AVREI VOLUTO ESSERE ASCOLTATA: LETTERA DI UNA ADOLESCENTE ALLO STATO

Lettera – anonima – di un’adolescente allo Stato: “Quel giorno avrei voluto essere ascoltata” . Articolo 30 della costituzione italiana “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli… Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti…” Dietro allo sguardo di un bambino spesso c’è un mondo a molti sconosciuto. Non ci si può neanche immaginare quanto abbia subito e vissuto situazioni che un bambino non dovrebbe nemmeno conoscere. Avrei voluto essere ascoltata perché il mio pensiero vale anche se sono minore. Avrei voluto che i miei diritti non fossero violati e non avrei voluto subire l’imposizione di dover avere a che fare con un genitore dal quale sono riuscita a prendere le distanze per non soffrire più. Come se i nostri pensieri non avessero valore, se i minori non sapessero cosa vuol dire soffrire, ma soffrissero solo gli adulti. Sofferenza vuol dire tante cose, i minori forse, sopportano sofferenze più gravi di quelle degli adulti, proprio perché non vengono presi in considerazione. Sono obbligati a convivere con i loro traumi. Subiscono decisioni prese in base alle testimonianze, a verità modificate secondo convenienza, supportate da professionisti ai quali spesso non interessa conoscere la verità o fare il bene dei minori, ma lottano solo per vincere la propria causa. Nell’androne del tribunale sembra di essere in un teatro alla fine di uno spettacolo. Le persone si dividono in gruppetti da due o quattro. Attendono il proprio turno dal giudice. Stanno in attesa per ore, dopo poco hanno già finito e se non hanno trovato un accordo deciderà lui per loro. Dieci minuti? È questo il tempo necessario per capire chi siamo? Perché siamo arrivati a far decidere un altro per noi? Quella mattina ho deciso di andare in tribunale sperando che il giudice mi ascoltasse e tenesse conto dei traumi che mi porto dietro per prendere la sua decisione. Ma della mia supplica non è rimasto nemmeno un cenno nel verbale dell’udienza presidenziale. Ho passato una mattina in tribunale perché ho sempre impressa l’immagine di me bambina e a quella bambina io devo dare giustizia. In questa immagine rivedo tutti i bambini che hanno subito o subiranno ingiustizie, enormi sofferenze che sono costretti a comprimere nei loro piccoli corpi. C’è una legge che dice di agire per la loro tutela, ma non rispetta le leggi. Un minore deve aspettare di diventare maggiorenne per far valere i suoi diritti? I minori sono vittime di genitori alienati e di un sistema che non funziona. Si danno per scontati falsi luoghi comuni che parlano di padri messi contro i propri figli. Non sempre è così. Il genitore collocatario non è sempre il carnefice e non è sempre la madre. Ma è quasi sempre chi si prende cura, lotta e vive ogni giorno per i propri figli. L’altro se ne disinteressa, parzialmente o totalmente. Se non c’è rapporto con il minore è solo perché non c’è interesse verso di lui. La legge forse questo non lo vede e non lo sa. Si parla di diritti dei bambini nella costituzione dal 1924. Nel 1991, la convenzione ONU, diventa parte integrante del diritto interno italiano. Il minore diventa un soggetto dì diritti, una persona che ha un proprio valore e dignità. Tra i principi fondamentali l’articolo 12 prevede il diritto dei bambini ad essere ascoltati in tutti i processi che li riguardano. Acquisiscono la possibilità di esprimersi e l’articolo stabilisce il dovere per gli adulti di tenerli in considerazione. A mio parere, tra familiari e istituzioni, gli adulti che dovrebbero farsi carico di rispettare questi diritti si dimostrano più immaturi dei minori. Non rispettano i loro doveri e utilizzano le proprie risorse solo per scaricarsi a vicenda le responsabilità. Caro Stato italiano, i minori che non tuteli oggi saranno gli adulti di domani. I bambini vanno tutelati! Impara a dargli il giusto valore e impegnati perché vengano rispettati. Fermati per un attimo a fissare i loro occhi impauriti e rassicurali. Fai in modo che non perdano mai il diritto di essere bambini. (Fonte: La Nuova Sardegna)

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Redazione

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