino la presenza di più di due avvocati oltre il rappresentante del pubblico ministero (Linee guida del 15.05.2020, punto 8). E’ chiaro che la parte, tramite i propri difensori che nel giudizio la rappresentano (artt. 28 e 29 c.g.c.), oltre che difendere, avrebbe potuto decidere di voler essere presente all’udienza, ma questo avrebbe comportato, in applicazione della normativa richiamata, un rinvio necessario dell’udienza, peraltro in altri casi disposto su apposita istanza. Nel caso in esame, né la parte, né i suoi rappresentanti e difensori hanno inteso formulare una richiesta di rinvio banco iudicis, limitandosi – come detto – ad evocare la violazione dell’art. 6 della CEDU, per certi versi autodeterminata, in quanto – come si è visto – il Collegio difensivo (e quindi è lecito presumere anche la parte) era(no) perfettamente a conoscenza del fatto che – in base alle regole di fonte primaria che disciplinano le udienze durante la vigenza dell’emergenza sanitaria dovuta alla COVID 19, il sig. De Giorgi non avrebbe potuto essere presente nell’aula d’udienza. Infine, è veramente appena il caso di ribadire che la parte era rappresentata e difesa in udienza, e quindi presente alla medesima, per mezzo dei due avvocati del libero foro che l’hanno patrocinata, escludendosi in tal modo la sussistenza del vulnus adombrato. 2.- In via preliminare, atteso il loro carattere dirimente, il Collegio deve procedere ad esaminare le eccezioni d’inammissibilità dell’appello formulate dalla difesa De Giorgi per violazione degli artt. 193 e 194 del c.g.c.. Le eccezioni sono infondate.
2.1 – Al riguardo, dall’esame dell’atto d’appello non si rinvengono ‘domande’ nuove, ossia non già formulate in prime cure, perché la richiesta di condanna è confermata integralmente.
Non sono presenti neanche ‘eccezioni’ nuove: infatti, nell’appello non è compiuto alcun riferimento al “mancato confronto concorrenziale”, evocato nella discussione orale dall’avv. Tedeschini quale fonte di nova in appello.
2.2 Del pari infondata è l’affermata inammissibilità dell’appello per violazione del principio di specificità dei motivi, in quanto l’atto presenta nella sua formulazione tutti i profili (volitivo, argomentativo, censorio e causale) che connotano il gravame secondo il modello dell’art. 190 c.g.c., come pare dimostrare di riconoscere anche parte appellante a pag. 6 e seguenti della memoria di costituzione in appello.
3 – Sempre in via preliminare devono essere esaminate le richieste delle parti in ordine al compendio probatorio del presente giudizio.
3.1 – Quanto alla richiesta dell’appellante di ammettere testi a contrario, se ne deve dichiarare l’inammissibilità ex art. 194 c.g.c.: l’istanza in esame poteva (e doveva) essere presentata dal p.m. attore in primo grado, non incorrendo in quel contesto in preclusioni, proprio in ragione della natura di testi a contrario, secondo il noto principio temporalia ad agendum, perpetua ad excipiendum. In grado d’appello, invece, la richiesta di prova testimoniale si rivela nuova e va quindi dichiarata inammissibile ex art. 194 c.g.c.
3.2 – Vanno quindi prese in considerazione le posizioni espresse dall’appellante e dall’appellato (motivi preliminari 1 e 2 ; di merito 1 e 2 della memoria di costituzione in appello) in ordine alla natura, ammissibilità e rilevanza delle dichiarazioni scritte allegate in primo grado dalla difesa e indicate dal Collegio di prime cure come “qualificate testimonianze scritte”. Sul punto, anche se la questione appare superata dalla dichiarazione del P.M. d’udienza circa l’ammissibilità delle stesse, il Collegio rileva che, all’evidenza, dette dichiarazioni non possono qualificarsi quali “testimonianze scritte”, mancando i requisiti di forma previsti dall’art. 257 bis c.p.c., giusto il rinvio operato al c.p.c. dall’art. 98 del c.g.c. quanto alla prova testimoniale. Al riguardo è appena il caso di sottolineare che alcune di quelle dichiarazioni sono state acquisite ai sensi dell’art. 391 bis del c.p.p. che, tuttavia, all’art. 391 decies c.p.p. limita la loro utilizzabilità all’interno del dibattimento penale a generali fini di contestazione e/o di lettura in caso di impossibilità di ripeterle, (artt. 500, 512 e 513, c.p.p.), escludendosi in tal modo una piena e diretta efficacia probatoria nel processo contabile. Il Collegio ritiene, piuttosto, che i documenti in esame debbano essere inquadrati nell’ambito degli scritti provenienti da terzi a contenuto testimoniale (Cass. 17395 del 2015 e 26140 del 2017), che rappresentano fonti di prova atipica nel processo contabile, in base alle quali il giudice può formare il proprio libero convincimento ex artt. 115 e 116 c.p.c., fornendo adeguata motivazione della relativa utilizzazione (Cass. civ. Sez. III, sent. n. 840 del 2015), non sussistendo nell’ordinamento processuale vigente una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova (cfr. Cass. civ. Sez. II, n. 5965 del 2004 e Cass. civ. Sez. III, n. 1954 del 2003; Corte conti, Sez. II n. 166 del 2020; Sez. I n. 265 del 2019; Sez. III n. 241 del 2019), realtà confermata, per il giudizio di responsabilità, dall’art. 94, comma 4, c.g.c.. Ciò posto, quanto al rispetto dei termini per l’attività assertiva e deduttiva in primo grado da parte dell’appellato, oggetto di contestazione da parte dell’appellante PM, il Collegio rileva che nel caso in esame la difesa del convenuto ha osservato i termini dell’art. 90 c.g.c. Non rileva, infatti, ai fini della tempestività della deduzione del mezzo istruttorio, e quindi della sua ammissibilità, né una sua mancata precedente deduzione in fase preprocessuale, né la circostanza del momento temporale in cui le dichiarazioni sono state sottoscritte: ciò che rileva è il rispetto dei termini previsti dall’art. 90 c.g.c. che nel caso in esame risultano osservati. Per quanto precede, gli scritti contenenti dichiarazioni di terzi a contenuto testimoniale sono ritualmente introdotti nel presente giudizio. Il Collegio procederà alla loro valutazione – quanto a capacità testimoniale dei soggetti, rilevanza, affidabilità e attendibilità – quali elementi di prova indiziaria ai fini della decisione di merito della causa.
