STATI CHE NEGANO LO SBARCO DEI MIGRANTI

La problematica relativa al potere dello stato italiano di impedire lo sbarco nei propri porti degli immigrati recuperati in mare dalle nave delle ONG, ripropongono le tematiche relative al cd passaggio inoffensivo delle navi e del concetto di “luogo Sicuro”. La Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, New York il 10 dicembre 1982, all’articolo 19 specifica cosa si intende con l’espressione «passaggio inoffensivo». Comma 2° lett. g  “Il passaggio di una nave straniera è considerato pregiudizievole per la pace, il buon ordine e la sicurezza dello Stato costiero se, nel mare territoriale, la nave è impegnata in una qualsiasi delle seguenti attività: lett. g.: “il carico o lo scarico di materiali, valuta o PERSONE in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero”.

LUOGO SICURO: Le Linee guida IMO, unitamente alle Convenzioni internazionali in materia, dispongono che la responsabilità primaria per la individuazione e/o fornitura di un “LUOGO SICURO”, ricada sullo Stato costiero responsabile della zona SAR al cui interno si verifica l’operazione di salvataggio marittimo.

Nel 2017 in una relazione resa in Parlamento, nell’ambito delle attività del Comitato parlamentare SHENGEN, l’Ammiraglio Nicola Carlone – Ora Comandante Generale delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera -, così diceva: “”non vi dovrebbe essere nessuna differenza tra un’operazione S.A.R. ed un’operazione di polizia diretta al controllo delle frontiere esterne europee in quanto, in applicazione del principio di “non refoulement” nonché del regolamento europeo che disciplina le operazioni FRONTEX e del discendente piano operativo, anche le persone che fossero ritenute non in pericolo e, quindi, intercettate in mare e non soccorse, dovrebbero comunque essere portate a terra, nel territorio del Paese che ospita la specifica operazione nazionale od europea (cioè l’Italia, per quanto riguarda l’operazione TRITON; la Grecia, per quanto riguarda l’operazione POSEIDON; la Spagna, per l’operazione INDALO). In realtà la differenza risiede nel fatto che l’obbligo del S.A.R. prescinde dai limiti della piena giurisdizione marittima di uno Stato costiero (non è neppure limitato, come si è visto, alla specifica area di responsabilità S.A.R., che comunque non è un’area di giurisdizione e, pertanto, si estende di norma ben oltre le acque territoriali e l’eventuale zona contigua), mentre l’attività di polizia al di fuori delle acque territoriali (“law enforcement”) è soggetta a ben precisi limiti, stabiliti dalla normativa nazionale e nel rispetto di quella internazionale. La conseguenza pratica di ciò è che se un’imbarcazione carica di migranti localizzata al di fuori delle acque territoriali di uno Stato costiero é ritenuta versare in una situazione di potenziale pericolo (caso S.A.R.), scatta l’obbligo di immediato intervento e, quindi, del successivo trasporto a terra delle persone soccorse. Qualora invece la stessa imbarcazione fosse ritenuta ancora idonee a navigare, seppure verso le acque territoriali italiane, o maltesi, potrebbe scattare solo il tracciamento, nell’ambito di una operazione di polizia marittima, definita come law enforcement. Solo nel primo caso ricorrerebbe una situazione di “distress” immediato che imporrebbe di procedere senza alcun indugio alla dichiarazione di un evento SAR e quindi all’intervento di soccorso ( con conseguente obbligo di sbarco in un porto sicuro”L’ammiraglio Carlone, continuava: “l’attività di polizia delle Autorità dello Stato costiero normalmente si limita al monitoraggio della situazione, allo scopo di verificare se la destinazione appaia essere quella di detto Stato costiero. Solo in tal caso scatta l’intervento di polizia: inizialmente a scopo preventivo, mirato quindi a cercare di prevenire l’ingresso od il transito (considerato potenzialmente “offensivo”) dell’imbarcazione nelle proprie acque territoriali, sempre nei limiti di quanto legittimamente possibile ai sensi delle norme internazionali. Pertanto l’accompagnamento a terra e l’ingresso nel territorio dello Stato costiero di dette persone si avrebbe solo nel caso in cui l’azione preventiva e deterrente non abbia effetto o sia ravvisata una violazione delle norme dello Stato costiero che comporti la necessità dell’adozione di provvedimenti autoritativi di esercizio della giurisdizione.”

SHENGEN: L’area Schengen è una zona di libera circolazione senza controlli alle frontiere interne, istituita il 14 giugno 1985 con l’accordo che prende il nome dall’omonima cittadina lussemburghese in cui venne sottoscritto da Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi. L’Italia ha sottoscritto l’accordo nel 1990. Le norme sull’abolizione dei controlli alle frontiere interne, implicanti l’ampiamento della libera circolazione per i cittadini dei Paesi firmatari, sono state perfezionate e ulteriormente definite dalla convenzione di attuazione del 19 giugno 1990. L’accordo e la convenzione formano dunque l’acquis di Schengen, che con il Trattato di Amsterdam del 1997 è stato integrato nel quadro giuridico dell’Unione e costituisce uno dei risultati più apprezzati dai cittadini europei. A partire dal 1995 il numero degli Paesi firmatari è progressivamente aumentato fino a coinvolgere oggi 22 Paesi membri UE e quattro Paesi associati (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera).

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