DISERZIONE – Allontanamento del militare dal proprio reparto a seguito di invio in licenza di convalescenza cagionato da simulazione di infermità – Inesistenza del reato di assenza dal servizio. (Cass. Pen. Sez. 1, c.c., n. 2523 del 14 luglio 2006)
La diserzione è il reato commesso dal militare che, in tempo di pace o in guerra, abbandona il suo posto senza esserne autorizzato, con l’intenzione di non ritornare, da non confondere con le meno gravi violazioni, dell’ assenza non autorizzata” o assenza senza permesso”, che sono forme temporanee di assenza dal servizio.
Art. 148. (Nozione del reato; sanzione penale). Commette il reato di diserzione, ed e’ punito con la reclusione militare da sei mesi a due anni: 1° il militare, che, essendo in servizio alle armi, se ne allontana senza autorizzazione e rimane assente per cinque giorni consecutivi; 2° il militare, che, essendo in servizio alle armi e trovandosi legittimamente assente, non si presenta, senza giusto motivo, nei cinque giorni successivi a quello prefisso.
Il reato di diserzione non è configurabile in presenza di un provvedimento dell’autorità militare di dispensa dal servizio, anche quando esso sia viziato da reato di simulazione di infermità. La fattispecie di diserzione non può essere integrata nei casi nei quali l’assenza dal servizio militare trovi titolo in un autorizzazione dell’autorità militare, anche se carpita con dolo.
(Omissis)
Con sentenza del 23.11.2005 il GU del Tribunale Militare di Padova, su accordo delle parti a norma dell’art. 444 c.p.p., applicava al caporale … OMISSIS … la pena di sei mesi di reclusione militare per i reati di simulazione di infermità continuata (art. 159 c.p.m.p.), di diserzione aggravata (artt. 148 e 47 n. 2 c.p.m.p.) e di truffa militare pluriaggravata (artt. 234 commi 1 e 2, 47 n. 2 c.p.m.p.) per avere simulato, quanto al primo reato, patologie insussistenti, in modo da indurre in errore le autorità sanitarie militari e da ottenere il congedo assoluto; quanto al secondo reato, per essersi allontanato dal proprio reparto senza legittima autorizzazione per effetto delle anzidette simulazioni di infermità; infine, per avere indebitamente percepito gli emolumenti nel periodi anzidetta. Il procuratore Generale Militare presso la Corte Militare di Appello- Sezione distaccata di Verona proponeva ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza per erronea applicazione della legge penale, sull’assunto che la condotta di simulazione di infermità qualificata dall’intento di sottrarsi alla prestazione del servizio militare, onde in tale fattispecie di reato risulta prefigurata l’assenza dal servizio e questa non è riconducibile nella figura del reato di diserzione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Il Procuratore Generale Militare presso questa corte ha puntualmente ricordato il precedente giurisprudenziale con cui sono stati esaminati i rapporti tra il reato di simulazione di infermità e quello di diserzione, rilevando che quest’ultimo non è configurabile in presenza di un provvedimento dell’autorità militare di dispensa dal servizio, anche quando esso sia viziato dal reato di simulazione (Cass. Pen. Sez. I, 6 marzo 2001, Ambrosio, rv. 218915).
La soluzione deve essere condivisa, in quanto trova base giustificativa nella struttura del reato di diserzione. Invero, premesso che, conformemente alla previsione dell’art. 148 n. 1 c.p.m.p., all’imputato è stato contestato il fatto di essersi allontanato dal servizio alle armi senza autorizzazione, deve sottolinearsi che l’imputato aveva ottenuto la licenza di convalescenza e poi il congedo assoluto, sia pure attraverso l’espediente della simulazione di infermità, onde è da escludere che nel caso di specie sussistano gli estremi costitutivi del reato di diserzione, dato che tale fattispecie non può essere integrata nei casi nei quali l’assenza dal servizio militare trovi titolo in un’autorizzazione dell’autorità militare, anche se carpita con dolo. Tali linee interpretative sono state confermate in una recentissima decisione di questa Sezione, nella quale è stato osservato che la conclusione rappresenta puntuale applicazione del principio di tassatività della legge penale – diretto corollario del principio di legalità sancito dall’art. 25 comma due della Costituzione e dall’art. 2, comma 1, c.p. – che vieta all’interprete di ampliare la portata della norma incriminatrice rispetto all’ambito rigorosamente determinato dalla previsione normativa della condotta punita con sanzione penale (Cass. Sez. I, 2 maggio 2006, Di Felice). Dai precedenti rilievi si evince che, in accoglimento del ricorso del Procuratore Generale Militare, deve pronunciarsi l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, rilevando che la violazione della legge penale, pur riguardano soltanto uno dei reati contestati, travolge l’intera decisione pronunciata sull’accordo viziato.