OSSERVAZIONI SUL LAVORO NOTTURNO E TABELLE D’ARMAMENTO di Cesare FERRANDINO

Il lavoro a turni, soprattutto se comprende turni notturni ( con solo due turni sulle 24 ore), rappresenta una condizione di stress per l’organismo, in quanto, superando  le otto ore di lavoro giornaliere  va a sconvolgere il normale ritmo del ciclo sonno/veglia inducendo cambiamenti nella normale variabilità circadiana delle funzioni biologiche, specialmente per il Comandante che è il responsabile della sicurezza della navigazione e della vita umana in mare. Per  “lavoro a turni” si intende, in generale, ogni forma di organizzazione dell’orario di lavoro, diversa dal normale “lavoro giornaliero”, in cui l’orario operativo dell’azienda viene esteso oltre le consuete 8-9 ore diurne (in genere tra le 8 e le 17-18), fino a coprire l’intero arco delle 24 ore, mediante l’avvicendamento di diversi gruppi di lavoratori. Secondo il Decreto Legislativo n° 66 del 8.4.2003 (“Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro”) si intende per: – “lavoro a turni”: qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro anche a squadre in base al quale dei lavoratori sono successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo ( che non viene applicato con equipaggio di altre navi), che può essere di tipo continuo o discontinuo,  il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato di giorni o di settimane. Il   “lavoratore a turni”: è qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni. Il  “periodo notturno”: è il periodo di almeno sette ore consecutive comprendente l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino. Il  “lavoratore notturno”: a) è qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale. La detta tipologia di  lavoratore deve svolgere almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all’anno –  il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale. La detta condizione lavorativa crea interferenze sulla sfera biologica. È ‘ ormai assodato che il lavoro in turni, soprattutto quello comprendente i turni notturni, costituisce un’oggettiva condizione di stress per l’organismo, che può avere significative ripercussioni sulle condizioni di salute, in particolare per quanto riguarda: 1) l’assetto biologico: in quanto, attraverso lo sconvolgimento del ciclo sonno/veglia, induce una significativa perturbazione della normale ritmicità circadiana delle funzioni biologiche e quindi delle condizioni psicofisiche della persona; 2) l’efficienza lavorativa: la quale dipende dalle fisiologiche fluttuazioni della performance nell’arco delle 24 ore, connessa sia alla durata che alla collocazione dell’orario di lavoro, con conseguente maggior rischio di errori e infortuni; 3) lo stato di salute: il deterioramento delle condizioni di salute si può manifestare soprattutto con disturbi del sonno e della funzione digestiva e, a lungo andare, con più importanti patologie prevalentemente a livello gastrointestinale, neuropsichico e cardiovascolare, oltre che con significative interferenze con la funzione riproduttiva femminile e, probabilmente, come aumentato rischio di tumori; 4) le condizioni di vita familiare e sociale: connesse a difficoltà nel mantenere le consuete relazioni interpersonali, con conseguenti influenze negative sul rapporto di coppia, la cura dei figli e i contatti sociali. È ’ chiaro che tali interferenze possono differire in maniera significativa in relazione, da un lato, alla strutturazione dei turni e degli orari e, dall’altro, alle condizioni personali e sociali delle persone interessate.  Vale comunque la pena di rilevare che la maggior parte degli studi relativi al lavoro a turni riguardano quello comprendente il lavoro notturno, ed è quindi estremamente difficile estrapolare le problematiche connesse con i soli turni diurni. È ’ comunque ovvio che ove non vi sia il turno notturno si riducono sensibilmente, se con completamente, le interferenze sui ritmi circadiani e sul normale ciclo sonno/veglia, pur se possono permanere significative interferenze sul sonno, sugli orari dei pasti principali e sulle attività di relazione. Tutto ciò, comporta un vero rischio per la sicurezza della navigazione e della vita umana in mare. È  noto che l’efficienza psico-fisica, e quindi anche lavorativa, non è uguale di giorno e di notte. Per cui necessitano delle turnazioni lavorative su altri itinerari nave, in modo da non far stressare sempre gli stessi equipaggi.  