COMPENSI AL DIFENSORE? NON SOTTRATTI ALL’AZIONE REVOCATORIA

Il pagamento dei compensi ed i versamenti a titolo di fondo spese eseguiti dal debitore poi fallito in favore del proprio difensore non sono sottratti alla revocatoria fallimentare. Così la Cassazione 1^ Sezione Civile con  Ordinanza  Numero 8900 Anno 2024,  pubblicata il  04.04.2024.

FATTO:  Il Tribunale di Rovigo, con sentenza n. 203/2018, revocava, ai sensi dell’art. 67, comma 2, l. fall., il pagamento di € 22.241,08 effettuato dalla fallita … OMISSIS … s.r.l. in favore dell’Avv. … OMISSIS …, ritenendo non applicabili al caso di specie le esenzioni previste dall’art. 67, comma 3, lett. a) e f), l. fall., e condannava quest’ultimo a corrispondere tale somma in favore della procedura attrice. 2. La Corte d’appello di Venezia dichiarava inammissibile l’impugnazione presentata dall’Avv. … OMISSIS … con ordinanza ex art. 348-ter cod. proc. civ.. 3. L’Avv. … OMISSIS … ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di primo grado.

Secondo la Cassazione il  “disposto dell’art. 67, comma 3, lett. f), l. fall. prevede che non siano soggetti all’azione revocatoria “i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito”. “Il rapporto intercorrente tra il cliente e l’avvocato non può essere ricondotto in questo ambito, non essendo qualificabile come rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione continuata e coordinata e dovendo invece essere ascritto – in ragione del suo carattere intellettuale – all’area del lavoro professionale autonomo”. Peraltro, «ciò trova conferma nell’art. 67, comma 3, lett. g), l.f., che, nell’esentare da revocatoria i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili contratti con i professionisti solo in relazione all’accesso alle date procedure concorsuali, implicitamente presuppone la revocabilità dei pagamenti per compensi erogati dall’imprenditore poi fallito) per servizi diversi, come nella specie» (Cass. 13002/2019). “L’esenzione di cui alla lettera a) del comma 3 dell’art. 67 legge fall. risulta direttamente «intesa a favorire la conservazione dell’impresa nell’ottica dell’uscita dalla crisi» e che, di conseguenza, la stessa fa riferimento ai pagamenti delle «forniture» (che innervano la produzione di beni e servizi), quali negozi immediatamente espressivi dell’esercizio dell’attività di impresa, e sempre che siano stati effettuati secondo i termini d’uso, o comunque riferibili all’oggetto tipico dell’attività dell’imprenditore, con esclusione delle operazioni che con quell’attività non abbiano un nesso diretto (cfr. Cass. 25162/2016, Cass. 26244/2021).

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Redazione

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