Quando un minore assiste ad una violenza in quella stessa casa che dovrebbe rappresentare un porto sicuro, ad opera di quelle persone che sono i suoi riferimenti affettivi, il trauma è enorme, entra sottopelle, si incide nella memoria.
In questi giorni di chiusura forzata a causa della quarantena imposta per arginare il contagio da Covid-19, vengono meno gli spazi di evasione scolastica, i rifugi ludici, per molti bambini che presentano situazioni familiari tese e problematiche, che sono spettatori inermi di conflitti tra i genitori, che assistono giocoforza alla violenza.
Questo fenomeno, detto appunto della violenza assistita, rappresenta a tutti gli effetti una forma di abuso e maltrattamento psicologico ai danni dei minori, il cui verificarsi avviene soprattutto in ambito familiare.
Altro meccanismo pervasivo e ancora sottovalutato è quello della “sindrome da alienazione genitoriale”, in inglese PAS – Parental Alienation Syndrome, una dinamica messa in atto in situazioni ove sono presenti forti conflitti tra i genitori, magari sullo sfondo di possibili separazioni o divorzi.
Tale meccanismo si manifesta in seno alle controversie che nascono, e si concretizza in una sorta di manipolazione affettiva da parte di un genitore patologico (detto appunto alienante) ai danni del figlio per porre in cattiva luce l’altro genitore (alienato), ricorrendo sovente anche a menzogne che perseguono lo scopo di fare un vero e proprio lavaggio al cervello del minore per condurlo a disprezzare il genitore oggetto di critiche e continue denigrazioni. In questi casi il mantenere una relazione esclusiva con il genitore patologico rappresenta un enorme fattore di rischio per la salute mentale del minore che ne è coinvolto.
In linea generale questa dinamica perversa genera nei figli che ne sono oggetto sentimenti di caos, paura, diffidenza, divengono forzatamente prolunghe dei sentimenti di odio professati dal genitore alienante. La violenza assistita e la sindrome da alienazione genitoriale sono vere e proprie forme di abuso sui minori che rappresentano per gli stessi possibilità future di rischio evolutivo e di sviluppo psico-fisico disfunzionale.
Nei giorni della quarantena necessaria per l’emergenza Covid-19 si sono moltiplicati i casi di violenza domestica, e con essi il verificarsi di queste dinamiche perverse: a Milano in via Lorenteggio il 23 marzo scorso un marito aggredisce la moglie fin quasi ad ucciderla davanti ai figli, che tentavano di soccorrerla e sottrarla alla furia omicida del suo carnefice. Il 48enne, già noto alle forze dell’ordine è attualmente in carcere per tentato omicidio.
Ma cosa ne sarà di figli che assistono a questo orrore? Che divengono attori e spettatori di una tragedia? Traumi che si ripercuotono nel tempo, che necessitano di un intervento repentino, per non condurre al rischio evolutivo dei minori che apprendono a convivere con la violenza, la assorbono in modo traumatico e doloroso.
Rimane il numero nazionale antiviolenza 1522, attivo 24 ore su 24, ma è necessario un monitoraggio maggiore e continuo dei servizi sociali e territoriali, magari incrementando visite domiciliari e strategie di controllo diretto, pur con tutte le precauzioni dovute all’epidemia, poiché bisogna prevenire con ogni mezzo l’esposizione dei bambini alle dinamiche violente di famiglie abusanti.
(Alice Mignani Vinci Assistente Sociale e Criminologa)