3.2 – Infine, va disattesa la richiesta di stralcio della CTP allegata alla memoria di costituzione in appello del De Giorgi in ragione del contenuto essenzialmente argomentativo della medesima, con la quale non viene introdotto alcuna nuova prova, né nuovo documento.
4 – Nel merito l’appello è parzialmente fondato e va accolto per quanto di ragione. Alla stregua della valutazione del complessivo compendio probatorio versato in atti dalle parti, possono considerarsi accertati, oltre che sostanzialmente pacifici tra le parti, i seguenti elementi storico-fattuali e temporali della vicenda amministrativa oggetto del presente giudizio:
a – l’evoluzione – sul piano storico – dei fatti che hanno portato, dalla visita del De Giorgi a Nave Bergamini del maggio 2013 alla realizzazione delle modifiche medio tempore indicate, progettate, decise ed attuate su Nave Bergamini e sulle altre unità FREMM;
b – l’oggetto delle modifiche contestate, ossia una riorganizzazione degli spazi destinati alle mense e quadrati Ufficiali, Sottufficiali ed equipaggio (F-FNC-ECP-00088-13 del 2013), nonché degli spazi concernenti i camerini Ammiraglio, Comandante e Sea-cabin (F-FNC-ECP-00051-14 del 2014), a bordo di Nave Bergamini e di altre unità navali della classe FREMM;
c – la diversità di tali modifiche rispetto a quanto progettato e realizzato in esecuzione del programma FREMM fino alle modifiche in esame (ECP);
d – il momento in cui si sono decise le modifiche, ossia: dopo la consegna ed accettazione, per Nave Bergamini (avvenuta in data 29.05.2013); in corso di allestimento per Nave Fasan e Nave Margottini; dopo la realizzazione del progetto validato per quanto riguarda le altre unità del progetto FREMM;
e – la natura delle lavorazioni conseguenti alle rimodulazioni, ossia modifiche progettuali, smantellamento e demolizione del costruito e realizzazione del nuovo assetto; modifiche progettuali e nuove realizzazioni per le unità non ultimate al momento della decisione;
f – l’esistenza di un aumento dei costi complessivi del programma FREMM, almeno con riferimento alle prime tre unità (Bergamini, Fasan, Margottini) conseguenti alla decisione di apportare le modifiche strutturali contestate su parti già costruite, rappresentati dai costi delle lavorazioni eseguite.
Le contestazioni, invece, riguardano i fatti principali posti a fondamento dell’ipotesi di responsabilità: il rispetto delle procedure legali per la realizzazione delle modifiche (violazioni di obblighi di servizio) e la loro necessarietà ed indispensabilità e, quindi, essenzialmente, l’antigiuridicità delle condotte e l’ingiustizia dei costi al riguardo sostenuti (danno erariale), e l’imputazione della responsabilità eventualmente conseguente all’accertamento del danno subito dall’Erario (nesso causale: dolo e colpa grave).
