Illustrissimo Signor Presidente,
i sottoscritti Professori di diritto, unitamente all’Unione delle Camere Penali Italiane, La invitano rispettosamente a considerare con particolare attenzione i profili di illegittimità costituzionale sottesi alla disposizione del ddl S955 che interviene sull’istituto della prescrizione del reato. Come è stato autorevolmente rilevato nelle più diverse sedi, nonché evidenziato nelle varie audizioni di esperti in Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati, la sospensione sine die dei termini di prescrizione del reato, a seguito della pronuncia di primo grado – sia di condanna che di assoluzione – oltre a frustrare le diverse funzioni della pena che ispirano la ratio estintiva del trascorrere del tempo, si scontra a nostro avviso con diversi principi costituzionali e convenzionali, tra i quali si evidenziano, inter alia:
a) la presunzione di innocenza (art. 27, comma secondo, Cost., art. 6/2 CEDU), anzitutto come regola di trattamento, giacché considerare l’imputato – persino se assolto in primo grado – quale “eterno giudicabile”, assoggettato ad una pretesa punitiva priva di termini temporali e sostanzialmente illimitata altro non significa che trattarlo alla stregua di un “presunto colpevole”, così trasformando il principio in dubio pro reo nel principio, illiberale, in dubio pro republica;
b) il diritto di difesa, “inviolabile” ai sensi dell’art. 24, comma secondo, Cost., è nondimeno gravemente pregiudicato dalla riforma proposta: a distanza di molto tempo le possibilità di difendersi provando, nel contradditorio delle parti, si contraggono significativamente, essendo difficile non solo raccogliere eventuali prove a discarico, ma persino ricostruire compiutamente e correttamente i fatti;
c) la durata necessariamente limitata e ragionevole del processo (art. 111, secondo comma, Cost.; art. 6/1 CEDU), perché quest’ultimo è di per sé una poena naturalis e la sua protrazione illimitata implica una sofferenza tanto più intollerabile in un contesto ordinamentale, quale quello italiano, dove i tempi della giustizia penale sono irragionevolmente lunghi; e dove – in assenza di una disciplina della prescrizione del processo – la prescrizione sostanziale rappresenta l’unico, estremo presidio garantistico a tutela dell’individuo contro un “processo senza fine”;
d) la stessa funzione rieducativa della pena (art. 27, comma terzo, Cost.) è profondamente compromessa – e negata in radice – da una sanzione che intervenga a notevole distanza di tempo rispetto al fatto commesso, quando l’autore “non è più la stessa persona”, e potrebbe non necessitare più di alcun trattamento rieducativo.
Per queste preminenti ragioni costituzionali, a cui potrebbero ben aggiungersi ulteriori considerazioni di sistema, chiediamo che l’intervento normativo in materia di prescrizione sia riconsiderato, nel quadro di una più articolata e complessiva riforma del processo penale, così come di una più ampia revisione del sistema punitivo ispirata ai principi di extrema ratio e del “minimo sacrificio necessario”, e a tutti i principi di ispirazione liberale che segnano il “volto costituzionale” del diritto penale.
A tal fine sottoponiamo alla Sua prudente valutazione l’ipotesi prevista dalle Sue prerogative istituzionali di rinviare il testo alle Camere con messaggio motivato.
Roma, 19 dicembre 2018