CORTE d’APPELLO DI CAGLIARI: CONNIVENTE O CONCORRENTE?

Caso Affrontato dalla ⚖️ Corte di Appello di Cagliari con la sentenza n. 619 del 8 settembre 2021- Udienza del 06 luglio 2021.
LA CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI
PRIMA SEZIONE PENALE

Composta dai Signori
1) Dott. Massimo Costantino Poddighe – Presidente
2) Dott. Alessandro Castello – Consigliere
3) Dott. ssa Silvia Badas – Consigliere
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✅ Appello avverso la sentenza in data 20.06.2018 del Tribunale di Cagliari, Sezione dei Giudici per le Indagini Preliminari e dell’Udienza Preliminare, con la quale l’imputata fu condannata alla pena di tre anni, nove mesi e 20 giorni di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento durante la custodia cautelare in carcere.
⚖️La Corte d’Appello di Cagliari è stata chiamata ad occuparsi di un caso riguardante il coinvolgimento di una moglie nell’attività criminosa marito. Per i giudici della Corte di Appello di Cagliari, la moglie del reo che custodisce in casa armi, stupefacenti e tutto quanto necessario per il confezionamento delle dosi finalizzate allo spaccio non può ritenersi una semplice connivente o persona imputabile a “solo” titolo di favoreggiamento personale, specie se la famiglia ha come fonte principale di sostentamento i proventi dell’ attività criminosa del marito. La vicenda che riguardava diversi reati in materia di armi e stupefacenti è, venuta a galla nel corso di una perquisizione, che ha fatto rinvenire ingenti quantità di sostanze stupefacenti, fucili, munizioni nonché, le attrezzature necessarie ai fini del confezionamento (quali bilancini, coltelli, bustine ecc. elementi indicativi dell’attività illecita) in dosi della sostanza stupefacente. Confezionamento evidentemente finalizzato allo spaccio. La moglie dell’indagato, inoltre, nel corso della perquisizione è stata bloccata dalle Forze dell’ordine operanti mentre tentava di occultare materiale. Proprio per il suo tentativo di occultare il materiale illecito veniva condannata dinanzi al giudice di primo grado in concorso con il marito per tutti i reati loro ascritti. La condannata, non condividendo l’ascrizione del reato a titolo di di concorso, impugnava a mezzo del suo difensore la sentenza del giudice di prime cure sul presupposto che dovesse essere considerata quale figura connivente non punibile (art. 384 del c.p.) o, alternativamente, quale soggetto passibile di condanna per favoreggiamento personale, oppure, in estrema ratio, in caso di conferma della condanna meritevole del riconoscimento dell’attenuante prevista dall’articolo 114 del codice penale. La Corte d’appello di Cagliare, ha sottolineato come la lucidità e freddezza dell’imputata , insieme alla gravità dei fatti di reato contestati, non possono che far giungere ad altra conclusione se non quella che la stessa fosse complice e pienamente concorrente nei reati commessi dal marito. Continuando, la Corte d’Appello ha evidenziato che tutti gli elementi oggetto di valutazione nel loro complesso dimostrano “in maniera inequivoca che la donna, oltre a essere a conoscenza dell’attività di spaccio svolta dal marito, con i cui proventi veniva mantenuta tutta la famiglia, era pienamente consapevole della presenza delle predette cose nella camera da letto e ne aveva anche la disponibilità, tanto è vero che, al momento della perquisizione, aveva cercato di sottrarle, almeno in parte, agli agenti operanti, in tal guisa dimostrando fattivamente di non essere affatto disinteressata al loro destino, come avrebbe dovuto esserlo se fosse stata soltanto una mera connivente”.  ✅ Infine, i giudici hanno scritto in sentenza “Che l’occultamento, non potendo avere la finalità di distruggere i corpi di reato (non si vede, difatti, come tale ipotetico obiettivo, peraltro neppure mai dichiarato dall’imputata, avrebbe nel contesto potuto essere conseguito), né quella di favorire l’impunità del marito (dato che lo stesso sarebbe stato comunque tosto arrestato in seguito al rinvenimento degli altri instrumenta sceleris rimasti nella camera da letto), può essere logicamente spiegato soltanto con la volontà, in capo alla donna, di “salvare il salvabile”, cioè di sottrare al sequestro, mediante occultamento, almeno parte del compendio criminoso, onde conservarne la detenzione e continuare a trame gli illeciti profitti che esso era in grado di produrre, costituenti l’unica fonte di reddito della famiglia, la quale, altrimenti, sarebbe immediatamente rimasta priva, chissà per quanto tempo, anche degli stessi mezzi di sussistenza (cfr. Cass., 24 maggio 2012, (…) e altro, secondo cui concorre nel reato di detenzione illegale di stupefacenti l’imputata la quale, all’arrivo della polizia giudiziaria, nasconda la droga detenuta in casa dal convivente)”. La condotta della donna quindi è inquadrabile nell’ipotesi di cui all’art. 110 c.p.  ✅Continua la Corte “Che, in tal caso, non fosse appunto configurabile la mera connivenza non punibile e neppure il delitto di favoreggiamento personale, perché, come insegna la giurisprudenza (cfr. per tutte, Sez. u., 24 maggio 2012, (…)), nei reati permanenti, salve ipotesi particolari, non ravvisabili nel caso in esame, qualunque agevolazione del colpevole, posta in essere prima che la condotta di questi sia cessata, si risolve in un concorso nel reato, quanto meno a carattere morale”. Condanna confermata.
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Redazione

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