VIOLENZA SESSUALE: ULTIMA RIFORMA CODICE ROSSO di Mariateresa ARCADI

Il reato di violenza sessuale,  spesso balza agli onori delle cronache, ed è  definito in modo giornalistico come “stupro”. Tuttavia, l’integrazione del reato di violenza sessuale richiede condotte anche sensibilmente meno lesive. Tale reato è disciplinato dall’art. 609 bis c.p., che si rivolge a “Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali”. È stato precisato dalla Cassazione che per atti sessuali si intendono “atti espressione di un appetito o di un desiderio sessuale, che quindi riguardano zone erogene differenti, idonei al contempo ad invadere la sfera sessuale del soggetto passivo mediante costringimento”: in tale nozione è ricompreso anche il semplice “palpeggiamento”, che sarà quantomeno ricondotto all’ipotesi attenuata del reato.  Per l’integrazione della fattispecie di cui all’art. 609 bis c.p. non basta l’effettiva sussistenza dell’elemento oggettivo, ma deve nello stesso modo emergere anche quella dell’elemento psicologico, costituito dal dolo generico: il reo deve  agire con la coscienza e volontà di compiere un atto invadente della sfera sessuale altrui e, allo stesso tempo, con la consapevolezza del dissenso della vittima.  La pena base prevista per il reato di violenza sessuale è piuttosto elevata: si tratta della reclusione da 6 a 12 annidiminuita in misura non eccedente i due terzi nei casi di minore gravità; il legislatore ha previsto un’attenuante per tutti i casi ritenuti di una gravità tale da non giustificare l’applicazione della pena base, esorbitante in ragione del principio di proporzionalità tra pena e fatto. Si pensi al già citato caso del “palpeggiamento”: si tratta di una condotta sì invasiva della sfera sessuale altrui ma di un’entità complessivamente modesta, che richiede una riduzione della pena. Tuttavia, non è ovviamente automatica l’applicazione dell’ipotesi tenue in casi del genere, ma è rimessa come sempre all’apprezzamento del giudice. È stato previsto invece l’aumento di un terzo della pena (art. 609-ter c.p.) nei casi in cui: se il fatto è commesso nei confronti di persona della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore o il tutore; con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, o di altri strumenti gravemente lesivi della salute della persona offesa; da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio; su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale; nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto; all’interno o nelle immediate vicinanze di istituto d’istruzione o di formazione frequentato dalla persona offesa; nei confronti di donna in stato di gravidanza; nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, anche separato o divorziato, ovvero colui che alla stessa persona è o è stato legato da relazione affettiva, anche senza convivenza; se il reato è commesso da persona che fa parte di un’associazione per delinquere e al fine di agevolarne l’attività; se il reato è commesso con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave.

LA PROCEDIBILITA’ DEL REATO DI VIOLENZA SESSUALE.  Il reato di violenza sessuale è procedibile nella maggior parte dei casi a querela di parte irrevocabile per il quale  la persona offesa può sporgere fino ad un anno dal fatto. Tuttavia, si procede d’ufficio in talune ipotesi aggravate, quali, tra le altre, la commissione del reato a danno del convivente o se il fatto è connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio (come per il reato di maltrattamenti). Qui di seguito le diverse Cassazioni si sono pronunciate sul punto.