4.1. – Quanto al rispetto delle procedure e delle regole che disciplinano la realizzazione del programma FREMM, il Collegio rileva che dagli atti emerge come, in effetti, le modifiche sono state disposte prima dell’avvio dell’iter amministrativo legislativamente previsto e a prescindere dall’entità dei costi, attraverso rapporti diretti con l’Industria (FINMECCANICA). Di tale ‘anticipazione’ risulta consapevole anche la difesa dell’appellato, che al riguardo ritiene che “vi è stata un’utile anticipazione di attività comunque necessarie ed inevitabili, indipendentemente dal momento della loro effettiva realizzazione” (pag. 20 mem. cost. in appello). Sul punto, senza riproporre integralmente l’esposizione dei fatti di causa e rinviando per questo ai documenti versati in atti, il Collegio ricorda che la realizzazione delle Fregate FREMM iniziava nel 2005 con l’accordo italo-francese gestito dall’OCCAR, progetto che prevedeva da un lato una forte spinta all’automazione dei nuovi sistemi e, dall’altro lato, e quasi corrispondentemente, una riduzione del c.d. manning, ossia del personale di bordo. Tale impostazione era stata ritenuta una stringente esigenza dettata dalla contrazione delle risorse finanziarie, tanto che si ritenne di non poterne aumentare la consistenza, riferita al 05.05.2011 a 131/133 uomini (cfr. doc. 23 bis difesa De Giorgi 1° grado, Scheda di sintesi dei pareri di coordinamento all’appunto congiunto SPMM – NAVISPELOG n. 56 del 27.12.2010 e controdeduzioni). Nel corso del tempo sono stati vari i momenti di revisione delle progettazioni che, tra l’altro, hanno messo a confronto le TE (tabelle equipaggi) e gli standard dimensionali logistici di progetto (impianti, celle viveri, flussi logistici, etc) mettendo in evidenza disallineamenti reciproci (per la particolare questione dei posti branda, cfr. doc. 22, 26 bis e quater difesa De Giorgi 1° grado). Sta di fatto che al 29.02.2012 (cfr. doc. 23 septies difesa De Giorgi 1° grado) le tabelle di equipaggiamento FREMM risultavano essere pari a 131 unità per la versione General purpose e a 133 unità per la versione AWS, in linea con lo studio di human factor e il più generale concetto di riduzione del manning (ossia degli uomini a bordo). In tale contesto l’allora CSMM concordava sulla proposta di integrare le ‘Tabelle di Equipaggiamento Allargate’ includendo altre 34 unità per periodi di operatività prolungata, per arrivare alle 165 unità indicate dalla Procura appellante come equipaggio (131 + 34). Nel corso degli anni, quindi, le navi erano state programmate per ospitare fino a 165 membri dell’equipaggio: l’eliminazione di uno spazio a prora destinato ad ospitare missili a lunga gittata ha permesso di ampliare i posti disponibili – ossia gli alloggi – fino a 200, dei quali 23 destinati alla gestione degli elicotteri, 131 (GP) o 133 (ASW) al governo della nave in tabella base ed altri 34 in tabella allargata per periodi di operatività prolungata. Il numero di 165 membri di equipaggio è confermato anche dalla Engineering Change Proposal F-FNC-ECP-00088-13 del 2013, nonché dalla Engineering Change Proposal F-FNC-ECP-00051-14 del 2014. Ciò significa che il numero di uomini a bordo poteva (e può) variare a seconda delle esigenze e che non necessariamente l’equipaggio ammonta costantemente a 200 unità; che non sempre si verifica la presenza a bordo di un Ammiraglio. In tale prospettiva, pur considerando poco ragionevole l’aumento dei posti branda disponibili in linea teorica, sono state confermate le tabelle equipaggio a 131 – 133 uomini (cfr. doc. 23 bis difesa De Giorgi 1° grado) ed accettate dallo Stato Maggiore della Marina le non ottimali condizioni degli standard abitativi e la possibilità di precoce obsolescenza degli impianti (cfr. doc. 26 quater difesa De Giorgi 1° grado); Nave Bergamini è stata ultimata, così come Nave Fasan e Nave Margottini sono state costruite secondo detti standard recedentemente approvati. Soltanto nel maggio 2013, dopo la visita del De Giorgi a Nave Bergamini, ed in particolare il 08.05.2013 lo SMM – con nota firmata d’ordine del Capo di SMM – fa presente a NAVARM, NAVISPELOG E CINCNAV, di aver assunto la “determinazione di accertare i termini di fattibilità e di procedere all’adozione dei necessari provvedimenti discendenti per pervenire alla riconfigurazione degli spazi” quadrati e mense, nonchè alloggi ammiraglio, comandante e quadrato ufficiali. La nota, inoltre, specifica che tali obiettivi erano da conseguirsi senza interferire sul collaudo ed accettazione di Nave Bergamini, significando che “le modifiche erano in fase di elaborazione e approvazione in ambito SM”. Con tale nota, che prima facie appare indicare un procedimento amministrativo coerente con il percorso legale (verifica fattibilità – redazione e approvazione modifiche), si innesca tuttavia una sequenza provvedimentale che non ne rispetta le cadenze procedimentali, facendo registrare una netta prevalenza dell’adozione dei “necessari provvedimenti discendenti” senza