LA CLASSIFICAZIONE DEI REATI di Chiara DI VINCENZO

Il reato è quel fatto giuridico volontario ed illecito, al quale l’ordinamento ricollega, come conseguenza, una sanzione penale. Le varie fattispecie di reato possono essere di diverse tipologie.

  • Innanzitutto si possono distinguere i delitti e le contravvenzioni.
  1. I delitti sono i fatti costituenti reato per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo, della reclusione e della multa.
  2. Le contravvenzioni sono invece i fatti costituenti reato per cui si prevede la pena dell’arresto o dell’ammenda; per cui non rileva l’elemento psicologico e per cui non è ammesso il tentativo. Invero, più nello specifico, non esiste una definizione dottrinale per contraddistinguere le contravvenzioni. Le stesse possono individuarsi, facendo riferimento alla pena, essendo prevista per tale tipologia di reato, la pena dell’arresto e dell’ammenda; attraverso l’elemento soggettivo, giacchè il soggetto agente ne risponde  indipendentemente dal dolo o dalla colpa; nonché dal fatto che non si prevede la configurabilità del tentativo; come pure dal fatto che si procede sempre d’ufficio e che la competenza sia del Tribunale in composizione monocratica.
  • Sulla base dell’elemento soggettivo, si distinguono:il reato doloso, colposo e preterintenzionale.
  1. Il reato doloso si configura quando l’evento è il risultato della volontà dell’agente. Nel dolo vi è un momento intellettivo, in cui l’autore si configura l’evento e un momento volitivo, in cui l’agente procede per ottenere il risultato che si era prefigurato.

Sulla base del momento volitivo, si distingue il dolo diretto, quando l’evento coincide con quello voluto dall’agente; il dolo indiretto o eventuale, quando l’agente prevede l’evento come probabile conseguenza della sua condotta e agisce accettando il rischio che l’evento si verifichi; il dolo generico, quando è indifferente il motivo per cui l’agente agisce, ma rileva solo che quest’ultimo abbia voluto l’evento; il dolo specifico, quando rileva il fine che ha spinto l’agente a delinquere;  il dolo alternativo, quando l’agente vuole degli eventi alternativamente e il dolo indeterminato, quando l’agente vuole alternativamente o cumulativamente più risultati.

Sulla base del momento intellettivo, si distingue invece: il dolo iniziale, quando  sussiste solo nel momento iniziale dell’azione o dell’omissione; il dolo concomitante, quando il dolo persiste per tutta la durata dell’azione; il dolo successivo, quando la volontà sopravviene solo dopo il compimento dell’azione o omissione; il dolo d’impeto, quando la volontà è improvvisa e il dolo di premeditazione, quando tra il momento intellettivo e quello volitivo intercorre del tempo, in cui l’agente si prepara alla commissione del reato.

In ogni caso, trattandosi di un processo psicologico interiore, l’esistenza del dolo può essere solo ragionevolmente desunta da circostanze oggettive, ma non può essere presunta.

  1. Il reato colposo si configura quando l’evento non è voluto dall’agente. La legge con il reato colposo, punisce i comportamenti che sono contrari ad una norma generale che impone di tenere costantemente sotto controllo le concatenazioni causali della propria condotta. Affinché si possa individuare il reato colposo, si deve poi supporre che l’osservanza della regola cauzionale, avrebbe evitato il prodursi dell’evento e che la norma precauzionale trasgredita aveva come scopo, quello di evitare la produzione dell’evento. Possono quindi individuarsi, due limiti per la configurazione del reato colposo: l’agente modello e il rischio consentito. Quanto all’agente modello, il legislatore ha previsto che il soggetto, sarà responsabile delle sole conseguenze prevedibili da un soggetto di nomale diligenza. Quanto al rischio consentito, esso riguarda quelle attività che hanno in re ipsa una misura di rischio più alto del normale, per cui la colpa si configura quando la condotta dell’agente determina un rischio ancora più elevato. Affinché sussista la colpa è necessario che l’evento sia prodotto in conseguenza di una particolare forma di manifestazione della condotta prevista dall’ art 43 c.p.,ovverosia per negligenza, ossia mancanza di attenzione; imprudenza, ossia mancanza di cautele; ed imperizia, ossia inettitudine professionale, che si ha quando il soggetto non ha osservato una regola tecnica che conosceva o avrebbe dovuto conoscere.

