Lettera dell’Avv. Michele VAIRA – noto penalista del foro di Foggia, già presidente nazionale AIGA – in merito alle dichiarazioni al TG2 Post del consigliere del CNF, Avv. Salvatore SICA.
“Illustre Consigliere,
non la chiamo Collega per non offendere le sue dignità accademiche e le mie dignità professionali. Ho avuto occasione di ascoltare un suo intervento di ieri sera al TG2 Post. Ciò che Ella ha affermato (« la riforma della Giustizia impone anche questo: che ci sia riduzione delle tecniche dilatorie degli avvocati ») mi ha suscitato un mix di incredulità e sgomento, tale da impormi questa mia certamente sgradevole iniziativa. L’argomento trattato dal TG2 era la riforma della prescrizione, ed Ella, unico rappresentante dell’Avvocatura, circondato da manettari di provata esperienza, invece di sostenere la primazia della cultura giuridica sulla propaganda politica, si è lasciato andare ad un commento degno dei peggiori “avversari” dell’Avvocatura. In un primo momento ho pensato che, probabilmente, Ella avesse rassegnato le dimissioni da Consigliere del CNF, per l’evidente contrapposizione con la meritoria battaglia che da anni sta conducendo per inserire l’Avvocato in Costituzione. Dopo aver verificato che, invece, è regolarmente al suo posto nel Consiglio, devo dedurre che tutto si sia svolto a sua insaputa. Oppure, mi perdoni la malizia, ho ipotizzato che, dopo aver assunto ogni tipo di carica rappresentativa nell’Avvocatura, volesse ingraziarsi i favori dei magistrati, per le future elezioni dell’ANM, o addirittura preparasse la strada per la discesa in politica, nel partito che ha già accolto numerosi esponenti (evidentemente pentiti) dell’Avvocatura. Vorrei terminare qui, e chiederle semplicemente un atto di coerenza, ma altre riflessioni si impongono. Nel suo breve, ma intenso, intervento, ha fatto riferimento alla deontologia forense. Tra le norme a mio modesto parere più importanti vi è il dovere di competenza, da Ella palesemente violato per aver discusso di un argomento del quale conosce poco o nulla. Il fatto che sia in ottima compagnia (illustri accademici come il Presidente del Consiglio è convinto che nel processo penale possano esserci tre difensori; del Ministro Bonafede taccio per decenza) non sminuisce, ma amplifica, la sua colpa. Avrebbe potuto chiedere a uno qualunque degli studenti di giurisprudenza che abbiano sostenuto l’esame di diritto processuale penale informazioni sull’argomento. Avrebbe scoperto che ogni istanza o richiesta della difesa che implichi un differimento del processo comporta la sospensione della prescrizione. Approfondendo l’argomento, senza scomodare principi del Foro, che pure sarebbero stati lieti di istruirla prima della sua comparsata in TV, ma leggendo un buon testo (le consiglio “Diritto e Ragione” di Luigi Ferajoli), avrebbe addirittura scoperto che i termini riconosciuti per la difesa sono posti a garanzia dei diritti dell’imputato; che l’avvocato che non percorra tutte le strade lecite per raggiungere un risultato positivo per il proprio cliente si rende colpevole del reato di patrocinio infedele. Parlando con un avvocato di normale esperienza, avrebbe scoperto che i rinvii per concomitante impegno del difensore (che comunque sospendono la prescrizione) sono sottoposti a condizioni estremamente rigide, che costringono i professionisti privi del dono dell’ubiquità (ovvero noi comuni mortali, forse gli accademici riescono a essere presenti contemporaneamente in udienza e a lezione) a rischiare la vita sulle strade. Se proprio avesse voluto fare bella figura, avrebbe potuto leggere le statistiche ufficiali sulla prescrizione (che matura in massima parte prima dell’intervento degli avvocati) e sui motivi dei rinvii dei processi (che dipendono dalla scarsità di mezzi e personale e dalla disorganizzazione). Non ha fatto nulla di tutto questo. Non ha avuto la capacità e/o il coraggio di contrapporsi con determinazione e argomenti a chi in quel momento attaccava la categoria. Ha parlato di “tecniche dilatorie” degli avvocati. Anzi, ha avallato la narrazione che molti giornalisti o politici ignoranti o in malafede hanno diffuso sull’Avvocatura, dipinta come corresponsabile dello sfascio della Giustizia. Ha esposto l’organo del quale fa parte (CNF) e l’Avvocatura tutta a una pessima figura, per la quale non c’è altro rimedio che quello di rassegnare immediatamente le Sue dimissioni. Invio la presente al Presidente Mascherin auspicando che, in difetto di una sua spontanea determinazione in tal senso, voglia sollecitarLa a un gesto di dignità, per l’imperdonabile errore commesso, e di rispetto per una categoria che merita ben altra rappresentanza e, soprattutto, considerazione da parte dei cittadini.
Distinti saluti”.