che però questi ‘a monte’ siano stati preceduti effettivamente dall’accertamento dei “termini della fattibilità” anche economica dell’operazione. Ed infatti, senza attendere alcun pronunciamento degli organi tecnici (tra cui NAVARM), il 24 giugno 2013, CSMM De Giorgi scrive una nota personale (prot. 0859) con la quale sollecita – direttamente all’amministratore delegato di Fincantieri – l’immediata realizzazione delle modifiche, che egli stesso riferisce di aver illustrato personalmente all’ing. M., responsabile FINCANTIERI, ed oggetto di uno studio congiunto SMM e FINCANTIERI concluso a fine maggio 2013, studio dei cui esiti, però, non è dato sapere. Tali determinazioni, tuttavia, benchè avviate prima, intervenivano dopo l’accettazione di Nave Bergamini avvenuta in data 29.05.2013 e dopo la realizzazione su navi Fasan e Margottini delle parti che poi si sarebbero dovute modificare secondo le indicazioni illustrate personalmente dal De Giorgi all’ing. M.. L’accelerazione dei tempi procedimentali, e la sovrapposizione – e per certi aspetti l’inversione – temporale tra le fasi di accertamento della fattibilità e l’adozione dei provvedimenti attuativi si deve ragionevolmente ricondurre, alla stregua dei documenti versati in atti, all’azione di comando del De Giorgi, che infatti fa firmare “d’ordine” del CSMM tutto il carteggio successivo alla nota del 08.05.2013. Dopo pochi giorni, infatti, il 27 giugno, con nota firmata d’ordine del CSMM, si ordina a NAVARM l’avvio immediato delle modifiche, da ultimarsi per il 4 ottobre; il 5 luglio (cfr. all. n. 14 della Relazione d’inchiesta formale) venivano avviati – senza alcun ordinativo di spesa – i lavori per i quadrati e mense che terminavano a settembre. Seguiva una nota del 25.07.2013 di NAVARM al CSMM (cfr. all. n. 4 della Relazione d’inchiesta formale) nella quale si evidenziavano i costi delle modifiche e la necessità di tenere in considerazione la lievitazione degli stessi in vista del reperimento della relativa copertura. La successiva corrispondenza tra SSM e NAVARM (all.ti nn. 5, 6 e 7 della Relazione d’inchiesta formale) dimostra come lo SMM – ed il suo Capo – avesse sostanzialmente avocato a sé tutta la gestione delle varianti, sovrapponendosi ai compiti istituzionali degli organi tecnici e non ultimo di NAVARM. Solo a novembre (15.11.2013, cfr. all. n. 13 della Relazione d’inchiesta formale), ossia due mesi dopo la conclusione dei lavori relativi alle mense e quadrati ufficiali, interveniva – sostanzialmente a sanatoria delle modifiche disposte informalmente -, la richiesta formale all’Industria per mezzo di OCCAR (cfr. all. n. 13 della Relazione d’inchiesta formale). Analogo ruolo ha assunto lo SMM rispetto alle varianti delle cabine ammiraglio e comandante e sea – cabin, definite di concerto con FINCANTIERI direttamente da SMM, rapporto che si concluderà con una mail di definizione dell’operazione del 29.11.2013, di cui NAVARM verrà informata soltanto il 17.04.2014 (cfr. all. n. 8 della Relazione d’inchiesta formale). Conclusivamente, il Collegio osserva che i fatti di causa dimostrano come il procedimento di modifica in corso d’opera descritto dall’art. 11 del contratto internazionale FREMM non sia stato correttamente seguito, in particolare:- in relazione ai tempi: le modifiche su Nave Bergamini – già accettata al 29.05.2013 – si collocano in una fase successiva alla consegna e quelle su Nave Fasan e Nave Margottini, in una fase successiva alla realizzazione del progetto originario; inoltre, l’avvio delle realizzazioni (è il caso dei quadrati mensa su Nave Bergamini) precede il completamento delle riprogettazioni e dei quadri economici ed il loro esame di congruità; – in riferimento alle competenze: attraverso l’instaurazione di un rapporto diretto tra FINCANTIERI e SMM, quest’ultima struttura ha condotto direttamente tutto il procedimento di formazione delle modifiche tecniche invadendo anche la sfera di competenza di NAVARM, condotta stigmatizzata da una nota di NAVARM del 07.10.2013 che ‘prende atto delle autorizzazioni dello SMM all’Industria’ (ossia FINCANTIERI) in ordine alle modifiche, sottolineandone le implicazioni economico patrimoniali; – con riguardo alle modalità: la valutazione tecnico economica delle modifiche ai quadrati e mensa arriva al 31.07.2013 (cfr. doc. 27 difesa De Giorgi 1° grado) mentre i medesimi lavori venivano avviati il 5 luglio (cfr. all. n. 14 della Relazione d’inchiesta formale) senza alcun ordinativo di spesa. Le anomalie procedimentali sopra descritte rappresentano altrettante violazioni di obblighi di servizio che si sostanziano, riassuntivamente: nel mancato rispetto delle procedure negoziali; nel mancato rispetto degli ambiti di competenza funzionale; nella gestione dei rapporti con gli appaltatori al di fuori dei normali moduli procedimentali.
4.2. – Il Collegio ritiene che tali violazioni degli obblighi di servizio sono conseguenza dell’azione di comando dell’appellato De Giorgi e che quindi siano imputabili al medesimo.