Il reato colposo si distingue sulla base della colpa specifica che si ha quando vi è la trasgressione di specifiche regole di comportamento; della colpa generica, quando vi è una violazione di norme cautelari dettate dal comune senso di esperienza; della colpa cosciente, che ricorre quando l’agente non vuole l’evento che però si prefigura come probabile, ma ritiene che l’evento non avverrà, confidando nelle proprie capacità o nella fortuna.

Sul punto la Giurisprudenza di legittimità ha teorizzato che, per distinguere tra colpa cosciente e dolo eventuale, bisogna indagare la mente dell’agente. Bisogna cioè verificare che, laddove quest’ultimo potesse tornare indietro, con la certezza che l’evento si verifichi, desisterebbe o meno dal suo proposito. Dunque nel primo caso si configurerà la colpa cosciente, altrimenti, il dolo eventuale.

Una volta individuato il tipo di “colpa”, bisognerà anche valutare in concreto se ci si poteva aspettare dal soggetto, una diligenza diversa da quella tenuta.

Ancora vi è la c.d. colpa impropria, che ricorre in caso di eccesso colposo nelle cause di giustificazione; errata supposizione delle cause di giustificazione ed errore determinato da colpa.

  1. Inoltre vi è il reato preterintenzionale, che configura quando l’evento va “oltre l’intenzione”. Ovverosia l’agente vuole un evento minore, ma ne realizza uno più grave. Vi sono due casi in materia previsti dall’ordinamento, l’omicidio preterintenzionale e l’aborto preterintenzionale. In entrambi i casi l’agente vuole l’evento minore (lesioni e percosse), ma ottiene quello più grave (morte).
  • Sulla base del soggetto attivo si distinguono:i reati comuni ed i reati propri.
  1. I reati comuni sono quelli che possono essere commessi da chiunque.
  2. I reati propri possono essere commessi solo da soggetti che hanno particolari requisiti. Si distinguono ancora i reati propri esclusivi, che possono essere commessi solo ed esclusivamente dalla particolare categoria di soggetti e i reati propri non esclusivi, in cui il fatto è penalmente illecito indipendentemente dalle qualità del suo autore, ma se quest’ultimo non ha le richieste caratteristiche, muta il titolo di reato.
  • Sulla base del soggetto passivo, si distinguono: i reati a soggetto passivo determinato; i reati a soggetto passivo indeterminato e i reati senza vittime.
  1. I reati a soggetto passivo determinato sono quelli in cuil’interesse offeso appartiene a soggetti ben determinati.
  2. I reati a soggetto passivo indeterminato, sono quelli in cui l’interesse leso appartiene ad un gruppo di soggetti non individuabili singolarmente con facilità (per esempio il reato di strage)
  3. I reati senza vittime,che si configurano quando non è facile individuare un bene giuridico “afferrabile” (per esempio i reati contro la moralità pubblica).
  • Sulla base della condotta si distinguono i reati di azione; i reati di omissione; i reati a condotta mista; i reati a forma libera; i reati a forma vincolata ed i reati abituali.
  1. I reati di azione sono quelli in cui è necessaria una condotta attiva, che si concretizzi in un movimento corporeo dell’uomo percettibile all’esterno.
  2. I reati di omissione sono quelli che richiedono una condotta omissiva. A tal proposito si distinguono i reati omissivi propri, che si configurano quando per integrare la fattispecie di reato è sufficiente il mancato compimento dell’azione doverosa, senza che si realizzi una modificazione del mondo esterno come diretta conseguenza della condotta omissiva e i reati omissivi impropri, quando il soggetto ha causato con la propria omissione un dato evento (ad esempio un soggetto doveva direzionare il traffico tranviario, ma non lo fa, così cagionando un disastro tranviario)
  3. I reati a condotta mista che sono quelli per la cui realizzazione è richiesta cumulativamente una condotta attiva e una passiva.
  4. I reati a forma libera, che sono quelli che possono essere compiuti con qualsiasi modalità;
  5. I reati a forma vincolata che possono essere compiuti solo con modalità particolari(per esempio ilreato di truffa).
  6. I reati abituali che sono reati generati dalla reiterazione di più condotte reiterate nel tempo, le quali, prese singolarmente o non costituiscono reato o costituiscono un reato diverso. (per esempio il reato di maltrattamenti in famiglia)
  • Sulla base dell’evento si distinguono i reati di evento; i reati di pura condotta; i reati istantanei ed i reati permanenti.
  1. I reati di evento che si configurano quando la legge prevede quale elemento essenziale una modificazione della realtà (per esempio il reato di omicidio)
  2. I reati di pura condotta,che si configurano quando la fattispecie incriminata si esaurisce nel porre in essere il comportamento incriminato (per esempio il reato di omissione di denuncia del reato)
  3. I reati istantanei in cui la condotta integra l’evento e lo esaurisce.
  4. I reati permanenti, in cui il momento consumativo si protrae nel tempo, per effetto della persistente condotta del soggetto agente. In tal caso, il diritto del soggetto passivo, si contrae e si riespande al cessare della condotta del soggetto agente (per esempio il reato di sequestro di persona)
  • Sulla base del danno si distinguono i reati di danno e i reati di pericolo.
  1. I reati di danno si configurano quando per l’integrazione della fattispecie criminosa, è necessaria l’effettiva lesione del bene giuridico protetto dalla norma
  2. I reati di pericolo si configurano quando è sufficiente la messa in pericolo del bene giuridico protetto dalla norma.
  • Ancora si distinguono il reato consumato, in cui si realizzano tutte le fasi del reato; il delitto tentato, che ricorre quando il reato si presenta incompiuto o perché non si è realizzata la lesione dei beni a cui era diretta la condotta (per esempio: Tizio esplode un colpo contro Caio ma colpisce il vuoto) o perché la condotta non viene portata a compimento (per esempio:Tizio viene sorpreso nell’atto di rubare e scappa senza impossessarsi di nulla). Più nello specifico:
  1. Il delitto tentato è previsto all’art 56 c.p. ed implica una estensione del principio di tipicità, incriminando condotte che, siccome prive dell’ “evento dannoso”, non potrebbero di per sé integrare un reato.