Ogni qual volta si affronta a livello manageriale la gestione del lavoro a turni, sia nell’ottica della politica aziendale che nella contrattazione con le varie organizzazioni dei lavoratori, si pone in ugual misura il problema della corretta gestione delle conseguenze sul piano biologico e fisiologico di un lavoro eseguito in turno notturno, e quindi della implementazione di procedure e di politiche di management delle risorse umane volte alla salvaguardia della salute e della sicurezza del lavoro con dirette ricadute su efficienza e produttività. Esiste, in queste situazioni, la necessità di una corretta informazione in ambito manageriale, sulle conseguenze sul piano fisiologico del lavoro a turni, e sulle conseguenti inevitabili ricadute a livello dei costi aziendali e di livelli di qualità a livello di produttività, assenteismo, aumento delle assenze per malattia, incremento degli infortuni, maggior conflittualità interindividuale tra lavoratori, riduzione del rispetto delle procedure anche per la minore capacità di controllo nei turni notturni da parte dei responsabili. Il medico competente dovrebbe  agire consultato e adeguatamente informato in precedenza (per gli eventuali interventi a lui spettanti) di tutte le decisioni aziendali pertinenti l’orario del lavoro e le sue variazioni, in modo tale da poter programmare le adeguate strategie compensative, in termini di mantenimento dello stato di buona salute, informazione/formazione, campagne di promozione della salute, sicurezza e programmi di sorveglianza sanitaria. La modifica e/o introduzione di uno schema di turnazione dovrebbe verificarsi nel rispetto delle seguenti fasi: 1. configurazione di un progetto generale, che tenga conto delle norme legislative e contrattuali, esigenze produttive, condizioni di lavoro; 2. screening dei lavoratori per individuare i soggetti più adatti ai compiti previsti, compatibilmente con i carichi di lavoro, i fattori di rischio specifici, particolari necessità o esigenze di produzione e caratteristiche individuali, alla predisposizione fisiologica; 3. predisposizione di uno schema di turnazione che tenga conto sia delle esigenze dell’organizzazione del lavoro che delle esigenze dei lavoratori turnisti, secondo i criteri di carattere psico-fisiologico; 4. introduzione del nuovo schema di turnistica nave e verifica del grado di accettabilità di alcuni equipaggi  per un periodo di tempo determinato, registrando le valutazioni degli interessati ed altri indicatori; 5. identificazione delle circostanze correlate all’organizzazione del lavoro suscettibili di miglioramento e aggiustamento degli schemi di turnazione delle navi  tenendo in considerazione gli aspetti legati alla adattabilità individuale, e alle osservazioni raccolte dallo scrivente; 6. implementazione finale del nuovo schema di turnazione e monitoraggio periodico delle navi. Come accennato in precedenza, tale approccio richiede quindi il completo coinvolgimento degli equipaggi  in ogni fase, con una totale e aperta comunicazione bidirezionale tra questi ultimi, compresi i Comandanti, RSPP ect.., in modo da garantire  all’equipaggio  in turnistica  il migliore supporto per un completo coinvolgimento e partecipazione. Nelle Società di Navigazione con servizio giornaliero che si avvantaggia di metodologie organizzative definite come “sistema qualità”, con  l’organizzazione del lavoro a turni in senso ergonomico trova più facile applicazione. Infatti, il coinvolgimento del lavoratore nelle responsabilità diventa il passo essenziale per il raggiungimento di obbiettivi considerati di importanza strategica, ovvero la riduzione a zero della frequenza di infortuni/incidenti. se in vigenza dell’ex art. 3 del Dlgs. 108/2005 e/o art. 7 comma 2, preesistente alla Legge 04 novembre 2010, n° 183 (Collegato al Lavoro), sono state o meno autorizzate deroghe all’orario di lavoro dei marittimi. Si chiede altresì di conoscere il corretto processo di validazione dei c. d. “Viaggi di Breve Durata”, a cui far riferimento.  Per le tabelle di armamento rilasciate alle navi Ro-Ro-pax ed altre tipologie di navi si stanno verificando preoccupanti situazioni riguardante la sicurezza della navigazione e della vita umana in mare. Inoltre, con le tabelle minime di armamento rilasciate dalle Autorità Marittime vi è una ricaduta da affaticamento sul personale in servizio da eccessiva esposizione lavorativa e relativa ricaduta sulla composizione della tabella minima di sicurezza. Dall’esame comparativo della documentazione esaminata più volte su navi Ro Ro pax delle varie Società  con i contenuti di leggi e normativa in materia, emerge sempre che la tabella minima di sicurezza ridotta a poche persone e relativo Ruolo d’Appello, rilasciata in via provvisoria o definitiva dall’Autorità Marittima a livello Nazionale, non consente ne l’ordinaria gestione della nave e relativi servizi e ne la gestione dei mezzi di salvataggio in dotazione, nella fase di “abbandono nave” . In conseguenza, le Autorità Marittime, forzando i limiti discrezionali in capo alla stessa nel momento che hanno approvato le dette Tabelle Minime o definitive di Sicurezza a poche persone , si sono assunte il rischio legato alla probabilità del verificarsi di un evento imprudente e dannoso assumendosi, nella tale ipotesi, una loro diretta responsabilità. Infine, su tutti i Ruoli di Appello, in caso di abbandono nave ogni membro d’equipaggio ha due compiti da svolgere e che teoricamente può passare, ma, in pratica è assolutamente impossibile attuare in particolare quando si trasportano passeggeri.  

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Direttore: Avv. Angelo RUBERTO

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