Al riguardo rileva in primo luogo il contenuto della nota personale del 24 giugno 2013, prot. 0859, con la quale il sig. De Giorgi, come CSMM sollecitava – rivolgendosi direttamente all’amministratore delegato di Fincantieri – l’immediata realizzazione delle modifiche, che dichiarava aver illustrate personalmente all’ing. M., responsabile FINCANTIERI, ed oggetto di uno studio congiunto SMM e FINCANTIERI concluso a fine maggio 2013. Tale nota dimostra, innanzitutto, che il De Giorgi ha autonomamente e personalmente constatato le esigenze di modifica delle navi, e che ha avviato e poi seguito il complesso procedimento decisionale che ha portato alla realizzazione delle riconfigurazioni dal medesimo, come si vedrà, “fortemente auspicate”. La ferma volontà del De Giorgi di accelerare quanto più possibile i tempi di realizzazione delle modifiche traspare chiaramente in un passo della predetta nota in cui afferma “Ritengo altamente auspicabile avviare al più presto il piano di adozione dei provvedimenti di modifica e miglioria”, nonché dalla seguente precisazione: “Visti i ridottissimi margini temporali per portare a compimento l’impresa, esclusivamente una tua decisione diretta potrà consentire di avere l’Unità (Nave Bergamini) pronta per tempo nella configurazione da me fortemente auspicata”. Tale ultima affermazione chiarisce la ragione per la quale tutta la corrispondenza e le determinazioni che concernono i fatti di causa, e che rappresentano attuazione precisa della volontà del De Giorgi di realizzare le varianti, sono state adottate mediante la sottoscrizione “d’ordine” del CSMM De Giorgi. In tal modo egli ne ha assunto la relativa responsabilità – per aver constatato le esigenze, concepito le modifiche (personalmente illustrate all’ing. M.) e quindi guidato tutto l’iter amministrativo volto alla realizzazione delle riconfigurazioni strutturali sulle Fregate FREMM, non osservando gli obblighi di servizio sopra indicati (mancato rispetto delle procedure negoziali; mancato rispetto degli ambiti di competenza funzionale; gestione dei rapporti con gli appaltatori al di fuori dei normali moduli procedimentali). Al riguardo le argomentazioni difensive che escludono la responsabilità del De Giorgi non colgono nel segno. Al riguardo si osserva che se, da un lato, è vero che l’appellato non poteva imporre nulla a NAVARM, attesa l’appartenenza di quest’ultima struttura al Ministero della Difesa e non allo Stato Maggiore della Marina militare, è del pari vero che, dall’altro lato, il De Giorgi ha deliberatamente ‘messo da parte’ NAVARM, e tutti gli organismi tecnici e contrattuali del programma FREMM, procedendo ad accordi diretti con FINCANTIERI, i cui contenuti – una volta decisi – comunicava a NAVARM per la loro formalizzazione. In tale contesto NAVARM si limitava a ‘prendere atto’ delle decisioni che lo SMM concordava con FINCANTIERI, e a procedere alla redazione della richiesta di ECP (Engineered Change Proposal, ossia modifiche in corso d’opera per il diritto italiano) (cfr. doc. 31 difesa De Giorgi 1° grado).
4.3. – Tale forma di manifestazione di violazione di obblighi di servizio (pretermissione delle competenze tecnico-amministrative di un altro organo; appropriazione di funzioni di altre strutture amministrative) rappresenta, in uno con le altre già richiamate, il tratto più caratterizzante la condotta dell’appellato, che – proprio in ragione delle descritte modalità esecutive – il Collegio ritiene dolosa. Le condotte imputate al De Giorgi, infatti, alla stregua degli atti di causa, si rivelano fondate su di una completa rappresentazione e volizione sia delle modalità attuative poste in essere – tutte teleologicamente orientate a determinare la realizzazione delle modifiche strutturali contestate -, sia degli effetti delle stesse, ossia dei maggiori costi sopportati dall’Erario quale naturale conseguenza della nuova configurazione delle fregate FREMM dal De Giorgi “fortemente auspicata” (nota personale del 24 giugno 2013, prot. 0859, del De Giorgi all’amministratore delegato di Fincantieri). Al riguardo assume una rilevante valenza probatoria il contenuto della nota del 12.08.2013, prot. 1132 (cfr. doc. 28 difesa De Giorgi 1° grado), di risposta del De Giorgi all’appunto del 25.07.2013 di NAVARM sul quadro economico delle riconfigurazioni. In tale contesto il De Giorgi – ritenendo i dati economici forniti da NAVARM eccessivi – chiedeva al direttore di NAVARM (Nencioni) “… di continuare a sensibilizzare FINCANTIERI affinchè condivida tale obiettivo (ossia le modifiche quadrati, mensa, alloggio ammiraglio e comandante e sea-cabin: ndr), da conseguirsi anche con risorse interne”. Con tale ultimo chiaro riferimento alle ‘risorse interne’ lo stesso De Giorgi rende palese l’intenzione e la volontà di realizzare le modifiche (anche) con oneri economici a carico – come poi è stato – del bilancio dello Stato.
