LE DIFFICOLTA’ DEGLI AVVOCATI NON SI RISOLVONO CON RIVENDICAZIONI E PROMESSE DEMAGOGICHE di Leonardo PINTO

E’ necessario ricordare, con onestà, che quella dell’avvocato è una libera professione che si riesce a svolgere solo se richiesta. Non riesco ad immaginare un provvedimento che consenta la distribuzione tra avvocati -per legge o regolamento- di chi deve difendersi o far valere propri diritti e interessi davanti ad un Giudice. Altra questione è l’alleggerimento delle pressioni fiscali e contributive. E su questo gli avvocati, se sono capaci, devono far sentire la loro voce attraverso le proprie organizzazioni sindacali che devono essere assolutamente indipendenti dai COA e dal CNF, preposti -per legge- ad altre funzioni. Purtroppo, l’avvocatura italiana è affetta da arretratezza corporativa che a volte ha consentito e consente, senza avere particolari meriti, di “piazzarsi” a vita nelle istituzioni forensi e piegarle ai propri interessi personali e professionali. E’ evidente che un cambiamento di rotta, che dia decoro e credibilità alla professione, creerebbe condizioni favorevoli per chi oggi è in difficoltà. La professione forense, il più delle volte, specie nei piccoli centri, ha consentito di occupare immeritatamente spazi sociali importanti. Questo per la comprensione, meglio copertura, di cui hanno beneficiato avvocati spregiudicati, disonesti e millantatori. Ciò è stato, ed è possibile, grazie ad un conservatorismo forense che ha difeso, e difende, ad oltranza posizioni acquisite, anche indifendibili. Non a caso si è verificato il pervicace rifiuto a rispettare il limite di mandato negli organismi forensi; addirittura, anche dopo i noti interventi delle SS.UU. della Cassazione e della Corte Costituzionale. La situazione, dunque, è degenerata e a farla degenerare sono stati coloro i quali, “ideologicamente”, hanno preteso ed ottenuto la trasformazione della Cassa Forense in fondazione di diritto privato, la quale -per quanto mi riguarda- dovrebbe essere ente di diritto pubblico. Quelli che, con la loro presenza nel CSM, hanno avallato ovvero creato intrecci inammissibili tra avvocati, magistrati e politici secondo il collaudato sistema Palamara. Gli stessi che, per fare politica a nome degli avvocati, benché a ciò non autorizzati, hanno inventato il giornale “Il Dubbio” la cui linea editoriale è dettata dal CNF. Che fare: non arrendersi ed agire per pervenire ad una riforma dell’attuale ordinamento forense e della giustizia che veda nettamente distinte le funzioni degli avvocati da quelle dei magistrati senza “commistioni istituzionali”, affinché siano chiare e percepibili a tutti le loro responsabilità. Non si tratta di vacue affermazioni di principio, ma di riforma a costo zero per dare credibilità alla giustizia con ricadute positive sugli esercenti la professione forense. Bisogna assolutamente perseguire l’obiettivo del processo telematico anche nel penale (avuto riguardo alle sue peculiarità), garanzia di trasparenza ed efficienza. E’ necessario far cessare subito l’avventura editoriale de “Il Dubbio”, spreco di risorse che potrebbero essere altrimenti utilizzate. Non ritengo sia utopia pensare ad un sistema che garantisca agli avvocati un minimo di reddito come per i notai. Ovviamente, trattatasi di questioni che richiedono approfondimenti.

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Redazione

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