Per aversi un delitto tentato è necessaria l’idoneità degli atti del soggetto agente, nel senso che, attraverso una valutazione ex ante, gli atti devono essere capaci di ledere il bene giuridico protetto; altresì gli atti devono essere diretti in modo non equivoco, ossia devono rendere chiara l’intenzione dell’agente e vi deve essere la mancata consumazione del delitto.

  1. Il reato consumato, previsto dall’art. 81 co. 2 c.p., si configura quando con più azioni o omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, si commettono, anche in tempi diversi, violazioni di una stessa o diverse norme penali. In tal caso, si applica il cumulo giuridico e quindi si applicherà la pena prevista per il reato più grave, aumentata sino al triplo.
  • Sulla base dell’errore, che esclude la tipicità del reato, si distinguono il reato putativo e il reato impossibile, laddove l’errore si qualifica come una falsa rappresentazione della realtà.
  1. Il reato putativo si configura quando il soggetto commette un fatto non costituente reato, nell’erronea convinzione che il fatto costituisca reato, ma così non è o perché manca uno degli elementi essenziali, o perché sussiste una causa di giustificazione o in quanto l’agente integraun reato proprio ma non ha i requisiti richiesti dalla norma.
  2. Il reato impossibile si configura quando per inidoneità dell’azione o dell’oggetto è impossibile l’evento dannoso o pericoloso. (per esempio : Tizio vuole uccidere Caio con una pistola giocattolo)
  • Altro è il reato aberrante. Sul punto, si distinguono l’aberratio ictus; l’aberratio delicti e l’aberratio causae;
  1. L’aberratio ictus si configura quando l’agente cagiona l’offesa ad un soggetto diverso da quello voluto. Si distingue tra monoffensiva quando l’agente colpisce solo il soggetto non voluto e plurioffensiva quando li colpisce entrambi.
  2. L’aberratio delicti si quando l’agente cagiona un evento diverso da quello voluto. In questo caso, il soggetto agente risponderà dell’evento non voluto a titolo di colpa e di quello voluto, se cagionato, a titolo di dolo.
  3. L’aberratio causae di creazione dottrinale, che si ha quando l’agente ha realizzato l’evento con una concatenazione di cause diversa da quella volontariamente innescata. Ciò rileva per i reati a forma vincolata.
  • Infine, si annovera il reato circostanziato, che si si caratterizza per il fatto che presenta elementi accidentali che incidono sulla gravità del reato e sulla quantità o qualità della pena.
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