4.4. – Le descritte condotte dolose, poste in violazione di obblighi di servizio e imputabili all’appellato, hanno cagionato una spesa per riconfigurazioni di unità navali non giustificata che, pertanto, costituisce danno erariale nei termini che seguono. In particolare, il riferimento è ai costi aggiuntivi sostenuti per la riconfigurazione (ECP) quadrati, mense, seacabin, camerini Comandante ed Ammiraglio sulle prime tre unità della Classe FREMM, ossia Nave Bergamini, Nave Fasan e Nave Margottini. Si è detto ampiamente delle violazioni degli obblighi di servizio che hanno condotto a sostenere i costi di riconfigurazione delle predette unità, che dimostrano l’antigiuridicità delle predette spese. Al riguardo può ritenersi pienamente persuasivo e concludente il fatto che tali spese siano state sostenute in ragione di modifiche disposte non ‘in corso d’opera’ ma ad opere già realizzate e senza una reale esigenza – tecnicamente accertata – che giustificasse le spese per tali radicali cambiamenti. Ed infatti, se si esamina la sequenza documentale che ha portato alle modifiche oggetto del presente giudizio, a partire dalla nota del 08.05.2013 dello SMM, le ragioni delle riconfigurazioni degli spazi in questione si individuano in “taluni limiti di fruibilità da parte dell’equipaggio sia per quanto ha tratto gli aspetti di carattere prettamente operativo che di rappresentanza – segnatamente degli alloggi ammiraglio e comandante e quadrato ufficiali”. “Tali limiti di fruibilità, seppur con motivazioni diverse, si riflettono anche sulle mense equipaggio la cui configurazione funzionale, unitamente alle caratteristiche degli arredi, dimostra una situazione non ottimale di razionalizzazione degli spazi, soprattutto se confrontata alla molteplicità di funzioni assegnati ai locali in parola nei vari ruoli ed assetti nave”. In cosa consistano i “limiti di fruibilità” non è chiarito neanche dalla nota personale del 24 giugno 2013, prot. 0859, del De Giorgi all’amministratore delegato di Fincantieri: “Sull’Unità capo classe FREMM, l’attuale Ripartizione dei quadrati, delle mense degli alloggi comando mostra taluni limiti di fruibilità da parte dell’equipaggio sia per quanto ha tratto di aspetti di carattere operativo sia per il puntuale conseguimento dei desiderati livelli di rappresentanza, vista la necessità, tra l’altro, di una riorganizzazione funzionale di allestimento di interni degli alloggi ammiraglio, comandante nonché del quadrato ufficiali. Ciò al fine di ampliare la potenzialità di impiego delle navi, rendendole ancora più appetibili per il mercato estero”. Le ragioni per le quali ci si preoccupa di rendere “ancora più appetibili per il mercato estero” le unità navali in questione, anziché occuparsi esclusivamente della loro funzionalità operativa, rimane una delle cause delle modifiche di cui non è stata dimostrata la ragionevolezza. I documenti acquisiti agli atti non hanno chiarito quali valutazioni tecniche abbiano sostenuto la necessità delle modifiche: tali ‘ragioni’ sono sempre date per scontate dalle motivaz 9ioni che sostengono i “necessari provvedimenti discendenti”, ma mai accertate attraverso l’acquisizione di una valutazione tecnica, né tantomeno espressamente identificate. L’unica valutazione tecnica che rimane non contestata è quella che è posta alla base della validazione del progetto precedente alle modifiche e che era stato realizzato prima delle modifiche. La difesa al riguardo ha ribadito che non vi è nessun documento che attesti che la logistica delle mense, dei quadrati ufficiali, del camerino comandante e del camerino ammiraglio fosse adeguata. Al contrario, il collegio ritiene che l’adeguatezza delle strutture nella loro configurazione originaria appare dimostrata dal fatto che le Navi fossero state realizzate secondo progetto e, nel caso di Nave Bergamini, quest’ultima fosse stata anche accettata prima dell’avvio del procedimento di modifica. Peraltro, a rendere le spese ingiustificate – oltre a quanto detto in relazione alla violazione degli obblighi di servizio – concorre il fatto che nessun documento tecnico si esprime in termini di inadeguatezza degli spazi nella versione originaria del progetto. Le criticità messe in evidenza da alcuni documenti riguardano, infatti, la maggior obsolescenza degli impianti e non l’inadeguatezza degli spazi vitali, dimensionati – come detto – in ragione della diminuzione del c.d. manning. Al riguardo è appena il caso di ribadire che l’omissione più significativa che caratterizza tale aspetto del presente contezioso è che è mancato del tutto l’accertamento tecnico dei ‘termini di fattibilità’ in concreto dell’operazione, ossia l’accertamento tecnico delle esigenze e l’ideazione tecnica delle relative soluzioni, che avrebbero potuto tener conto anche delle sopravvenienze (tempo missione e numero equipaggio): ma ciò non è stato. Ed in alcun modo è stato provato che le modifiche disposte fossero proprio quelle più idonee e necessarie. In tale prospettiva, il Collegio non concorda con la valutazione di necessarietà ed indispensabililità delle rimodulazioni ritenuta dalla Sezione territoriale in ragione dell’aumento del numero dell’equipaggio, dell’allungamento dei tempi di missione e dell’utilità delle modifiche dimostrata sostanzialmente da una serie di scritti a contenuto testimoniale. Preliminarmente occorre ribadire che al momento delle scelte di modificare l’assetto delle aree delle unità navali l’unica motivazione che emerge dagli atti è quella contenuta nella nota del 08.05.2013 dello SMM e nella nota personale del 24 giugno 2013, prot. 0859, del De Giorgi all’amministratore delegato di Fincantieri. Così, l’aumento del numero dell’equipaggio, e l’allungamento dei tempi di missione appaiono come motivazioni postume, rispetto alle decisioni prese. Quanto all’aumento dei tempi di missione, tale aspetto si rivela, per come prospettato, inconferente: ciò che rileva sul piano operativo, infatti, non sono i tempi