RUBA PER FAME… IL GIUDICE LO ASSOLVE

Rubare perché si è in stato di necessità cioè, per fame, per freddo, per bisogno in genere, purtroppo negli ultimi tempi accade frequentemente e, non solo nella popolazione giovanile. Si ha spesso notizia di furti perpretati anche da persone che hanno perso il lavoro, da persone che un lavoro non c’è l’hanno mai avuto, da persone anziane abbandonate dalle proprie famiglie che dispongono di redditi a volte insufficienti anche per procurasi beni di prima necessità, tipo generi alimentari e medicine. Tutte le professioni sono soggette a regole che vanno rispettate per essere svolte nel migliore dei modi, soprattutto la professione di giudice deve essere guidata dal rispetto della legge. Ma per fare bene il proprio mestiere non è sufficiente rispettare la legge, applicandola pedissequamente, ma serve soprattutto saggezza e buon senso. Ed, sicuramente saggia è la sentenza del tribunale di Arezzo che ha assolto una persona denunciata per furto di generi alimentari, furto perpetrato per fame! Tra le cause oggettive di esclusione del reato, comunemente conosciute come cause di giustificazione, il nostro codice penale prevede anche lo “stato di necessità”. Le cause di giustificazione, sono quelle situazioni, nelle quali un fatto normalmente vietato dalla legge, quindi reato, sono consentite e, di conseguenza sono esenti da pena. Lo stato di necessità trova la sua giustificazione nella mancanza del danno sociale, cioè quando il bene sacrificato ha un valore minore di quello salvato! Proprio sulla base di questo ragionamento il Tribunale di Arezzo, ha emesso la sentenza di assoluzione del ladro per “fame”. Il giudice afferma: “Ho assolto persone che avevano rubato per fame. Una volta ho celebrato un processo per furto aggravato in un supermercato per due barrette di cioccolato, un pezzo di formaggio e uno di pancetta. Importo della merce rubata 6,50 euro. Costo del processo, fra testimoni, cancellieri e tutto l’insieme, minimo 200 o 300 euro”. – Un allarme sociale secondo il giudice, che argomenta anche come è possibile non punire chi ruba per fame. “Il codice penale riconosce la differenza tra un furto commesso con dolo e uno commesso per necessità. Io applico questa differenza. E sono contro l’accanimento nei confronti delle persone in difficoltà”. “Quando si tratta di furti di beni di prima necessità chiedo sempre ai supermercati di rinunciare ad azioni penali ma nessuno rimette mai la querela. E allora, se possibile applico l’articolo 54 sullo stato di necessità”. Il nostro codice penale, comunque per chi commette reati essendo in questa condizione, prevede con un articolo specifico, il 626, una riduzione sensibile della pena massima prevista per il furto cioè la reclusione fino a un anno o la pena pecuniaria di 206 euro di multa invece della forbice dei tre mesi a tre anni e la multa da euro 154 a 516 prevista dall’art. 624 del codice penale, entrambe le fattispecie punibili a querela dell’offeso. Il problema si pone quando il furto ricade sotto le previsioni dell’art. 625 del codice penale, ove il trattamento sanzionatorio è più pesante e, va da un anno a sei anni di reclusione unitamente alla multa da euro 103 a euro 1.032 con la perseguibilità d’ufficio. Allora, è in questi casi (es. furto di generi alimentari nei supermercati o, anche il furto di energia elettrica) che la legge deve essere applicata con saggezza e buon senso, così come ha fatto il giudice del tribunale di Arezzo. Però attenzione che lo stato di necessità deve essere reale!

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