Si sente spesso parlare di rogito ma si tratta di un termine che non esiste nel diritto ed è stato mutuato dal linguaggio comune. La legge non usa mai la parola “rogito”: al suo posto infatti si usa una definizione specifica a seconda del suo contenuto. Possiamo definire, in generale, il rogito come quell’atto redatto e sottoscritto da un notaio. Dunque, in nessuna norma, c’è la spiegazione di come funziona e quanto costa il rogito. Né è corretto dire che il rogito è solo quel documento che sancisce il passaggio di proprietà di un immobile. Il concetto racchiude in sé svariate ipotesi di atti che proveremo ad elencare le più comuni. Cos’è il rogito? Treccani definisce il rogito come un atto ricevuto da un notaio. Poiché quest’ultimo è un pubblico ufficiale, il rogito è quindi un «atto pubblico». La caratteristica dell’atto pubblico è quella di garantire piena prova della sua provenienza e nello specifico dalle parti che lo hanno sottoscritto. Nessuno dei firmatari quindi potrà dire che la sottoscrizione non è sua. In questo, l’atto pubblico si distingue dalla scrittura privata (che è invece quel documento formato e firmato direttamente dalle parti). Dalla parola «rogito» poi si è creato il verbo “rogitare” che, tuttavia, non esiste nella grammatica italiana. Per “rogitare” si intende comunemente la sottoscrizione di un accordo davanti al notaio. Come funziona? A seconda del contenuto del rogito, le regole sono diverse, come diverse sono le procedure ed i costi, ad esempio, nella donazione è necessaria la presenza di due testimoni che, invece, nell’atto di compravendita immobiliare non è richiesta. In generale, per formare un rogito bisogna presentarsi dal notaio, spetta a quest’ultimo creare il contenuto dell’atto sulla base delle indicazioni fornitegli dai suoi clienti. Dunque, le parti non devono preoccuparsi di scrivere alcunché. Questa caratteristica distingue il rogito dalla cosiddetta «scrittura privata autenticata» in cui il contenuto è stato già scritto dalle parti mentre il notaio si limita ad aggiungere la propria firma in cui certifica l’autenticità delle sottoscrizioni rispetto ai soggetti indicati nell’atto stesso. In questa concezione ampia del rogito, possiamo elencare alcuni dei tipici atti costituiti dal notaio: compravendita immobiliare; donazione di valore non modico valore; costituzione di società, con redazione dell’atto costitutivo e dello statuto; formazione di testamento pubblico; apertura di testamento; e molti altri. Il più delle volte, però, quando si parla di «rogito» si intende comunemente il cosiddetto contratto definitivo ossia l’atto di compravendita immobiliare. In buona sostanza, tutte le volte in cui c’è bisogno di trasferire la proprietà di un bene immobile, è nella prassi commerciale siglare prima un accordo attraverso una scrittura privata, appunto il cosiddetto «compromesso» o, meglio, il contratto preliminare. Quest’ultimo ha solo l’effetto di vincolare le parti a recarsi dal Notaio, in un momento successivo, per la firma del contratto di compravendita vero e proprio, il «contratto definitivo». È solo il contratto definitivo a trasferire la proprietà del bene.
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