complessivi di una missione, ma l’autonomia di navigazione senza toccare terra, che è sempre stata di 45 gg. Quanto all’aumento del numero dell’equipaggio occorre ribadire che – come rilevato in precedenza – le Tabella Equipaggio riportano fin dalla predisposizione del progetto iniziale, ed ancora oggi, il numero di 165 unità di personale, e non di 200, che si riferisce unicamente al numero massimo di posti branda allestibili sulle unità. Rimane in tal modo sconfessato quello straordinario aumento del personale stabilmente imbarcato che avrebbe giustificato la riorganizzazione degli spazi e le relative spese. Ora, è bene specificare che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Sezione territoriale, i disegni di costruzione non “dimostrano come le aree comuni oggetto della modifica oggetto dell’odierno giudizio fossero configurate in base ad unità di personale a bordo inferiori alla metà rispetto alle successive previsioni”: infatti, come risulta sia dalla ECP concernente le mense e quadrati Ufficiali, Sottufficiali ed equipaggio (F-FNC-ECP-00088-13 del 2013, pag. 4 di 30), sia dalla ECP riguardante i camerini Ammiraglio, Comandante e Sea-cabin (F-FNC-ECP-00051-14 del 2014, pag. 4 di 30), quest’ultime ed i progetti originari fanno riferimento al medesimo numero di personale d’equipaggio: 165 (145 di equipaggio e 20 di forze addizionali). Al riguardo va sottolineato un altro aspetto: se veramente le modifiche fossero state originate da un aumento esponenziale del personale stabile di equipaggio da 90 a 200 unità, come afferma la difesa De Giorgi, non sarebbe stata sufficiente la mera riorganizzazione degli spazi della nave, ma – essendo il personale più che raddoppiato – verosimilmente sarebbe stata necessaria una nave di grandezza superiore di almeno il 50% rispetto all’unità originaria. Tale considerazione, in uno col fatto che l’articolazione degli spazi interni riferita ad un equipaggio di 165 unità non è mai stata oggetto di contestazione da parte dei precedenti CSMM, che anzi – pur conoscendo la dimensione del personale d’equipaggio – l’hanno sempre ritenuta adeguata alle politiche di riduzione del manning, ossia di riduzione del personale a bordo, induce il Collegio a ritenere il numero di personale d’equipaggio come non rilevante per giustificare le spese di rimodulazione degli spazi sopportate dall’Erario. Infine, l’esame delle testimonianze scritte presentate dalla difesa del convenuto, al contrario di quanto ritenuto dalla Sezione territoriale, non sono idonee a confermare alcunchè, men che meno le criticità evocate dalla difesa De Giorgi. In, particolare: – lo scritto a contenuto testimoniale dell’Ammiraglio Antonio Natale, dall’agosto del 2013 Capo reparto NAVI , già SPMM presso lo Stato Maggiore della Marina in realtà, avendo questi firmato atti del procedimento, e potendo esser chiamato a risponderne, non può esser valutato quale elemento di prova, incorrendo nel divieto previsto dall’art. 246, c.p.c., cui rinvia l’art. 98, comma 1, c.g.c., secondo cui ‘non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio’; – lo scritto a contenuto testimoniale dell’Ammiraglio Giampaolo Di Paola, in realtà, riferisce una serie di valutazioni dell’Ammiraglio sui fatti di causa, ma non contiene alcun fatto storico specifico del caso in esame dal medesimo direttamente percepito (ho visto, ho sentito) valutabile quale elemento probatorio; – lo scritto a contenuto testimoniale del Contramm. Davide Berna riferisce, anche in questo caso, opinioni e non fatti appresi direttamente; – lo scritto a contenuto testimoniale dell’Ammiraglio Pierpaolo Ribuffo, oltre a riferire sempre valutazioni e non fatti storici di diretta percezione, non presenta i necessari requisiti del affidabilità, attesi i rapporti personali tra il De Giorgi ed il Ribuffo, per esser stato quest’ultimo assistente di De Giorgi dal 2013 al 2014; – lo scritto a contenuto testimoniale dell’Ammiraglio Giuseppe Letora non è valutabile in quanto non riferisce fatti di diretta conoscenza in quanto il suo ultimo incarico è datato 2009; – lo scritto a contenuto testimoniale del CV Gianmarco Conte, comandante del Bergamini dal 14.07.2012 al 24.09.2013 nel fare riferimento – tra l’altro – a problemi emersi in una visita dell’Ammiraglio De Giorgi del 08 – 10 settembre 2012 non specifica di quali problemi si trattasse; inoltre, le modifiche ai camerini Ammiraglio, comandante e sea cabin si collocano in un lasso di tempo successivo al suo comando, non potendo per l’effetto riferire circostanze di fatto di diretta percezione al riguardo; – gli scritti a contenuto testimoniale del CV Marco Casapieri, e dell’Ammiraglio di Div. Paolo Pezzuti, riferiscono essenzialmente opinioni e valutazioni personali non sufficientemente contestualizzati e precisati; – infine, lo scritto a contenuto testimoniale dell’Ammiraglio di Squadra (CINCNAV) Donato Marzano non è valutabile in quanto il medesimo riferisce di non aver avuto conoscenza diretta dei fatti.
Per quanto precede, il Collegio non ritiene idonei i richiamati scritti testimoniali a provare l’esistenza delle riferite criticità. Analoga considerazione di insussistenza vale per ciò che concerne le esigenze di ‘rappresentanza’ che sono evocate a fondamento delle modifiche del camerino Comandante, del camerino Ammiraglio e della c.d. sea – cabin. Sul punto il Collegio concorda con le osservazioni al riguardo formulate dalla Commissione d’inchiesta formale e sostanzialmente riferite: – all’esistenza sull’unità da guerra di un’ampia sala riunioni specificamente dedicata alla pianificazione operativa, separata dalla Centrale operativa; – al saltuario e raro imbarco su di una Fregata di un Comando complesso e di un Ammiraglio; – la funzione di ‘rappresentanza’ non è riferibile ad un Ammiraglio imbarcato, ma alle sue eventuali esigenze per attività verso l’esterno, a bordo o in porto, riducendo ulteriormente i criteri di applicabilità di questa funzione su di una Fregata.
