GIURISPRUDENZA in PILLOLE del CNF RELATORE Antonio GALLETTI

Le dimissioni da componente di un ente forense. Le dimissioni da componente di un ente forense (nella specie, Consiglio dell’Ordine) costituiscono atto unilaterale e recettizio: unilaterale e dunque non bisognevoli di accettazione, in quanto nessuno dovrebbe essere costretto a rimanere nella titolarità di una carica contro la propria inequivocabile volontà, di talché l’ordinamento non subordinerebbe la produzione degli effetti delle dimissioni alla eventuale accettazione o presa d’atto delle medesime; recettizio, perché gli effetti tipici delle dimissioni e cioè la cessazione dalla carica, si verificherebbero allorquando la manifestazione di volontà proveniente dall’avente diritto esce dalla disponibilità della sfera giuridica di questi e diviene nota ai destinatari. In conseguenza, l’atto si perfeziona con la ricezione da parte del destinatario e non necessita di accettazione esplicita, sicché – per un verso – le dimissioni non possono essere revocate nel momento in cui abbiano prodotto il loro effetto e – per altro verso – la produzione dell’effetto medesimo non è nella disponibilità del destinatario. [Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Corona, rel. Galletti), sentenza n. 215 del 25 ottobre 2023].

News in tema di elezioni forensi: il limite del doppio mandato consecutivo non può essere aggirato con dimissioni strumentali anche prima del decorso del biennio. In tema di elezioni forensi, il divieto di terzo mandato consecutivo stabilito dall’art. 3 della  legge  n. 113 del 2017 non ricorre nel caso in cui la carica consiliare abbia avuto una durata inferiore al biennio, trattandosi di un periodo insufficiente ad attuare quel particolare consolidamento con l’elettorato (c.d. «cristallizzazione della rappresentanza»), che la ratio del divieto de quo intende appunto scongiurare. In particolare, secondo una interpretazione letterale e comunque da ritenersi preferibile avuto riguardo al bilanciamento dei diritti costituzionali in gioco, il periodo minimo previsto dalla norma per escludere dal computo della consecutività dei mandati riguarda la posizione del singolo consigliere e non già la consiliatura ovvero la durata del Consiglio nel suo complesso. Tale principio va tuttavia contemperato con l’esigenza di evitare un abuso del diritto, che ricorre allorché le dimissioni siano meramente strumentali ad aggirare il limite del doppio mandato consecutivo e quindi non emergano in capo al Consigliere dimissionario effettive ragioni oggettive o di forza maggiore a sostegno delle rassegnate dimissioni, ma l’opzione sia appunto il frutto di una scelta personale dovuta a ragioni di politica forense o, comunque, a valutazioni personali di opportunità, con evidente frustrazione della ratio posta a fondamento del citato divieto. [Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Corona, rel. Galletti), sentenza n. 215 del 25 ottobre 2023]

Conflitto di interessi: l’illecito (c.d. di pericolo) tutela l’affidamento della collettività sulla capacità degli avvocati di fare fronte ai doveri che l’alta funzione esercitata impone. Il divieto di prestare attività professionale in conflitto di interessi anche solo potenziale (art. 24 cdf, già art. 37 codice previgente) risponde all’esigenza di conferire protezione e garanzia non solo al bene giuridico dell’indipendenza effettiva e dell’autonomia dell’avvocato ma, altresì, alla loro apparenza (in quanto l’apparire indipendenti è tanto importante quanto esserlo effettivamente), dovendosi in assoluto proteggere, tra gli altri, anche la dignità dell’esercizio professionale e l’affidamento della collettività sulla capacità degli avvocati di fare fronte ai doveri che l’alta funzione esercitata impone, quindi a tutela dell’immagine complessiva della categoria forense, in prospettiva ben più ampia rispetto ai confini di ogni specifica vicenda professionale. Conseguentemente: 1) poiché si tratta di un valore (bene) indisponibile, neanche l’eventuale autorizzazione della parte assistita, pur resa edotta e, quindi, scientemente consapevole della condizione di conflitto di interessi, può valere ad assolvere il professionista dall’obbligo di astenersi dal prestare la propria attività; 2) poiché si intende evitare situazioni che possano far dubitare della correttezza dell’operato dell’avvocato, perché si verifichi l’illecito (c.d. di pericolo) è irrilevante l’asserita mancanza di danno effettivo. [Consiglio Nazionale Forense (Pres. Greco, rel. Galletti), sentenza n. 165 del 25 luglio 2023]

Antonio GALLETTI: Avvocato Cassazionista in Roma. Consigliere nazionale forense. Già Presidente dell’Ordine di Roma, delegato di Cassa forense, componente OCF, Consiglio giudiziario ed OUA.

/ 5
Grazie per aver votato!

Redazione

BLOG fondatto e curato da Angelo RUBERTO, Avvocato Penalista del Foro di Bologna, Presidente dell’Associazione “Rete Nazionale Forense”. Il fondatore del sito, al momento non ha intenzione di registrare questa testata giornalistica online poiché tale registrazione è necessaria solo per coloro che intendono ottenere contributi statali, secondo quanto previsto dall’articolo 7, comma 3, decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70. ©2018-2024 Tutti i Diritti Riservati