  • La Cassazione in una vicenda in cui un preside di una scuola superiore aveva ripetutamente abbracciato e baciato sulle guance un’alunna in luoghi appartati, trattenendola per i fianchi, chiedendole di baciarlo e rivolgendole apprezzamenti per il suo aspetto fisico, senza tuttavia mai puntare alle zone propriamente erogene. Secondo la Suprema Corte in casi di condotte non specificamente rivolte alle zone erogene del soggetto passivo non è da escludere a priori la possibilità di ritener configurata la violenza sessuale, spettando tale valutazione unicamente al giudice di merito, che dovrà considerare ogni circostanza del caso concreto. Questo il principio dettato: “Ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale, la rilevanza di tutti quegli atti che, in quanto non direttamente indirizzati a zone chiaramente definibili come erogene, possono essere rivolti al soggetto passivo, anche con finalità del tutto diverse, come i baci o gli abbracci, costituisce oggetto di accertamento da parte del giudice del merito, secondo una valutazione che tenga conto della condotta nel suo complesso, del contesto in cui l’azione si è svolta, dei rapporti intercorrenti fra le persone coinvolte e di ogni determinazione della sessualità del soggetto passivo” (Cass. pen. n. 10248/2014).
  • Delicato, infine, appare il caso in cui il soggetto agente abbia compiuto atti sessuali a danno di una vittima in stato di alterazione dovuto all’assunzione di sostanze alcoliche. Si tratta di un episodio per cui un soggetto ha consumato un rapporto sessuale con una donna conosciuta in un locale notturno in evidente stato di ebbrezza. La donna non era quindi in grado di manifestare il proprio dissenso, ma la Cassazione ha stabilito che “in tema di violenza sessuale su persona che si trova in stato di inferiorità fisica o psichica, nel caso di alterazione causata dall’assunzione di alcool, è configurabile il reato di cui all’art. 609-bis, comma secondo, n.1, cod. pen. quando l’agente, approfittando della condizione della vittima, la induce a compiere o subire atti sessuali ai quali la stessa non avrebbe, altrimenti, prestato il consenso” (Cassazione penale sez. III, 05/12/2019, n.8981). Se, quindi, si desumono circostanze che portano a ritenere che la vittima non avrebbe acconsentito a consumare un rapporto sessuale in caso di lucidità mentale, la contestazione del reato de quo è fondata anche in assenza del suo dissenso dovuto allo stato di ubriachezza. L’episodio in questione ha configurato altresì la circostanza aggravante comune della minorata difesa della vittima, con aumento di pena pari a un terzo.
  • Altro caso utile a comprendere la portata del reato di violenza sessuale è quello definito recentemente dalla Corte di Appello di Ancora, che ha stabilito il sussistere del reato non solo in caso di effettivo contatto fisico, ma anche quando il soggetto agente si limiti a simulare un contatto con una zona erogena del corpo della persona offesa (così Corte appello Ancona, 13/01/2020, n.1499).
  • L’abuso di autorità, nei reati sessuali, si configura anche nei rapporti privati e di fatto e non solamente nell’ambito di una posizione autoritativa, qualora vi sia una situazione di supremazia sfruttata al fine di costringere la vittima a subire o a compiere atti sessuali. Le Sezioni Unite ritengono opportuno definire il significato concreto della locuzione di abuso di autorità nel contesto in cui è collocato; la differente formulazione dell’art. 609-bis, comma 1 e 2, c.p., evidenzia come, nella violenza sessuale “costrittiva”, il soggetto passivo ponga in essere o subisca un evento non voluto poiché ne viene annullata o limitata la capacità di azione e di reazione coartandone la capacità di autodeterminazione, mentre nella violenza sessuale “induttiva” l’agente persuade la persona offesa a sottostare ad atti che, diversamente, non avrebbe compiuto, ovvero a subirli, strumentalizzandone la vulnerabilità e riducendola al rango di un mezzo per il soddisfacimento della sessualità. . E’ quanto emerge dalla sentenza delle Sezioni Unite Penali del 1 ottobre 2020, n. 27326

L’abuso di autorità, di cui al comma 1, è solo quello che determina una vera e propria sopraffazione della volontà della persona offesa, che si risolve in una costrizione e non anche una mera induzione, alla quale viene fatto riferimento nel comma successivo; mentre la minaccia determina una efficacia intimidatoria diretta sul soggetto passivo, costretto a compiere o subire l’atto sessuale, la coartazione che consegue all’abuso di autorità trae origine dal particolare contesto relazionale di soggezione tra autore e vittima del reato determinato dal ruolo autoritativo del primo, creando le condizioni per cui alla seconda non residuano valide alternative di scelta rispetto al compimento o all’accettazione dell’atto sessuale che consegue, dunque, alla strumentalizzazione di una posizione di supremazia.