4.5. – Per quanto precede, il Collegio ritiene che l’aumento dei costi complessivi del programma FREMM conseguenti alla decisione di apportare le modifiche strutturali contestate su parti già costruite delle prime tre unità (Bergamini, Fasan, Margottini), costituiscono spese ingiustificate e quindi dannose per l’Erario. In particolare, il Collegio ritiene corretta a tal fine la liquidazione dei costi aggiuntivi di cui all’all. 17 della Relazione della Commissione d’inchiesta formale del Ministero della Difesa, che ponendo a confronto i costi sostenuti in base ai progetti originali e quelli sostenuti per realizzare le modifiche ha individuato nei costi di riprogettazione, demolizione e ricostruzione le voci di danno da tenere in considerazione. A tale stregua, e rinviando per l’analisi puntuale delle singole voci al documento sopra richiamato, il Collegio:
– liquida in euro 6.622.00,00 i costi aggiuntivi ingiustificati e quindi il danno erariale conseguente alle modifiche dei quadrati e mense sulle tre unità FREMM in parola (Bergamini, Fasan, Margottini);
– liquida in euro 2.867.000,00 i costi aggiuntivi ingiustificati e quindi il danno erariale conseguente alle modifiche dei camerini ammiraglio, comandante e sea cabin sulle tre unità FREMM in parola (Bergamini, Fasan, Margottini).
Il Collegio ritiene che il danno erariale sopra liquidato, pari a complessivi euro 9.489.000,00, vada decurtato di una percentuale pari al valore dei miglioramenti delle condizioni di vita a bordo che risultano essersi comunque verificati, almeno per ciò che concerne i quadrati e le mense (v. sul punto alcuni passaggi degli scritti a contenuto testimoniale dei comandanti di Nave Bergamini), che il Collegio ritiene, in via equitativa, ex art. 1226, c.c., stabilire in una percentuale del 50%.
Per quanto precede il danno erariale ammonta definitivamente a complessivi euro 4.744.500,00.
L’importo del danno erariale va ascritto, oltre che alla responsabilità del De Giorgi per le ragioni sopra indicate, anche alla condotta di una serie di soggetti, non evocati nel presente processo, ma che a giudizio del Collegio hanno concorso e cooperato alla realizzazione del danno. Sussiste, infatti, l’efficienza causale delle condotte (commissive ed omissive), descritte nella parte in fatto ed in diritto, dei responsabili delle articolazioni amministrative che hanno comunque conosciuto e/o preso parte al procedimento amministrativo che ha portato alla realizzazione delle modifiche dannose, ed in particolare:
– del CSMD, che benchè informato della questione dall’Ammiraglio Nencioni, non si è attivato in alcun modo; – dell’Ammiraglio Nencioni, capo di NAVARM, che rilevate le anomalie avrebbe potuto (e dovuto) opporre un rifiuto all’ordine illegittimo e non una mera presa d’atto della decisione e della propria sostanziale esautorazione; – del responsabile del SPMM, che per primo doveva avvertire la necessità di verificare tecnicamente i termini di fattibilità dell’intera operazione; – dell’OCCAR che avrebbe dovuto rilevare le anomalie procedurali e invitare a correggerle.
In generale, osserva il Collegio, sono mancati nel caso in esame, quei meccanismi d’arresto procedimentale che un’organizzazione complessa prevede in caso di rilevate anomalie dell’agire, anche quando si tratta di un’organizzazione gerarchicamente ordinata. Per quanto precede, il Collegio ritiene che sia imputabile alla condotta del De Giorgi un danno erariale pari al 10 % del danno complessivo, ossia euro 474.450,00, rappresentando il rimanente importo di danno imputabile alle cause sopra indicate. L’invocata applicazione del potere riduttivo deve essere respinta venendo in rilievo un comportamento doloso (cfr. ex plurimis, Sez. III, sent. n. 140 del 2016)
5. – Per quanto precede, la Sezione accoglie parzialmente l’appello iscritto al n. 54398 promosso dal Procuratore regionale della Corte dei conti per la regione Lazio, avverso la sentenza n. 1 del 08.01.2019 della Sezione giurisdizionale per la regione Lazio e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza condanna Giuseppe DE Giorgi al pagamento, in favore del Ministero dello Sviluppo Economico, di euro 474.450,00 oltre rivalutazione fino al deposito della sentenza ed interessi da tale momento fino al pagamento.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate di seguito in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Terza Sezione giurisdizionale centrale d’appello, disattesa ogni contraria istanza, azione, deduzione ed eccezione, definitivamente pronunciando:
– accoglie parzialmente l’appello iscritto al n. 54398 promosso dal Procuratore regionale della Corte dei conti per la regione Lazio, avverso la sentenza n. 1 del 08.01.2019 della Sezione giurisdizionale per la regione Lazio e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza condanna Giuseppe DE Giorgi al pagamento, in favore del Ministero dello Sviluppo Economico, di euro 474.450,00 oltre rivalutazione ed interessi come da motivazione.
Condanna il medesimo al pagamento delle spese per euro 897,17 per il doppio grado di giudizio
Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 08.07.2020 e del 14.10.2020. L’ESTENSORE IL PRESIDENTE, F.to Cons. Marco Smiroldo F.to Pres. Luciano Calamaro, Depositato in Segreteria il 09-11-2020