CODICE ROSSO: Legge n.69 del 19 luglio 2019: l’inasprimento delle pene e l’istituzione di nuove fattispecie di reato per tutelare le vittime di violenza domestica e di genere.  cos’è il Codice rosso?  Con numerose modifiche la legge 19 luglio 2019, n. 69 interviene sul codice penale, sul codice di procedura, sul c.d. codice antimafia e sull’ordinamento penitenziario volto a inasprire la repressione penale della violenza domestica e di genere e ad introdurre ulteriori disposizioni di tutela delle vittime. In particolare, per quanto riguarda il diritto penale, la legge introduce nel codice quattro nuovi delitti: il delitto di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (nuovo art. 583-quinquies c.p.), punito con la reclusione da 8 a 14 anni. Contestualmente, è stato abrogato il reato di lesioni personali gravissime di cui all’art. 583, secondo comma, n. 4 c.p., che puniva con la reclusione da 6 a 12 anni le lesioni personali gravissime con deformazione o sfregio permanente del viso. Quando dalla commissione di tale delitto consegua l’omicidio si prevede la pena dell’ergastolo. La riforma inserisce, questo nuovo delitto nel catalogo dei reati intenzionali violenti che danno diritto all’indennizzo da parte dello Stato; il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (c.d. Revenge porn, inserito all’art. 612-ter c.p. dopo il delitto di stalking), punito con la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro; la pena si applica anche a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li diffonde a sua volta al fine di recare nocumento agli interessati. La fattispecie è aggravata se i fatti sono commessi nell’ambito di una relazione affettiva, anche cessata, o con l’impiego di strumenti informatici; il delitto di costrizione o induzione al matrimonio (art. 558-bis c.p.), punito con la reclusione da 1 a 5 anni. La fattispecie è aggravata quando il reato è commesso in danno di minori e si procede anche quando il fatto è commesso all’estero da, o in danno, di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia; il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis), punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. Sul codice penale, la legge n. 69 del 2019 prevede modifiche al delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) volte a: inasprire la pena; prevedere una fattispecie aggravata speciale (pena aumentata fino alla metà) quando il delitto è commesso in presenza o in danno di minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, ovvero se il fatto è commesso con armi; considerare sempre il minore che assiste ai maltrattamenti come persona offesa dal reato. Inoltre, il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi è inserito nell’elenco dei delitti che consentono nei confronti degli indiziati l’applicazione di misure di prevenzione, tra le quali è inserita la misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona da proteggere. Vengono modificati anche: il delitto di atti persecutori (art. 612-bis c.p.), con un inasprimento della pena; i delitti di violenza sessuale (artt. 609-bis e ss. c.p.), inasprendo le pene e ampliando il termine concesso alla persona offesa per sporgere querela (dagli attuali 6 mesi a 12 mesi). Il provvedimento, rimodula le aggravanti quando la violenza sessuale è commessa in danno al minore; il delitto di atti sessuali con minorenne (art. 609-quater c.p.) con la previsione di un’aggravante (pena aumentata fino a un terzo) quando gli atti siano commessi con minori di anni 14 in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilità, anche solo promessi. Tale delitto diviene inoltre procedibile d’ufficio; il delitto di omicidio, con l’estensione del campo di applicazione delle aggravanti dell’omicidio aggravato dalle relazioni personali. Infine, con una modifica all’art. 165 c.p., il provvedimento prevede che la concessione della sospensione condizionale della pena per i delitti di violenza domestica e di genere sia subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero. Una autorevole analisi delle modifiche al codice penale apportate dalla legge n. 69 del 2019 è contenuta nella relazione n. 62/2019, curata dall’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione. Per quanto riguarda la procedura penale, l’esame parlamentare alla Camera del disegno di legge C. 1455 ha sostanzialmente confermato l’originario impianto del Governo, volto a velocizzare l’instaurazione del procedimento penale per i delitti di violenza domestica e di genere, conseguentemente accelerando l’eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime (c.d. Codice rosso). A tal fine, la legge n. 69 del 2019 prevede, a fronte di notizie di reato relative a delitti di violenza domestica e di genere: che la polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, riferisca immediatamente al pubblico ministero, anche in forma orale; alla comunicazione orale seguirà senza ritardo quella scritta. che il pubblico ministero, entro 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato, assuma informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato; tale termine può essere prorogato solo in presenza di imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa; che la polizia giudiziaria proceda ritardo al compimento degli atti di indagine delegati dal PM e ponga, sempre senza ritardo, a disposizione del PM la documentazione delle attività svolte. Notizie dettagliate su come le Procure della Repubblica si siano conformate al dettato legislativo che ha introdotto il termine di 3 giorni per l’assunzione di informazioni dalla persona offesa sono contenute nel Rapporto del Ministero della Giustizia su Un anno di Codice Rosso. Con ulteriori interventi sul codice di procedura penale, inseriti nel corso dell’esame alla Camera, la legge, tra l’altro: introduce l’obbligo per il giudice di penale – se sono in corso procedimenti civili di separazione dei coniugi o cause relative all’affidamento di minori o relative alla responsabilità genitoriale – di trasmettere senza ritardo al giudice civile i provvedimenti adottati nei confronti di una delle parti, relativi ai delitti di violenza domestica o di genere; modifica la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa per consentire al giudice di garantire il rispetto della misura coercitiva attraverso procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici ; prevede una serie di obblighi di comunicazione alla persona offesa da un reato di violenza domestica o di genere e al suo difensore relativi all’adozione di provvedimenti di scarcerazione, di cessazione della misura di sicurezza detentiva, di evasione, di applicazione delle misure dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di revoca o la sostituzione di misure coercitive o interdittive a carico dell’indagato. Infine, accanto alle modifiche al codice di procedura penale e al codice penale, la legge n. 69 del 2019 prevede ulteriori disposizioni volte a prevedere l’attivazione di specifici corsi di formazione per il personale della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia penitenziaria che esercita funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria in relazione alla prevenzione e al perseguimento dei reati di violenza domestica e di genere; interviene nel trattamento penitenziario delle persone condannate per reati di violenza domestica e di genere; a modificare l’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) per consentire l’applicazione dei benefici penitenziari per i condannati per il delitto di deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso solo sulla base dei risultati dell’osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno e per estendere ai condannati per i delitti di violenza domestica e di genere la possibilità di sottoporsi a un trattamento psicologico con finalità di recupero e di sostegno suscettibile di valutazione ai fini della concessione dei benefici penitenziari; ad individuare nella procura presso il tribunale, in luogo dell’attuale procura presso la Corte d’appello, l’autorità di assistenza cui rivolgersi quando il reato che dà diritto all’indennizzo sia stato commesso nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea e il richiedente l’indennizzo sia stabilmente residente in Italia. (Mariateresa ARCADI, Avvocato foro di Reggio Calabria)

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